E’ decollata venerdì 8 luglio 2011, alle 14.20 locali, dalla piattaforma di Cape Canaveral l’ultima missione dell’era Shuttle. La navetta Atlantis, con a bordo sei astronauti, resterà in orbita per 12 giorni con un obiettivo importantissimo: portare i rifornimenti necessari a garantire la sopravvivenza della Stazione Spaziale Internazionale – ISS – per almeno un anno. Si tratta di alimenti, pezzi di ricambio, esperimenti scientifici e strumenti che viaggiano a bordo del modulo logistico Raffaello, progettato e costruito dall'azienda italo-francese Thales Alenia Space.
Trent’anni è durata l’attività degli shuttle. Il primo volo risale al 12 aprile 1981 con il lancio della navetta Columbia, la stessa che andrà distrutta nel 2003 in un tragico incidente in fase di rientro, causato da un pannello dello scudo termico danneggiato.
Per la NASA il progetto shuttle doveva rappresentare una soluzione a basso costo per poter andare nello spazio con un’alta frequenza, almeno mensile. In realtà, a consuntivo, i voli sono stati molti di meno, solo 135 nel trentennio di attività, con un dispendio economico decisamente molto più elevato rispetto a quanto preventivato. Cinque navette costruite, Columbia, Endeavour, Discovery, Atlantis e Challenger, oltre alla Enterprise che venne usata solo come prototipo in fase di prova, per un totale di oltre 537 milioni di miglia percorse in orbita.
Il costo più elevato è stato però quello in vite umane: 14 astronauti morti nei due terribili incidenti che hanno disintegrato prima, nel 1984, il Challenger in fase di decollo e, successivamente, come già riportato, il Columbia.
Incidenti dovuti in gran parte alla enorme complessità di quella che possiamo considerare come la macchina dalle prestazioni più elevate realizzata dall’ingegneria umana: 51 motori di propulsione, una struttura che prevede l‘assemblaggio di 10 milioni di parti di alta tecnologia e precisione, 3 grandi computer che controllano l’operatività di una struttura che al decollo è alta come un grattacielo di 16 piani e pesa duemila tonnellate.
Ciò nonostante diversi esperti hanno sollevato il dubbio che alcuni segnali rispetto a problematiche strutturali verificatesi sulle due sfortunate navette non fossero stati valutati con la dovuta attenzione.
In ogni caso le missioni degli shuttle nel corso degli anni hanno concorso a portare a compimento almeno tre grandi progetti: l’assemblaggio e il funzionamento della ISS, grazie alla capacità di carico, sia di materiali che umano, delle navette e al loro braccio robotico, l’installazione e la manutenzione del telescopio spaziale Hubble e, proprio con la penultima missione, il trasporto sulla Stazione Spaziale dell’AMS – Alpha Magnetic Spectrometer – che avrà il compito di indagare sull’esistenza della materia oscura.
Sempre grazie ai “traghetti” dello spazio è stato possibile sia derivare le innovative tecnologie utilizzate dalla NASA per la loro costruzione per usi in ambito civile, che realizzare centinaia di esperimenti scientifici in condizioni di microgravità, valutando ad esempio la risposta fisiologica dell’organismo umano alle lunghe permanenze nello spazio, piuttosto che il comportamento di batteri e virus al fine di sperimentare nuovi vaccini.
A bordo degli shuttle hanno volato anche cinque astronauti italiani, Malerba, Guidoni, Cheli, Nespoli e Vittori che ha fatto parte dell'equipaggio della penultima missione.
Adesso si apre uno scenario incerto per il futuro dell’uomo nello spazio. Andare verso l’esplorazione di pianeti più lontani, o limitarsi alla costruzione di una nuova Stazione Spaziale? Gli Stati Uniti in questo momento soffrono per la crisi finanziaria e hanno difficoltà a sostenere la corsa allo spazio. Nella sfida, fino a oggi esclusiva tra America e Russia, con il supporto tecnico dell’Europa, potrebbero affacciarsi i privati o, chissà, le nuove potenze in via di rapido sviluppo.