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Trasformare l'anidride carbonica in roccia per diminuire l'emissione di gas serra

Una tecnologia innovativa permette di ridurre le emissioni gassose che danneggiano l'atmosfera stoccando l'anidrida carbonica in particolari serbatoi sotterranei dove avviene il processo di cristallizzazione che la trasforma in roccia.

Trasformare l’anidride carbonica in roccia e diminuire così l’emissione di gas serra? Si può fare ed è una pratica già diffusa in USA, Norvegia, Canada e Germania. Stoccare l’anidride carbonica in serbatoi sotterranei, come giacimenti esauriti di metano, miniere abbandonate o falde acquifere saline permetterebbe di preservare l’atmosfera per i prossimi 500 anni dal processo di degradazione cui sta andando incontro. In Italia il progetto è curato dall’Enel, che a fine 2008 avvierà un impianto pilota nella centrale di Brindisi. Emissioni di anidride carbonica

Questa innovativa tecnologia prevede di estrarre la CO2 dai fumi delle ciminiere e di stoccarla in forma liquida o gassosa a centinaia di metri sotto terra, dove andrà incontro al naturale processo di trasformazione in roccia calcarea. Gennaro Di Michele, ingegnere chimico e responsabile dell’Area Ricerca della grande azienda elettrica italiana, nonostante la soddisfazione per l’avviamento del progetto ostenta cautela, osservando che «è necessario valutare i costi, perché l’applicazione di questa tipologia di procedimento abbassa il rendimento delle stazioni di circa il 7 – 8% rispetto ai volumi abituali». Tuttavia, se il parere tecnico dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia su un giacimento sottomarino al largo di Civitavecchia sarà positivo, la centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord, entrata in funzione tra il 1984 e il 1986 e della potenza nominale complessiva di 2.640 MW elettrici, sarà dotata di un impianto per liquefare la CO2. Un primo passo che fa già pensare di realizzare dei serbatoi sotterranei per le centrali di Gioia del Colle e Marghera.Centrale di Torrevaldaliga Nord (CV)

Dall’estero arrivano risultati che fanno ben sperare: dal 1996 è in corso nel Mar di Norvegia un progetto sperimentale di stoccaggio che ha permesso di verificare che dopo 2 anni di permanenza sotto terra l'anidride carbonica mineralizza, trasformandosi in roccia calcarea. «Se i siti sono idonei per capienza, impermeabilità, sismicità, deflusso delle acque, il sistema è sicuro», ma l’affermazione di Francesco Zarlenga, Project Manager dell’ENEA, non basta a convincere gli ambientalisti e alcuni consiglieri del Ministero dell’Ambiente, convinti che agire in questo modo sia come mettere la polvere sotto il tappeto. Massimiliano Variale, consulente scientifico del WWF, richiama l’attenzione sul rischio che un’eventuale fratturazione delle rocce possa causare la fuoriuscita dei gas stoccati, mentre l’Agenzia Internazionale dell’Energia, benché favorevole, ritiene necessario monitorare almeno fino al 2015 l’attività di seppellimento della CO2 prima di poter esprimere un giudizio sicuramente positivo sulla tecnologia.

Le aziende invece sono favorevoli e fortemente interessate a portare avanti il discorso dello stoccaggio. Allo stato attuale delle cose sotterrare l'anidride carbonica è senza dubbio più conveniente che rilasciarla nell’atmosfera: per rispettare il protocollo di Kyoto dal 2008 il diritto di emettere 1 tonnellata di biossido di carbonio costerà dai 22 ai 30 euro, ben più della spesa necessaria per seppellirla. Un’opportunità sicuramente interessante per il Belpaese, dove sono stati individuati siti adatti in Val Padana, nell’Adriatico e in vecchie miniere di carbone. I risultati emersi da uno studio UE stimano infatti che la capacità di stoccaggio sotterraneo di CO2 dell’Italia si aggira intorno ai 2 miliardi di tonnellate, un volume che permetterebbe al Paese di essere a posto per i prossimi 15 anni, dal momento che, senza considerare le emissioni dovute ai trasporti, la quantità di anidride carbonica prodotta ogni anno è pari a 150 milioni di tonnellate.

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