Dossier

La rivoluzione della musica digitale

Il file-sharing e le case discografiche: imitare il nemico che non si può combattere

La rivoluzione della musica digitale ha però delle vittime, ovvero le case discografiche. Queste, infatti, hanno trovato un vero e proprio nemico: i software di file-sharing. In sostanza si tratta di programmi freeware che permettono agli utenti di condividere online i propri file musicali (ma ora il fenomeno si è esteso ai film digitalizzati e al software), contemporaneamente scaricandone di nuovi. Ovviamente la stragrande maggioranza dei file condivisi tramite software di file-sharing è musica protetta da copyright.

Per le label discografiche programmi come Kazaa e WinMX, eredi dello storico Napster, sono realmente una minaccia. Il motivo è semplice. Cosa spinge un consumatore ad acquistare a prezzo salatissimo un Cd originale in un negozio di dischi, quando può scaricarne i brani gratuitamente in pochi minuti su Internet?

La reazione delle case discografiche è stata immediata e piuttosto scomposta: lotta legale su tutti i punti di vista ai software di file-sharing. La prima vittima di questa battaglia è stato Napster, probabilmente uno dei software che più ha caratterizzato l’identità di Internet negli ultimi anni. Il celebre programma è stato “incastrato” legalmente a causa di una sua pecca strutturale: i brani musicali scambiati tra gli utenti risiedevano brevemente su alcuni server centralizzati. E’ bastato questo per far accusare Napster di connivenza con la pirateria e farlo chiudere.

I nuovi programmi di file-sharing, come Kazaa, SoulSeek e WinMX, invece, hanno fatto tesoro dell’esperienza di Napster e non dispongono di server centrali su cui i file scambiati risiedono: tutto avviene tra gli utenti, che scambiano direttamente i file tra loro, senza intermediazione fisica. I nuovi programmi, quindi, si limitano a mettere in comunicazione tra loro gli utenti, senza “toccare” il materiale che viene scambiato. Questo fatto contribuisce notevolmente a rendere difficile perseguire legalmente i creatori del software: sarebbe come cercare di accusare una compagnia telefonica per il comportamento dei suoi utenti.

Il fenomeno che stiamo osservando, in questo momento, è una profonda crisi per la discografia, che stenta a scendere a patti con l’idea che ci sono sempre meno consumatori disposti a pagare caro un disco originale, e ci sono sempre più persone informatizzate, che hanno accesso gratuitamente alla musica.

La soluzione che può salvare la discografia, prospettata da numerosi analisti, è solamente una: un abbassamento radicale dei prezzi dei CD originali, in modo da poter competere contro la musica gratis su Internet. Per ora questo consiglio è stato recepito solo in parte dalle case discografiche, che tentano ancora di combattere la pirateria diffusa.

Ultimamente le major del disco pare stiano, lentamente, confrontandosi più lucidamente con il fenomeno file-sharing. Sono, infatti, nati alcuni servizi online che, tramite il pagamento di pochi dollari al mese, rendono possibile agli utenti l’accesso a migliaia di file musicali online. L’idea, in questo caso, è fare concorrenza al file-sharing gratuito, proponendo album completi, file musicali con una maggiore qualità sonora, novità più aggiornate, ecc. La formula ad abbonamento, tra l’altro, fa sì che gli utenti abbiano l’idea di pagare per l’accesso ad un servizio e non per l’acquisto di prodotti musicali.

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