Dossier

Memorizzare e archiviare

Le prime "memorie"

Se le prime testimonianze di scrittura che abbiamo sono datate 3500 a.C., risalgono a ben 11.500 anni prima le più antiche tracce di segni lasciate dall’uomo per “memorizzare” dati. Si tratta di tacche lasciate su ossa di animali, utilizzate come una sorta di numerazione primitiva per segnare le quantità: un segno, due segni e così via.

I popoli antichi, in Mesopotamia o in Egitto, registravano i dati, ad esempio di transazioni commerciali, su supporti come le tavolette di argilla o i rotoli di papiro e avevano perfezionato strumenti adeguati, bastoncini o penne, per scrivere su ciascun materiale.

La pergamena, che in epoca romana soppianta il papiro, permette di ordinare i fogli in quaderni e sarà la materia scrittoria medioevale per eccellenza su cui gli amanuensi e i miniatori con pazienza e arte trascriveranno la conoscenza dell’epoca. Questo supporto è ottenuto da pelli di animali, ovini o vitelli, perfettamente scarnite e rasate, conciate con la calce e lisciate con la pomice. Si chiama così perché nel II secolo a.C. la città di Pergamo ne era un grosso centro di produzione, anche se la sua origine risale a diversi secoli prima.

La carta, inventata in Cina intorno al 100 d.C., arriva in Europa solo nel XII secolo ma nel giro di cento anni soppianta completamente la pergamena.

Con la stampa a caratteri mobili e il torchio di Gutemberg della metà del XV secolo, non solo i supporti per la memorizzazione dell’informazione aumentano la loro diffusione, ma forse per la prima volta accanto ad una tecnica per l’archiviazione dei dati cresce una tecnologia, cioè uno studio sui principi scientifici che permettono di sviluppare la tecnica: infatti con l’impiego di macchinari come i torchi ricevono un impulso la meccanica .

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