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Alzheimer: se ci colpisce, meglio esserne consapevoli

Un gruppo di ricerca torinese propone nuove ipotesi di coinvolgimento delle diverse aree cerebrali nei pazienti che non hanno consapevolezza della propria malattia.

Un aspetto che ha importanti ricadute cliniche è rappresentato dalla non consapevolezza di avere una malattia, fenomeno che si osserva anche in una fase precoce di insorgenza del morbo di Alzheimer, in cui i disturbi delle funzioni cognitive (memoria, attenzione, linguaggio…) risultano lievi. In tali soggetti si riscontra una tendenza a negare e a sottovalutare la gravità del loro disturbo.

AlzheimerIl fenomeno della non consapevolezza è spesso associato ad una scarsa efficacia dei trattamenti farmacologici e a una peggiore qualità della vita del paziente, data da un progressivo isolamento dei soggetti dal contesto socio-relazionale. Inoltre, chi risulta non consapevole mette a repentaglio la propria incolumità non seguendo le istruzioni impartite dal personale medico infermieristico, né dai familiari. Infine, in questi ultimi si osserva un livello di stress maggiore dovuto ad un carico assistenziale più gravoso.

Di recente ha portato nuove preziose evidenze in questo campo la ricerca di un gruppo tutto torinese, coordinato dalla dott.ssa Martina Amanzio, che coinvolge il Dipartimento di Psicologia di Torino, con la collaborazione dell’unità di neurologia dell’ospedale Martini di Torino e del centro di neuro immagine funzionale dell’ospedale Koelliker di Torino.

Il lavoro,  pubblicato lo scorso aprile sulla prestigiosa rivista  Brain (http://brain.oxfordjournals.org/), è stato realizzato facendo eseguire ai soggetti  una particolare mansione per  la quale era necessaria uno stato di concentrazione -  “compito di attenzione” - (in questo caso premere o meno un pulsante alla comparsa di determinate lettere su uno schermo posto davanti agli occhi) durante un esame di risonanza magnetica funzionale - fMRI.  Analizzando i risultati delle fMRI così condotte, si è scoperto che 14 soggetti con Alzheimer non consapevoli della loro malattia, rispetto ad un gruppo di 15 soggetti con preservata consapevolezza, hanno un ridotto funzionamento della corteccia cingolata anteriore, della corteccia prefrontale rostrale  e delle regioni parietotemporali.

Lo studio rappresenta un primo importante tentativo di fornire ai clinici dei parametri di riferimento  oggettivi atti a meglio caratterizzare il quadro della non-consapevolezza della malattia in soggetti con Alzheimer in fase di insorgenza precoce.

Alzheimer malatoIn particolare: ai medici potrebbe risultare estremamente utile nella routine clinica con i malati di Alzheimer introdurre l’esame di risonanza magnetica funzionale associato al “compito attentivo” e ai test neuropsicologici utilizzati da Amanzio e collaboratori per individuare al meglio questa particolare popolazione di pazienti.

Anche i test neuropsicologici e le scale psichiatriche risultano importanti per meglio valutare questa tipologia di pazienti affetti da Alzheimer. I soggetti non consapevoli sono risultati infatti maggiormente apatici e con una minore flessibilità di pensiero rispetto ai  soggetti consapevoli.

Tali informazioni potranno essere utili oltre che in fase diagnostica anche per seguire il decorso del disturbo influenzando la scelta di terapie personalizzate.

I vantaggi sociali ed economici di un tale risultato risultano quindi estremamente rilevanti. Allo studio del team della dott.ssa Amanzio  è stata infatti dedicata la copertina di Brain del numero di aprile 2011 (http://brain.oxfordjournals.org/content/134/4.cover-expansion).