Se la ricerca scientifica è indagine e il metodo della scienza è un mescolamento di intuizione, pazienza e logica, allora il mestiere più affine a quello di ricercatore è il detective. Più o meno ragionando in questi termini, negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi volumi contenenti investigazioni che, per un verso o per un altro, hanno a che fare con la scienza.
Nel caso di
Il romanzo è un flashback, che prende l’avvio otto giorni dopo la morte di Newton, nel 1627. È il suo assistente alla zecca di Londra, Christopher Ellis inizia a raccontare i suoi quasi trent’anni di lavoro fianco a fianco dello scienziato inglese. Un’ambientazione molto curata, che sembra predisporre l’opera per una trasposizione cinematografica, permette al lettore di immedesimarsi nella narrazione e nell’atmosfera del tempo. Dal punto di vista scientifico, è il metodo logico deduttivo applicato all’indagine, che la fa da padrone.
Kerr riesce abilmente a sfruttare molti lati della personalità di Newton: dalla sua passione per la logica pura, al divertimento nella soluzione e nella ideazione dei codici cifrati. Newton, infatti, non è certo solo matematico, fisico, logico. E anche nella ricostruzione di Kerr resta soprattutto un uomo che vive l’indagine della natura a tutto tondo, dalla gravitazione universale e dall’ottica fino all’alchimia, e che ripudia i suoi stessi metodi di calcolo, le flussioni, in nome della supremazia dei Grandi geometri del passato. Interessi, quelli per l’alchimia e per i codici cifrati che costituiscono una materia oscura che dà il titolo all’opera, con un evidente
A onor del vero, se al posto di Newton il protagonista fosse il bisnonno di Sherlock Holmes non ci stupiremmo più di tanto, anche perché lo stesso narratore è un perfetto epigono di Watson, pur essendo senza dubbio un uomo di azione focoso ai limiti dell’imprudenza.