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Miliardi di microbi al lavoro: potranno essere i pozzi di petrolio di domani?

Escono da laboratori biotecnologici americani i microrganismi geneticamente modificati che sono in grado di produrre petrolio.

Il biocombustibile più innovativo potrebbe essere …il petrolio. Questa è la speranza di un’azienda start up americana che recentemente ha divulgato la notizia di possedere batteri in grado di produrre idrocarburi che possono poi essere elaborati in carburanti, come avviene per quelli ottenuti dal greggio.

LS9 inc., un’azienda californiana fondata da un genetista e da un biologo vegetale, da tempo sta lavorando a quello che loro chiamano il “petrolio rinnovabile”. Negli scorsi mesi, ad un convegno di microbiologia, il presidente dell’azienda ha annunciato di poter lavorare geneticamente su vari tipi di batteri, tra cui E.coli, per ottenere catene di idrocarburi. Per farlo, la LS9 inc. sta impiegando strumenti che provengono dal campo della cosiddetta biologia sintetica, lo studio finalizzato alla costruzione artificiale di sistemi biologici complessi, come un microrganismo, partendo da singole componenti molecolari. L’obiettivo è di modificare, e sfruttare, le potenzialità di quei geni che presiedono il processo metabolico, comune a batteri, piante e animali, di fabbricazione degli acidi grassi, uno dei modi più diffusi dagli organismi per immagazzinare energia. Gli acidi grassi sono catene di atomi di carbonio e idrogeno legati tra loro in una particolare disposizione, con un gruppo carbossilico acido formato da carbonio, idrogeno, e ossigeno attaccato alla fine di ciascuna molecola. Tolto l’acido, resta un idrocarburo che può diventare carburante.

In alcuni casi i ricercatori della LS9 inc. usano tecniche standard di DNA ricombinante per inserire i geni interessanti nei microbi. Biotecnologie Ciò avviene con il prelievo di frammenti di DNA, responsabili del ciclo di conversione del glucosio in molecole che immagazzinano energia, da diversi organismi, con la successiva combinazione in sequenze di DNA ottenuto artificialmente, e, per finire, con l’ inserimento della nuova sequenza nel microrganismo, per fornirgli le istruzioni per produrre idrocarburi. In altri casi, ridisegnano geni conosciuti con un computer e li sintetizzano: i batteri modificati risultanti producono molecole di idrocarburi che hanno la lunghezza desiderata dai ricercatori. Un’altre tecnica prevede di modificare altri geni dei microbi, così da bloccarne alcune funzioni metaboliche, obbligandoli a concentrarsi sulla produzione di idrocarburi.

Il biochimico del gruppo asserisce che l’azienda può produrre centinaia di molecole differenti di idrocarburi. In pratica, il processo può dare origine ad un greggio privo di solfuri, contenuti invece nel greggio di origine fossile. Il greggio microbiologico potrebbe andare in una normale raffineria per essere sottoposto al processo di trasformazione nei diversi tipi di carburante: per aerei, per motori diesel, per auto, o in ogni altro derivato del petrolio necessario.

Al momento, i produttori di greggio fossile possono dormire sonni tranquilli: la produzione di idrocarburi “batterici” avviene solo su piccola scala. Tra gli ostacoli da superare per fare il passaggio ad un livello industriale c’è l’approvvigionamento della cellulosa, che deve essere a basso costo e garantire elevati livelli di efficienza. Ma domani si vedrà.

Per approfondimenti

http://www.ls9.com/

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