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Nei pazienti che soffrono di ipertensione arteriosa, la pressione misurata a casa indica con maggiore precisione la possibilità di complicazioni serie che non quella rilevata nell'ambulatorio del medico.

Questa apparentemente inspiegabile differenza tra quando si è dal medico e quando si è da soli è stata scoperta da un gruppo di ricercatori dell'Ospedale Georges Pompidou di Parigi, che hanno pubblicato i risultati dello studio sul Journal of American Medical Association.

Esaminando per più di tre anni 4.939 pazienti sotto trattamento per ipertensione, i medici hanno cominciato a confrontare le pressioni rilevate dai pazienti a casa e quelle che venivano registrate durante le visite ambulatoriali.

Come era prevedibile, nel corso del periodo di osservazione alcuni dei pazienti sono stati colpiti da infarto, ictus o altre patologie cardiovascolari. Analizzando i valori della loro pressione arteriosa registrati in precedenza, i ricercatori francesi hanno visto che un aumento di pressione registrato a casa è molto più pericoloso di uno rilevato dal medico in studio.

In termini numerici, un aumento della pressione massima di dieci millimetri di mercurio, in un paziente già iperteso, segnala un corrispondente aumento di rischio di malattia cardiovascolare del 17,2 per cento. Ma questo solo se la misurazione è fatta a casa: aumenti simili, quando sono riscontrati dal medico in ambulatorio, non hanno lo stesso significato, anzi, non sembrano proprio indicare rischi in aumento.

Il fenomeno è in parte sicuramente legato ai diversi valori di pressione che si hanno nel corso della giornata. Quindi stando a casa ci si tiene sotto controllo in orari diversi da quelli ambulatoriali, e questo potrebbe fare la differenza nel far emergere situazioni di rischio nascoste. Ma, qualunque sia il motivo, "i dati - dice Guillame Bobrie, capo della ricerca - suggeriscono che il monitoraggio di pazienti ipertesi debba sempre comprendere anche la misurazione regolare fatta a casa dal paziente".