Dossier

Ricerca & sviluppo: l'avanguardia piemontese

I dati dell' "Annuario Scienza e società 2007"

Laboratorio di ricerca sulle fibre ottiche di vetro e di plastica Quali sono i Paesi che investono maggiormente in ricerca e sviluppo? E quelli con gli scienziati più produttivi? Qual è l’età media dei professori universitari in Europa? Quanta fiducia hanno i cittadini europei nella scienza e nella tecnologia? Perché agli studenti italiani piacciono poco le materie scientifiche? A queste e numerose altre domande risponde l’«Annuario Scienza e società 2007», realizzato dall'Associazione Observa, science in society, ente culturale senza fini di lucro che promuove il dibattito sui rapporti tra scienza e società, con il sostegno della Compagnia di San Paolo.

L’Annuario, giunto ormai alla terza edizione, sintetizza dati e informazioni utili a comprendere lo stato e le trasformazioni di ricerca e innovazione nella nostra società. Quest’anno la pubblicazione è divisa in tre parti: 1) «Politiche della ricerca», dove si analizzano i dati sui percorsi professionali nelle discipline scientifiche, i finanziamenti alla ricerca, le pubblicazioni scientifiche e le richieste di brevetto; 2) «Scienza, cittadini e tecnologia», che esamina gli orientamenti dell’opinione pubblica nei confronti di ricerca e innovazione e la diffusione delle tecnologie nella vita quotidiana; 3) «Risorse», che comprende una cronologia dei principali avvenimenti scientifici del 2006, un glossario dei termini utilizzati, decine di riferimenti a istituzioni e siti Web.

Massimiano Bucchi Secondo Massimiano Bucchi, docente di Sociologia della scienza all’Università di Trento e membro del comitato scientifico di Observa-science in society, uno dei dati più allarmanti emersi dalla ricerca 2007 è quello relativo alla preparazione degli studenti italiani in matematica: sono tra i peggiori al mondo (solo greci, turchi e messicani sono più “ignoranti”), inoltre dimostrano scarsa propensione a iscriversi a facoltà scientifiche. I ragazzi «imparano con disinvoltura a utilizzare l’ultimo modello di telefono cellulare o i programmi di download dei files musicali», spiega Bucchi. «Partecipano in massa ai festival della scienza e sono assidui telespettatori dei programmi di divulgazione; eppure, quando si tratta di scegliere di studiare una disciplina scientifica all’università, si tirano indietro». Secondo l’esperto «l’atteggiamento dei giovani italiani verso la scienza appare improntato a un’ambivalenza quasi schizofrenica».

scuola elementare Un problema, peraltro, che accomuna buona parte dell’Unione europea. «Qualunque iniziativa che miri ad attenuare questa tendenza», commenta Bucchi, «deve interrogarsi su quali siano le ragioni di un tale declino. Per la stragrande maggioranza dei ragazzi (72%) il punto fondamentale è che la scienza è difficile o noiosa». Le cifre si prestano a interessanti considerazioni sulle possibili risposte di policy, che finora si sono prevalentemente concentrate sulla rivalutazione della figura dello scienziato e del ricercatore. «Se ciò è importante, lo è altrettanto non sottovalutare il ruolo del contesto scolastico, giacché», avverte Bucchi, «è con ogni probabilità in tale contesto che si forma la percezione di una scienza “difficile” e “noiosa”».

Altrettanto interessanti le considerazioni sulla “fuga dei cervelli“ all’estero: contrariamente a quanto si pensi, vanno all’estero appena 7,3 laureati su cento, esattamente come in Germania, contro i 14,9 del Regno Unito o i 26,1 dell’Irlanda. Il vero problema, spiega il sociologo, è che non riusciamo ad attirare studenti da altri Paesi (appena il 6% dei dottori di ricerca è straniero, contro il 27,2% della Svizzera e il 48,9% del Lussemburgo).

Quanto agli investimenti in R&S in percentuale sul Pil, l’Italia con il suo 1,1% non è troppo lontana dalla media Ue 25 (1,8%). Il dato più preoccupante è lo scarso impegno del settore privato, che contribuisce per un risicato 0,5%. E se è vero che il nostro Paese è al secondo posto a livello internazionale per ricercatori più produttivi, è pur vero che resta fuori dalla classifica delle economie a maggior tasso di innovazione tecnologica (meglio di noi fa persino la Slovenia). Siamo, d’altronde, la nazione in cui oltre 7 persone su dieci, tra i 16 e i 74 anni, non usano mai un computer, superati in negativo solo da Grecia e Repubblica Ceca.

centrale nucleare Le paure degli italiani nei confronti della tecnologia riflettono specularmente gli allarmi lanciati da tv e giornali. Un esempio per tutti: i ripetuti moniti sul cambiamento climatico e l’esaurimento delle fonti energetiche fossili nel 2006 hanno fatto balzare i favorevoli all’investimento in energia nucleare a quota 35,3%: nel 2005 erano il 22,1%. E se a livello generale i timori principali riguardano l’inquinamento prodotto dal traffico (52,9%), gli incidenti nucleari (48,6%) e l’elettrosmog (18,9%), sul piano della salute individuale i comportamenti considerati più a rischio sono fumare (68,3%), bere molti alcolici (14,6%) e prendere troppi farmaci (13,1%).

«L’obiettivo dichiarato dell’Annuario 2007, come per tutte le altre attività di Observa», conclude Bucchi, «è contribuire a promuovere un dibattito aperto e informato tra ricercatori, cittadini e policy makers, perché la società contemporanea attribuisca alla scienza il ruolo più appropriato».

Suggerimenti