Dossier

Tragedia della Costa Concordia: come contenere i danni ambientali

Intervista a Emilio Campana

Emilio Campana è il direttore dell’Istituto nazionale per studi ed esperienze di Architettura navale (Insean) del Cnr. Fondato nel 1927, l'Insean è noto anche come la «Vasca Navale»: alle sue dipendenze lavorano 41 tra ricercatori e tecnologi, 60 tecnici e 16 amministrativi.

L'Istituto dispone di impianti sperimentali che offrono un’importante infrastruttura di supporto allo sviluppo tecnico scientifico del settore e che spiccano a livello mondiale sia per le dimensioni sia per gli avanzati sistemi di misura. L'Insean svolge ricerche di tipo fondamentale nelle discipline di base dell'ingegneria navale e marittima, con applicazioni, tra le altre, nel trasporto marittimo sicuro e nella riduzione dei rischi per la nave e i passeggeri. In questi giorni l'Istituto segue da vicino le vicende della «Costa Concordia».

Costa Concordia - schema imbragamentoIngegner Campana, al momento sono state fatte due macro-ipotesi per non far scivolare il relitto nella fossa: imbragarlo e ancorarlo oppure creare un basamento artificiale. Quale delle due soluzioni le pare più praticabile?

Sono ipotesi ugualmente valide: permetterebbero di contrastare lo scivolamento verso il mare aperto, anche se non scongiurerebbero lo spostamento della nave verso terra e un suo eventuale nuovo rotolamento verso la fossa antistante, a cui concorrerebbe anche la risacca da terra. Comunque la capacità contenitiva di imbracature e basamento dipende dal loro dimensionamento complessivo.

Per l'ancoraggio con catene, inoltre, occorrerebbe creare sistemi di fissaggio a terra e sul relitto. Ma l'ossatura della nave non è fatta per sopportare simili tiraggi sui ponti, quindi bisognerebbe rinforzare i punti di aggancio a bordo, saldando flange di opportuna dimensione, oppure imbragare la nave girando intorno alla chiglia.

Il basamento, invece, andrebbe realizzato con blocchi di cemento simili a quelli utilizzati per le barriere frangiflutti dei porti e l'operazione potrebbe richiedere tempi lunghi per far cadere in prossimità dello scafo una quantità di blocchi sufficiente. Oltretutto questo causerebbe un danno ambientale, seppure minore di quello che si avrebbe se la nave si spezzasse. Occorre tenere presente che queste navi sono tra gli oggetti più grandi che l'uomo abbia mai costruito per dimensioni, peso e ingombro: sono enormità e tenerli fermi è un'impresa.

Forse una difficoltà sarebbe trovare aziende in grado di fare queste operazioni..

Costa Concordia - immagine dall'alto del naufragioNo. Le aziende ci sono e, sicuramente, l'armatore o la compagnia di assicurazione le stanno già contattando. Il punto è che la decisione di cosa accadrà alla nave (se e come sarà recuperata o abbandonata) è rimessa completamente ai privati: è un gioco tra armatore e assicurazione. L'attore pubblico è coinvolto solo nella fase iniziale di ricerca dei sopravvissuti e per la durata delle indagini della magistratura. Questa prassi è comune a tutta l'Unione europea.

Pensi che circa sette anni fa l'Insean aveva proposto, insieme ad altri partner europei, un progetto di ricerca comunitario per la gestione dei casi di versamento accidentale di combustibile in mare; in particolare il nostro Istituto avrebbe dovuto studiare quali sono i punti di ancoraggio più sicuri quando la nave abbia problemi di stabilità, come rimuoverla nel modo migliore... Ma non ottenemmo il finanziamento perché, ci fu spiegato, non spetta mai ai governi gestire i relitti, bensì ai privati coinvolti.

Tra le ipotesi al vaglio del ministro Clini c’è quella di imporre l’uso del doppio scafo a tutte le navi che richiedano uno stoccaggio di carburante oltre un certo limite. È un provvedimento auspicabile?

Questa purtroppo non è una decisione che spetta a un organismo di livello nazionale. È infatti una decisione che spetta all'Imo (International maritime organization), che ha sede a Londra e fa parte delle Nazioni Unite. Alle sue sedute plenarie partecipano circa 170 Paesi diversi, rappresentati da nutrite delegazioni, ma le decisioni sono prese dalle grandi società armatoriali e dalle principali compagnie di trasporto. Dunque le regole dell'Imo sono soggette alle proposte dei governi nazionali, però poi sono decisivi gli interessi delle lobby...

Il giro d'affari è enormi: basti pensare che oltre il 90 per cento del trasporto mondiale di merci avviene via nave, che resta il mezzo di gran lunga più efficiente. Penso perciò che il nostro Ministero dovrà costruire prima una rete di rapporti tra interessi vari e poi potrà avanzare la sua proposta e rimetterla alla votazione plenaria. D'altronde il trasporto marittimo è aperto e internazionale: le navi che attraccano nei nostri porti arrivano da ogni parte del mondo e così è per tutti gli altri Paesi, quindi non si possono creare o imporre regole locali.

