Dossier

Piemonte & robot, una passione che punta al primato

Progetto "Neurobotics"

esoscheletro Il matrimonio tra neuroscienze e robotica promette risultati che potrebbero cambiare la vita di migliaia di persone. Una scommessa a cui crede anche l’Europa che, già all’interno del VI Programma quadro, decise di finanziare con 5,5 milioni di euro il progetto «Neurobotics» (NEUROscience and roBOTICS) che dal 1° gennaio 2004 ha per obiettivo la realizzazione di sistemi capaci di collegare il cervello a dispositivi meccatronici come protesi di arti. Il progetto dura quattro anni e vi partecipano 16 partner di 7 diversi Paesi europei, in collaborazione con Stati Uniti e Giappone. Il coordinatore è Paolo Dario, professore di Robotica Biomedica presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Attraverso l’alleanza di bioingegneri, robotici e neuroscienziati, Neurobotics si prefigge di progettare, sviluppare e sperimentare sistemi robotici indossabili o telecomandati, controllati direttamente dal sistema nervoso del soggetto. Saranno efficienti e adattabili alle esigenze dell’utilizzatore, inoltre saranno in grado di interpretare le intenzioni dell’operatore umano e assisterlo o aiutarlo durante lo svolgimento delle attività quotidiane. In parallelo i ricercatori si propongono di sviluppare esperimenti e robot per la validazione sperimentale di nuovi modelli neuroscientifici.

Neurobotics include tre piattaforme di sistemi bionici ibridi: una per le tele-operazioni, una per l’«ortesi» (sviluppo di vari ausilii, tutori, apparecchiature, utilizzati in ortopedia o traumatologia per la riabilitazione o rieducazione funzionale) e una per la «protesi» (tecnologie in grado di sostituire o anche di potenziare le capacità umane, come un terzo braccio portabile da usare, per esempio, in operazioni di soccorso).

Tra le applicazioni più avanzate del progetto vi è una mano bionica, che si distingue dalle protesi attuali per un elemento fondamentale: la comunicazione diretta e bidirezionale fra il cervello dell’amputato e l'arto artificiale. Il risultato finale dovrebbe essere una mano robotica comandata dal paziente soltanto con il pensiero e, soprattutto, percepita come una parte del proprio corpo. Entro il 2007 dovrebbe essere sperimentata per la prima volta su tre pazienti.

Altrettanto ambizioso il progetto riguardante la costruzione di un innovativo esoscheletro (scheletro esterno), che consisterà in un vero e proprio robot indossabile come una specie di tuta semirigida. Il disabile o l’anziano vi inserirà il braccio e, esercitandosi con il nuovo sistema, potrà gradualmente riacquistare le capacità motorie compromesse. In futuro si pensa di realizzare un robot che sia come una seconda pelle, in grado di intuire e anticipare le intenzioni del paziente. In piena simbiosi con lui, lo aiuterà a sollevare un peso o a compiere operazioni di precisione.

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