Dossier

iXem Labs: eccellenza mondiale nella lotta al digital divide

Il record del 2007 sul monte Rosa

Capanna Margherita Una connessione Internet senza fili in grado di trasmettere a 300 chilometri di distanza, senza ripetitori intermedi: è il record mondiale stabilito il 23 maggio 2007 dagli iXem Labs del Politecnico di Torino, sotto la guida dell’ingegner Trinchero. Il sistema di comunicazione utilizza vecchi computer 386 (quasi antiquariato informatico) e il sistema operativo open source Linux. Le prestazioni sono eccezionali sia rispetto ai sistemi wi-fi, che hanno un raggio di copertura di 220 metri, sia al più recente wi-max, che raggiunge i 40 Km.

«Abbiamo collegato Capanna Margherita, il rifugio più alto d'Europa (a 4.556 m di altezza), con Pian Cavallaro, sull'Appennino tosco-emiliano, a 295 chilometri di distanza», spiega Trinchero, «offrendo una velocità stabile di 20 Megabit al secondo». Il segreto? «Abbiamo attrezzato dei vecchi computer dismessi con schede di trasmissione e li abbiamo fatti girare con una versione ad hoc di Linux, scaricabile gratuitamente dalla Rete. Lavorano con potenza bassissima (-2 dBm), trascurabile rispetto a quella di un comune telefono cellulare, nel pieno rispetto della normativa nazionale e internazionale. Il salto di qualità, che ci ha permesso di trasmettere a così grande distanza, è stato reso possibile dalla migliore sensibilità del ricevitore. Per capirci: se parlo piano a un gruppo di persone che hanno un udito nella media, non riuscirò a farmi sentire o, comunque, a far distinguere loro le mie parole. Se, però, tra i destinatari c’è qualcuno dotato di uno speciale apparecchio acustico che amplifica la mia voce, non solo mi sentirà ma potrà allontanarsi maggiormente e continuare a sentirmi. Nel 2007 abbiamo compiuto proprio un’operazione di questo tipo. Abbiamo lavorato sulle possibilità offerte dalle tecnologie esistenti, concentrandoci sul potenziamento della sensibilità dei ricevitori, aumentando per così dire l’udito di chi doveva ascoltare, senza alzare la voce di chi parlava: in questo modo, peraltro, abbiamo evitato ogni problema di esposizione al campo elettromagnetico delle persone che vivono vicino agli impianti. Abbiamo lavorato molto anche sul linguaggio di trasmissione, rendendolo più semplice. È un po’ come dire: tu sei lontano, allora parlo in modo più lento e scandendo meglio le parole».

Una condizione essenziale per la riuscita dell’esperimento è stata la possibilità di trasmettere «in visibilità ottica»: in pratica tra l’antenna collocata sul Monte Rosa e quella sul Monte Cimone non c’erano ostacoli. Come in tutti i sistemi wi-fi, la comunicazione è bidirezionale, quindi in realtà ogni punto della rete è allo stesso tempo un ricevitore e un trasmettitore. Ovviamente mai in contemporanea e, comunque, sempre a bassa potenza. «Abbiamo utilizzato frequenze libere, quelle cioè normalmente utilizzate negli access point e per le quali l’unico vincolo imposto non è la concessione della frequenza, ma la potenza del trasmettitore, che deve essere molto bassa e tenere conto dell’intero il sistema di irradiazione, inclusi antenna e cavi».

montaggio Capanna Margherita Per mettere a punto il sistema ci sono voluti in tutto quattro mesi. «È stata una ricerca relativamente rapida, anche perché ce la siamo auto-finanziata, con rimasugli di contratti vecchi che avevamo», ammette Trinchero. «Abbiamo inoltre potuto contare su una grande disponibilità delle comunità locali, inclusa la Alberger BergBahnen, che ci ha permesso di installare una stazione di ricezione a Sankt Anton am Arlberg, in Tirolo». Alla sperimentazione hanno aderito inoltre il Ministero delle Comunicazioni e la Andrew, leader mondiale nella fabbricazione di antenne: «Ci hanno messo a disposizione alcune antenne dal loro magazzino. Per il nostro laboratorio è stato quasi un sogno». La messa a punto delle apparecchiature e la loro installazione ad alta quota è stata curata dallo stesso staff dell’iXem.

Terminata la fase di ricerca vera e propria, è seguito un lungo lavoro volto ad assemblare e testare un prodotto accessibile al grande pubblico. «Vogliamo pubblicare un software che sia di semplice utilizzo, affidabile, robusto ed esente, per quanto possibile, da bachi», spiega il professore. «Questi per un tecnico non sono un problema, perché è in grado di correggerli in tempo reale, ma non è così per l’utente medio, tanto più se si trova in condizioni svantaggiate, per esempio in un Paese in via di sviluppo». Una prima versione del software è stata rilasciata a fine ottobre 2008. «Abbiamo selezionato un gruppo di utenti campione che non sanno nulla del programma dal punto di vista tecnico e tuttavia hanno le competenze per provarlo. Con il loro aiuto stabiliremo ciò che ancora deve essere cambiato e migliorato. Superata questa ulteriore fase di test, renderemo il prodotto disponibile a tutti». La cautela è massima, aggiunge Trinchero, «perché non avremmo la forza di fornire assistenza e consulenza a eventuali utenti in difficoltà. Siamo troppo pochi: dovremmo avere un’azienda alle spalle. Perciò dobbiamo essere sicuri che la nostra pubblicazione sia la più robusta possibile. Ovviamente non negheremo forme di aiuto organizzato, ad esempio mediante corsi gratuiti al Politecnico per introdurre all’utilizzo del software e ai suoi aggiornamenti».

pc 386 Il sistema messo a punto per il record del 2007 è stato progettato per funzionare con qualsiasi tipo di strumento di calcolo (vecchi computer o anche nuovi) e qualunque antenna. «Abbiamo utilizzato antenne nuove, ma il sistema può funzionare anche con dispositivi riciclati (es. parabole per la ricezione della tv) opportunamente riadattate. Si tratta di operazioni abbastanza semplici, che i radioamatori eseguono abitualmente. In questo modo abbiamo dimostrato che è possibile ottenere prestazioni importanti su distanze molto grandi, utilizzando tecnologia “povere” e di scarto».

Il risultato è un sistema wireless che pare fatto “su misura” per i Paesi in via di sviluppo, per ridurre il digital divide rispetto al mondo industrializzato. «In molti Stati dell'Africa e del Sud America, i 20 mila euro a chilometro mediamente necessari per costruire reti via cavo a banda larga non sono una spesa sostenibile», spiega Trinchero. «La nostra soluzione, invece, ha un costo molto contenuto». Dalle sperimentazioni sul Monte Rosa al progetto per l’Amazzonia, dunque, il passo è stato breve.

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