Costa Concordia naufragioNel naufragio della «Concordia», come in molti altri casi in precedenza, uno dei problemi più seri è stato quello delle scialuppe che non si sono sganciate a causa dell'inclinatura dello scafo: come si può ovviare al problema?

In effetti su questo punto non abbiamo fatto molti progressi rispetto all’epoca del Titanic. Se l'inclinazione laterale della nave è superiore ai 20 gradi, la lancia non può più scendere. A queste condizioni, le possibilità salvezza a bordo di navi che trasportano fino a 4-5 mila persone sono davvero esigue. Il caso della «Concordia» è un miracolo: se fosse stata al largo, sarebbe morta almeno la metà dei passeggeri. Attualmente sono allo studio soluzioni alternative, ispirate all’aeronautica. Sugli aerei ci sono sistemi che, in caso di ammaraggio di emergenza, aprono i portelloni di sicurezza gonfiando automaticamente gli scivoli, che portano alle zattere.

L’ostacolo tecnico per le grandi navi è rappresentato dal fatto che il salto attraverso lo scivolo, dai ponti fino al livello del mare, sarebbe molto alto e i passeggeri potrebbero farsi male cadendo direttamente in acqua o sulle scialuppe o, peggio, su altre persone già in mare. Fortunatamente, rispetto a cento anni fa, è progredita la tecnologia della sicurezza, soprattutto “passiva”, quella cioè applicata in fase di progettazione: è il caso della compartimentazione e della chiusura stagna dei vari settori della nave, ma anche della progettazione accurata dei punti di raccolta attraverso sistemi di simulazione, che consentono di pianificare il flusso di evacuazione, evitando colli di bottiglia.

In questi giorni si parla molto anche del problema dello svuotamento dei serbatoi di combustibile: in fase progettuale si pensa alla loro gestione in caso di disastro?

Costa Concordia - avvio operazioni per svuotamento serbatoiSulla «Concordia» ci sono 23 cisterne: 13 più esterne e 10 più interne. In genere la distribuzione dei liquidi a bordo obbedisce a criteri di stabilità, perciò i serbatoi sono sempre posizionati in fondo e sono più di uno. Una diversa collocazione, più accessibile in caso di naufragio, non gioverebbe a molto.

Credo invece che sarebbe più utile rinforzare le cisterne, anche se poi nel caso di affondamento della nave con rottura dello scafo non ci sarebbe scampo alla fuoriuscita del combustibile.

Riguardo al recupero del relitto sono state fatte diverse ipotesi (galleggiamento e traino oppure smantellamento in loco): quale le sembra la più praticabile?

Se l'armatore dichiara che la nave non è persa e intende tentarne il recupero, la sequenza è standard: prelevato il combustibile, occorre tappare la falla, svuotare l'acqua imbarcata (almeno nella misura che consente di restituire un galleggiamento minimo) e cercare di raddrizzare lo scafo. Una delle tecniche più usate per quest’ultima operazione è quella dei cilindri di spinta, che vengono legati sotto al natante e gonfiati per premere contro la chiglia.

A questo punto il relitto può essere trainato in porto. L'alternativa, da scongiurare, è la demolizione in loco della struttura: vuol dire che l’armatore ha dichiarato la nave «total loss» (completamente perduta) e che ogni decisione passa alla compagnia di assicurazione; in tal caso i tempi di recupero si dilaterebbero molto e i danni al turismo locale sarebbero enormi.

Un ultimo commento riguardo all’equipaggiamento strumentale: a bordo di navi come la «Concordia» esistono sistemi di allerta della presenza di ostacoli ravvicinati, anche sul fondale?

Certo, e credo che la «Concordia» avesse in dotazione almeno tre radar e un ecoscandaglio. Non è credibile che non abbiano funzionato. Il punto è che non doveva andare in quel tratto di mare e, purtroppo, una nave di quelle dimensioni ha un "diametro di sterzata" pari a 6-7 volte la lunghezza della nave stessa, quindi occorrono circa 2 km per farle compiere un giro completo su se stessa.

Dopo che si è impostata la rotta, anche se l'ecoscandaglio avverte che c’è un ostacolo a 300 m, non si può più evitare. Quando sulla «Concordia» hanno realizzato che stavano puntando sullo scoglio, hanno provato ad accostare a destra, ma così facendo la parte poppiera (posteriore) si è allargata a sinistra, proprio come accade a un pullman molto lungo che sterzi bruscamente.

Qualcuno ha anche ipotizzato che si sia fatto riferimento a carte nautiche non aggiornate...

Non mi sembra una spiegazione plausibile: chiunque vada per mare sa che al Giglio c'è quell’ostacolo. Evidentemente il problema non è tecnico: se uno è alla guida di un'auto e decide di passare con il semaforo rosso, la colpa non è della tecnologia.

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