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Nuove molecole per combattere i tumori

Uno studio dei ricercatori italiani presentato a Chicago. Illustrato anche un nuovo composto che agisce sul Dna

Tre nuove molecole ad azione antitumorale, frutto della ricerca di Nerviano Medical Sciences (NMS), la più grande azienda italiana e una tra le più significative in Europa, nel settore della ricerca e sviluppo farmaceutico specializzato nel settore oncologico, sono state presentate al congresso dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO) che si è svolto a Chicago tra fine maggio e i primi giorni di giugno.

Laboratorio nms

Dei tre nuovi composti sono portati all'attenzione degli studiosi i risultati degli studi clinici di fase I. PHA 848125, PHA 739358 e nemorubicina, le tre molecole originali di NMS, dopo aver dimostrato l'attività su modelli sperimentali di tumore in vitro e in vivo, sono stati avviati, infatti, allo sviluppo clinico. "Per quanto riguarda i primi due composti, si tratta di molecole ad azione mirata contro bersagli molecolari il cui ruolo è cruciale nello sviluppo e nella progressione tumorale. Rientrano, pertanto, in quelle che vengono definite "targeted therapies", spiega Francesco Colotta, direttore R&D Oncology.

Le loro potenzialità terapeutiche sono molto ampie nell'ambito dei tumori solidi. Nel caso di nemorubicina, invece, si tratta di un trattamento che interferisce direttamente con la duplicazione del DNA della cellula tumorale, sviluppato per terapie molto specifiche come quella locale del tumore del fegato.

PHA 848125 è un inibitore delle chinasi CDK2, CDK1, CDK4 e TRKA attivo per via orale. L'efficacia nell'uomo è in corso di approfondimento presso due prestigiosi enti statunitensi, dove sono già state individuate le dosi di utilizzo per la sperimentazione clinica di fase II. "Negli studi di fase I su pazienti con tumori solidi in fase avanzata o metastatici, la molecola ha determinato una fase prolungata di stabilizzazione di malattia in due soggetti, uno con tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) che ha ricevuto 12 cicli di trattamento, e l'altro con carcinoma del colon, tuttora in terapia dopo 16 cicli" dice Colotta.

Alla dose di 150 mg/die, scelta per il proseguimento della sperimentazione clinica, gli effetti indesiderati sono stati di entità lieve-moderata, di facile gestione clinica e reversibili. "Oltre a un primo protocollo di trattamento già individuato, si sta esplorando un secondo schema di somministrazione, sempre attraverso la via orale", prosegue l'esperto. L'azione di PHA 848125 è stata scelta per la discussione orale tra oltre 22.000 lavori inviati al congresso statunitense.

Laboratorio 2 Nms

Per PHA 739358 verranno presentati all'ASCO gli studi di fase I in presenza o meno di terapia emopoietica con G-CSF, fattore di crescita granulocitario. "Il nuovo composto appartiene alla classe degli inibitori delle chinasi Aurora (AK), coinvolte nella progressione del ciclo cellulare e nell'oncogenesi, espresse, peraltro, in modo eccessivo nelle cellule tumorali, su cui si stanno focalizzando gli studi di ricercatori di tutto il mondo", puntualizza Colotta.

"Nerviano Medical Sciences ha un primato prestigioso in questo campo: è il primo centro al mondo ad avere portato alla sperimentazione clinica un inibitore delle AK", dice l'amministratore delegato di NMS Giampiero Duglio.

Negli studi di fase I, PHA 739358 è stato somministrato per via endovenosa a 50 pazienti con tumori solidi in stadio avanzato e in progressione di malattia. Per 10 di questi si è osservata una stabilizzazione della neoplasia in seguito al trattamento con la nuova molecola, che è stata di durata superiore ai 6 mesi in 5 casi che comprendono un tumore renale, di esofago, ovaio, colon e polmone non a piccole cellule (NSCLC). La tossicità, alla dose individuata per gli studi di fase II (330 mg/m2) per un'infusione di 6 ore, è stata di grado da lieve a moderato, di facile gestione clinica e reversibile.

"Questi studi di fase I con PHA 739358 sono stati scelti dal comitato scientifico dell'ASCO per la discussione nella sessione Clinical Science Symposium, che costituisce uno dei momenti più importanti del congresso statunitense", aggiunge Duglio. Altri studi di fase I con la molecola somministrata in associazione a G-CSF per prevenire la tossicità ematologica verranno discussi nella sessione di presentazione orale dei poster.

"Un paziente con tumore polmonare a piccole cellule metastatico (SCLC) ha mostrato una risposta parziale al trattamento (77% di riduzione di una lesione e scomparsa di una seconda lesione), mentre si è osservata una stabilizzazione di malattia clinicamente rilevante (%3E 3 mesi) in 9 soggetti trattati con la molecola", afferma Colotta

Le AK (A, B, e C, quest'ultima meno caratterizzata sul piano dell'eziopatogenesi tumorale) esercitano un ruolo cruciale nella divisione cellulare (mitosi) e sono espresse in maniera anomala in molti tipi di tumore. Aurora A è, inoltre, un oncogene. Queste molecole sono state identificate come bersaglio molecolare di nuove terapie antitumorali. Tra i loro effetti su modelli sperimentali di tumore c'è l'inibizione della fosforilazione dell'istone H3, una reazione che avviene nel corso della replicazione cellulare e che è mediata dalla chinasi Aurora B. L'evento, osservato inizialmente in studi pre-clinici, è stato confermato anche negli studi sull'uomo.

Nelle biopsie cutanee di pazienti trattati con PHA 739358 negli studi di fase I è stata osservata una riduzione significativa della fosforilazione dell'istone H3. "Questa osservazione dimostra che esiste una correlazione tra l'azione antitumorale osservata nell'uomo e l'inibizione delle AK", precisa Colotta.

All'ASCO si è parlato anche di nemorubicina. "Un nuovo composto che agisce direttamente sul DNA della cellula tumorale, intercalandosi alle basi che ne costituiscono l'unità primaria, inibendo l'azione di diversi enzimi coinvolti nella proliferazione cellulare e nel riparo dei danni a questo acido nucleico", spiega l'amministratore delegato della BU Oncology.

I dati saranno quelli dello studio Europeo di fase I, nel quale nemorubicina è stata somministrata in associazione con cisplatino in pazienti con tumore del fegato (carcinoma epatocellulare). "Si tratta di un trattamento locale del fegato in pazienti con tumore non operabile e che hanno già fallito precedenti terapie in situ", puntualizza lo studioso. Gli studi di fase I hanno permesso di identificare la dose da impiegare nei successivi studi di fase II. "Sette pazienti hanno manifestato una risposta al trattamento con una riduzione delle masse tumorali in 6 casi e la scomparsa delle lesioni tumorali in un caso, mentre altri 6 hanno avuto una prolungata stabilizzazione della malattia", illustra Colotta.

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