Recensioni

Il principio antropico

In passato siamo stati sicuramente in molti a chiederci come mai non fosse stato ancora tradotto nella nostra lingua questo importante testo di cosmologia pubblicato, ovviamente in inglese, nel 1986 e da allora rimasto il testo sacro del paradigma antropico

Finalmente la casa editrice Adelphi, che già in passato si è dimostrata particolarmente sensibile ai temi proposti dal cosmologo Barrow (è possibile trovare nel catlogo Adelphi altri suoi titoli dal "sapore" più o meno antropico come La luna nel pozzo cosmico, Il mondo dentro il mondo e Teorie del tutto), affronta l'impresa che di sicuro ha un forte valore storico.

Infatti la sua pubblicazione costituisce uno degli ultimi, ma forse ancora possibili, casi di summa culturale che, in quanto tale, guida l'ardito lettore attraverso tutti gli aspetti più importanti del nostro sapere rivisitati alla luce di questo principio.

Un'operazione senz'altro onesta in quanto, se di paradigma si tratta, deve comunque risultare applicabile all'astrofisica, alla biologia, alla meccanica quantistica, per citare solo alcuni degli ambiti con i quali si sono misurati gli autori fra le pagine del libro, nel tentativo di mostrare la consistenza di una visione del mondo che tenta di restituire all'uomo una posizione centrale nel progetto cosmico.

Infatti il principio protagonista del libro, nella sua versione debole, sottolinea come le probabilità di misurare le proprietà dell'universo da noi osservate siano fortemente condizionate dall'esistenza di zone nelle quali si sia formata vita intelligente basata sulla chimica del carbonio.

Le implicazioni di una tale constatazione, fondamentalmente quella della nostra esistenza, sono tali da porre dei forti limiti a ciò che potrebbe essere stata in passato la storia del cosmo e sicuramente su quelle che sono le sue prospettive future.

Il principio è culturalmente "pericoloso" in quanto apre la prospettiva a tutta una massa di teorie cosmologiche e non, dal sapore mistico e teleologico che ovviamente non si è in grado di controllare con le metodologie proprie della scienza e che, autorizzate dall'affascinante versione forte dello stesso principio, pongono la nostra stessa esistenza di osservatori al livello di progetto cosmico.

Una cosa è certa, tanto da apparire quasi banale: l'universo deve essere fatto in modo tale da contemplare, a partire da un certo stadio della sua evoluzione, l'esistenza di astronomi.

L'evoluzione cosmica quindi, dovendo sicuramente passare dalla fase di generazione della vita e dell'intelligenza almeno nella zona da noi abitata, impone come già si è detto delle forti restrizioni sui valori delle costanti fondamentali e, di conseguenza, sull'evoluzione chimica del cosmo.

Ed è anche a partire dallo studio delle strane connessioni tra i valori delle costanti fondamentali che si snoda la storia del principio antropico. Il libro è infatti generoso nel guidare il lettore attraverso il cammino compiuto nei secoli da questa idea che parte, come accade per la maggior parte della nostra cultura scientifica, dalla Ionia e dalla Magna Grecia presocratiche per arrivare al ventesimo secolo come oggetto di studio scientifico iniziato con la scoperta di alcune regolarità riscontrate tra i rapporti delle costanti fondamentali. Regolarità che a prima vista risultano improbabili se si crede in una par condicio statistica e non in una tendenza cosmica che spinge sistematicamente in una certa direzione forgiando finalisticamente le fattezze dell'Universo.

Come definirlo, quindi, se non un "mattone", riferendomi ovviamente all'importanza che riveste nella costruzione di un sapere cosmologico completo e al colore prediletto dall'editore per le copertine di questi agili libri dalle 400 pagine in su? Un must per librerie fisico-filosofiche complete.

Allora attenzione: non averlo è un peccato, ma riprenderlo dalla vostra libreria per rimetterlo in discussione, se precedentemente letto e posto alla (sua) base, potrebbe far vacillare tutto il vostro impianto culturale facendo franare un intero muro di idee che su di esso saldamente poggiano.

Questa recensione è apparsa per la prima volta sulla rivista Il giornale di Astronomia, organo ufficiale della S.A.I.T.

In copertina


J. D. Barrow e F. J. Tipler
Adelphi
2002
770
88-459-1660- x

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