Articoli

BLOW-UP, immagini dal nanomondo

La scienza diventa arte. Immagini surreali, quasi oniriche: è il mondo della nanoscala

Alla Cavallerizza, presso il Maneggio Chiabrese, in via Verdi 9 a Torino, fino al 20 maggio dalle ore 15 alle 19, si possono ammirare le foto di “Blow-up, immagini dal nanomondo”, curate e selezionate dalla fotografa Lucia CoviCovi Lucia . L'evento rientra tra quelli allestiti per la manifestazione "Settimane della Scienza 2007".

La scienza diventa arte, catapultati in una nuova dimensione, un milione di volte più piccola di un millimetro. Basti pensare che un punto tipografico alla fine di una frase misura mezzo milione di nanometri. Non sono modelli della realtà, ma veri e propri paesaggi della materia a livello molecolare, immagini che di solito restano sulle scrivanie degli scienziati perché dicono qualcosa soltanto a loro. Sotto l’occhio attento di Lucia Covi queste foto sono oggi mostrate in una nuova luce: “Il mio sguardo è diverso, io non cerco le ragioni, il senso del lavoro scientifico – spiega Lucia Covi - ma cerco l’armonia, la forma e anche uno sguardo nuovo su qualcosa che non ho mai visto”. I criteri di scelta sono stati estetici e di fantasia, “anche perché tutti noi abbiamo un immaginario che è letterario, pittorico piuttosto che fotografico, per cui, soprattutto davanti a qualcosa che non abbiamo mai visto, siamo portati a cercare le analogie con le cose che conosciamo”

La fotografa si sofferma sulla foto che fa da copertina alla mostra: punta di un microscopio a campo prossimo “Questa è una esperienza visiva nuova di un mondo assolutamente nuovo e vedere questa immagine con questa stranissima luce e questo paesaggio che sembra di neve, di ghiaccio, non si direbbe che invece è una punta d’oro lavorata con un fascio di ioni…” C’è una ragione scientifica per la particolarità della luce: pare infatti che a questa scala gli atomi, muovendosi, emettano luce, “come se la luce venisse emessa dai bordi della materia”, continua la fotografa.

Le fotografie sono state stampate in modo da essere il più possibile attinenti alla realtà, Lucia Covi ha usato i normali programmi di fotoritocco soltanto per scurire o schiarire gli sfondi, invertire i chiaro-scuri, od inserire il colore in un mondo dove questa caratteristica non esiste. “Abbiamo anche scelto di esporre queste immagini per valorizzare la loro bellezza come se fossero delle fotografie d’arte, quindi con una stampa che si chiama fine art, cioè la più preziosa, su una carta molto ricercata, è una stampa a carbone”, continua la Covi.

Prof. Elisa Molinari La mostra è stata ideata e prodotta dal centro di ricerca in nanoscienze S3 dell’Università di Modena. Gli scienziati, fisici, ingegneri, biologi molecolari, studiano questa dimensione perché “ci confrontiamo con oggetti che sono grandi quanto pochi atomi o poche molecole ma già abbastanza complessi da dare funzioni interessanti - spiega Elisa Molinari, professoressa di Fisica e direttrice del Centro S3 - La distinzione tra le discipline è molto labile: io sono una fisica di formazione e lavorano con noi biologi, ingegneri, chimici. Stiamo indifferentemente usando aggregati di forma solida, molecole e biomolecole (DNA, proteine…) o dei piccoli dispositivi che vengono integrati in sistemi più complessi. Lo scopo è integrare tutto questo in applicazioni di tipo elettronico, bioetico nel senso che questi oggetti in qualche maniera possono indirizzare, intaccare, modificare o colpire una qualche funzione fisiologica o patologica”

Lavorare alla nanoscala, quindi, significa manipolare e costruire sistemi delle dimensioni del milionesimo di millimetro. Qui dominano i fenomeni quantistici e non valgono più le regole fisiche del mondo macroscopico. La professoressa Molinari illustra: “se volessimo pesare su quella scala, non abbiamo lo strumento e non abbiamo l'attrezzo per costruircelo.

Leva nanometrica Una delle foto della mostra è un oggetto che oscillando pesa. E’ come un nano trampolino costruito con fasci di ioni anziché delle seghe. Esso oscilla con una frequenza diversa a seconda della massa che sta sopra esattamente come i trampolini di una piscina, c’è un legame con la frequenza di oscillazione e la massa che lo sovrasta. Abbiamo dovuto inventare su scala nano uno stratagemma di questo tipo per poter pesare la materia: un oggetto così piccolo da sentire poche proteine, che ci dica quante ce n’è sono di quel tipo specifico. Vuol dire aver costruito un laboratorio analisi all’interno di un chip”.nano bilancia

La mostra è divisa in tre sezioni, la prima dal titolo “Dare forma”, mostra la materia plasmata dai fasci di ioni che creano micro fori, erosioni chimiche che creano architetture nanoelettroniche. Tutto ciò mediante la tecnica chiamata top-dowm, che lavora la materia fino ad ottenere le strutture volute. La seconda sezione, "Auto-aggregazione” è dedicata alla tecnica bottom-up; partendo dal basso si aggregano atomi e molecole per raggiungere le forme e i dispositivi che servono. La terza sezione è dedicata alle strutture naturali, le proteine ed il DNA. Foro in strato di polietilene

Il Nanomondo

Il nanomondo apre nuove strade alla ricerca: nanoelettronica, biomedicina, meccanica, tecnologie per l’ambiente e l’energia. Ma a queste dimensioni gli attrezzi convenzionali e i microscopi ottici classici non bastano (in quanto la luce ha una frequenza d’onda troppo grossa per raggiungere i nanometri). Allora si usano fasci di ioni per manipolare la materia, scolpirla, intagliarla e si usano gli elettroni per vederla. Si possono creare strutture complesse anche sfruttando la capacità della materia di auto organizzarsi con un processo simile a quelli in cui la natura assembla componenti diversi, a formare gli oggetti del nostro mondo, come cristalli e il DNA. foro in film di nitruro di titanio

Nei microscopi con cui si vede la nonoscala una punta interagisce con il campione: così si può saggiare la capacità di una nanostruttura di trasportare corrente elettrica, misurare l’elasticità della membrana di una cellula, o rilevare la forza magnetica sulla superficie di un metallo. Queste sonde descrivono una struttura e le sue funzioni, traducendole in mappe. Esse ricostruiscono mappe diverse dello stesso territorio, una per ogni proprietà che il materiale possiede e che si vuole studiare.

Suggerimenti