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Notizia del 20/10/2005

Staminali senza danni per l'embrione

Due nuove ricerche dagli USA riaccendono le speranze

Cellule staminali embrionali ottenute senza distruggere l’embrione: sembra un gioco di parole, invece, è la nuova speranza che arriva da due studi diversi dagli Stati Uniti. Le due nuove tecniche, presentate sulla nota rivista “Nature”, potrebbero far cambiare di molto le posizioni di coloro che finora si sono sempre opposti all’utilizzo e alla distruzione di embrioni per la ricerca. Lo scopo finale degli studi sulle staminali è quello di poter curare patologie fino ad oggi incurabili. Le due nuove tecniche sono state sperimentate sui topi, ma si spera che potranno essere applicate anche per la cura di malattie umane.

La prima tecnica, sperimentata dall’equipe guidata da Robert Lanza dell'Advanced Cell Technology (ACT) in collaborazione con l’Università del Wisconsin, ha avuto inzio con il prelievo di una delle otto cellule di un embrione di topo nelle primissime fasi di sviluppo, seguendo una procedura molto simile alla diagnosi pre-impianto. La cellula prelevata, in seguito, è stata inserita in un cocktail di sostanze contenenti anche fattori di crescita che l’hanno fatta moltiplicare e sviluppare, ottenendo così cinque diverse linee di cellule staminali in grado di dare origine a cellule nervose, del tessuto osseo e del muscolo cardiaco. L’embrione, da cui si è estratta la cellula, è stato impiantato nell’utero e ha dato origine ad un topo.

Il secondo metodo, invece, è stato appurato dai biologi Alexander Meissner e Rudolph Jaenisch, del Massachussetts Institute of Technology (MIT). Un ovulo di topo è stato privato del suo nucleo, al posto del quale è stato inserito il nucleo di una cellula di topo in cui è stato disattivato il gene Cdx2. Tale gene è responsabile della produzione delle proteine che permettono ad un ovulo di aderire alle pareti dell’utero. Dall’embrione che si è venuto così a creare, che non avrebbe mai potuto generare un cucciolo, sono state così prelevate le cellule staminali su cui sono stati effettuati gli studi.

Due tecniche apparentemente semplici, che fino a questo momento hanno avuto consensi anche da alcuni sostenitori delle posizioni pro-vita. Due nuove vie della ricerca che potrebbero donare speranze a chi è affetto da malattie fino ad ora non curabili.

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