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Dark matter

Se la ricerca scientifica è indagine e il metodo della scienza è un mescolamento di intuizione, pazienza e logica, allora il mestiere più affine a quello di ricercatore è il detective. Ma che cosa accade quando lo scienziato-detective è Sir Newton?

Se la ricerca scientifica è indagine e il metodo della scienza è un mescolamento di intuizione, pazienza e logica, allora il mestiere più affine a quello di ricercatore è il detective. Più o meno ragionando in questi termini, negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi volumi contenenti investigazioni che, per un verso o per un altro, hanno a che fare con la scienza.

Nel caso di Dark Matter, di Philip Kerr, il titolo è quanto di più ingannevole si potesse scegliere: la materia oscura a cui si riferisce non è affatto quel mistero contro cui sbattono da anni i cosmologi, ma le forse non meno misteriose pronfondità dell'animo umano. E tuttavia il protagonista è uno scienziato, forse il prototipo stesso degli scienziati moderni, che di astronomia si occupò a lungo: Isaac Newton.

Dark matter è un romanzo di ambientazione storica, nel quale Newton è ritratto nella seconda fase della sua vita, quando ritiratosi dal mondo accademico lavorava al servizio della Corona inglese, in qualità di Warden (guardiano) della zecca di Londra. Com’è noto Newton dovette far fronte al gravissimo problema dei falsari, che usavano grattare l’oro dalle sterline provocandone un forte abbassamento (fino al 50%!) del valore reale a fronte del loro valore formale di scambio. Si deve a Newton l’introduzione della zigrinatura dei bordi delle monete, trovata che rendeva palese la falsificazione.

Il romanzo è un flashback, che prende l’avvio otto giorni dopo la morte di Newton, nel 1627. È il suo assistente alla zecca di Londra, Christopher Ellis inizia a raccontare i suoi quasi trent’anni di lavoro fianco a fianco dello scienziato inglese. Un’ambientazione molto curata, che sembra predisporre l’opera per una trasposizione cinematografica, permette al lettore di immedesimarsi nella narrazione e nell’atmosfera del tempo. Dal punto di vista scientifico, è il metodo logico deduttivo applicato all’indagine, che la fa da padrone.

Kerr riesce abilmente a sfruttare molti lati della personalità di Newton: dalla sua passione per la logica pura, al divertimento nella soluzione e nella ideazione dei codici cifrati. Newton, infatti, non è certo solo matematico, fisico, logico. E anche nella ricostruzione di Kerr resta soprattutto un uomo che vive l’indagine della natura a tutto tondo, dalla gravitazione universale e dall’ottica fino all’alchimia, e che ripudia i suoi stessi metodi di calcolo, le flussioni, in nome della supremazia dei Grandi geometri del passato. Interessi, quelli per l’alchimia e per i codici cifrati che costituiscono una materia oscura che dà il titolo all’opera, con un evidente calembour, che potrebbe essere anche solo un piccolo trucco di vendita.

“(…) Newton ci aveva dato il filo d’oro per trovare il nostro cammino attraverso il labirinto divino. Ebbene, è proprio così che anch’io all’inizio avevo percepito la sua azione. Solo che il creatore del labirinto lo organizza in un altro modo, non essendoci fine al labirinto – che infatti è infinito –, ed alla svolta finale ci si trova a illuminare la sgradevole scoperta che non c’è neanche un creatore.”

A onor del vero, se al posto di Newton il protagonista fosse il bisnonno di Sherlock Holmes non ci stupiremmo più di tanto, anche perché lo stesso narratore è un perfetto epigono di Watson, pur essendo senza dubbio un uomo di azione focoso ai limiti dell’imprudenza.

In copertina


Philip Kerr
Passigli
2002
366
8836807569

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