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«Shaping the global design agenda», l’ultimo grande evento di Torino World design capital

La conferenza internazionale si è conclusa il 7 novembre al Lingotto, con il passaggio di testimone tra Torino e Seul, prossima Wdc. Al via, fino al 13 novembre, il progetto «International design casa»

Shaping the global design agenda - logo Si è conclusa il 7 novembre al Lingotto, con il passaggio di testimone tra Torino e Seul (prossima World design capital) la conferenza internazionale «Shaping the global design agenda», l’ultimo grande evento dell’anno realizzato dal Comitato organizzatore di Torino Wdc.

Alla conferenza hanno preso parte circa 200 esperti, la metà dei quali provenienti da 16 diversi Paesi. «In questi due giorni di dibattito», ha commentato Michael Thomson, presidente di Beda (l’Associazione europea del design), «Torino, forte del titolo di prima Wdc, ha creato le condizioni per un dialogo a livello internazionale. L’augurio è che il design diventi sempre di più un asset strategico nello sviluppo di ogni Paese, proponendo soluzioni sostenibili alle esigenze concrete delle persone».

«Il made in Italy», ha dichiarato nel messaggio di apertura il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola, «costituisce una delle cinque aree prioritarie di “Industria 2015”, lo strumento di politica economica approntato dal governo per orientare lo sviluppo del nostro Paese su pochi settori strategici. Il 2009, inoltre, sarà l’Anno europeo della creatività e dell’innovazione e il design in qualche modo può essere considerato la scienza della creatività. Si tratta di una grande occasione che non possiamo perdere».

La necessità di un adeguato sostegno politico è stata anche al centro dell’intervento di Yrjö Sotamaa, che ha evidenziato come sin dal 1999 il governo finlandese abbia indicato tra le proprie linee programmatiche la necessità di «integrare il design nel sistema nazionale dell’innovazione». Questo ha portato, negli ultimi cinque anni, alla realizzazione di cento progetti interdisciplinari, che hanno coinvolto il mondo della formazione, l’industria e tutti gli operatori del settore, con un investimento complessivo di 30 milioni di euro. Una strategia che sta dando i suoi frutti incrementando le competenze e sviluppando infrastrutture di design nelle industrie: il 25% delle esportazioni finlandesi riguarda, non a caso, prodotti ad alto contenuto di design.

grattacieli Doha Ibrahim Al Jaidah, direttore generale dell’Arab engineering bureau del Qatar, ha messo in guardia da un design che non rispetti la tradizione culturale del proprio Paese. «In Qatar non esiste una politica nazionale di design», ha affermato. «Gli stupefacenti grattacieli e i palazzi costruiti in città come Doha e Dubai sono espressione di un’architettura che non tiene conto della nostra storia e delle nostre tradizioni. Solo ultimamente, in particolare a Doha, si stanno progettando edifici che reintepretano in qualche modo l’architettura tradizionale, rispettosa del clima, dei venti, delle nostre necessità reali. Così oggi iniziamo a restaurare anche i suk, gli antichi mercati popolari, e con grande successo».

«Pensare, fare, monitorare» sono le tre parole chiave sulle quali, secondo David Kester, direttore generale dello UK design council, si dovrebbe fondare una buona politica di design. «”Pensare” perché il pensiero creativo è alla base del lavoro del designer; “fare” perché ogni progetto di design può fare una piccola differenza e tante piccole differenze insieme ne fanno una grande; “monitorare” perché in questo modo è possibile capire prima dove si annidano gli errori e correggerli per tempo».

Di grande impatto la relazione di Fumio Hasegawa, vice direttore generale all’Industria e commercio della città di Nagoya, che da sola produce il 10% del Pil dell’intero Giappone e conta oggi 53 scuole di design più un Design center tra i più avanzati del mondo. Grazie a un progetto di design connesso alla raccolta differenziata, Nagoya è riuscita recentemente ad abbattere del 30% la produzione di rifiuti. Di design di servizi, inteso come “evoluzione” del design nel XXI secolo, ha parlato infine Ezio Manzini del Politecnico di Milano. «Quello che ci attende», ha detto l’esperto, «è un secolo in cui le principali industrie dovranno inevitabilmente porsi in relazione con i servizi sociali, la rigenerazione delle città, le tematiche ambientali, il mondo della formazione».

Contestualmente alla conferenza «Shaping the global design agenda» ha preso il via il progetto «International design casa», che contempla dieci mostre provenienti da 15 Paesi del mondo e aperte in vari punti della città. International design casa Eccole in dettaglio:

- Casa Austria presso la Sala colonne del Castello del Valentino, viale Mattioli 39;

- Casa Belgio in piazzale Valdo Fusi;

- Casa Corea del Sud (Seoul) a Palazzo Madama in piazza Castello;

- Casa Europa centro-orientale (Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia) ad Artintown, via Berthollet 25;

- Casa Francia presso lo Spazio Azimut in piazza Palazzo di Città 8;

- Casa Giappone (Nagoya) negli Antichi Chiostri di via Garibaldi 25 e a Palazzo Barolo in via delle Orfane 7

- Casa Norvegia presso le Officine grandi riparazioni (Ogr) di corso Castelfidardo 18;

- Casa Paesi Bassi (Rotterdam) all’ Archivio di Stato in via Piave 21;

- Casa Singapore alla Turin Gallery di via Maria Vittoria 6;

- Casa Spagna (Barcellona) ancora alle Officine grandi riparazioni di corso Castelfidardo 18.

Tutte le Case saranno aperte fino al 13 novembre con orario continuato dalle 11 alle 20.

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