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Notizia del 04/03/2013

Il lato "buono" del prione

Qualche anno fa si è scoperto che delle proteine, i prioni, quando sono difettose sono pericolose, perché coinvolte in malattie neurodegenerative come il morbo di Creutzfeldt-Jakob e Alzheimer. Ora però la ricerca ne mostra la faccia buona: se ben funzionanti i prioni potrebbero essere importanti nello sviluppo del cervello in età infantile, come osserva una ricerca condotta da un team di neuroscienziati della SISSA di Trieste e pubblicato ieri sul Journal of Neuroscience.

Dottor Jekyll e Mr Hyde: la metafora del buono che nasconde una faccia cattiva ben si adatta al prione (PrPC nella sua forma fisiologica cellulare), una proteina abbondante nel nostro cervello. Al contrario del dottor Jekyll, del prione sono stati identificati prima gli aspetti devastanti: se infatti questa molecola si ripiega su se stessa in modo anomalo, ha purtroppo un ruolo importante in processi neurodegenerativi che portano a malattie terribili come il morbo della mucca pazza.
I prioni, però, nella forma normale sono abbondanti nelle sinapsi, i punti di contatto dove il segnale nervoso passa da un neurone a quello successivo. Questa proteina è relativamente abbondante nel cervello dei bambini molto piccoli, motivo per cui gli scienziati hanno ipotizzato che abbia un ruolo nello sviluppo nervoso, in particolare nella neurogenesi, nella formazione di nuove connessioni sinaptiche e nella plasticità.

Maddalena Caiati, Victoria Safiulina, Sudhir Sivakumaran, Giuseppe Legname, Enrico Cherubini, ricercatori della SISSA e Giorgia Fattorini, dell’Università Politecnica delle Marche, hanno verificato a livello molecolare gli effetti di PrPC nella plasticità delle cellule dell’ippocampo, una struttura cerebrale con importanti funzioni nella memoria; dimostrando, in particolare, che PrPC modula la plasticità sinaptica (la capacità di crescita del tessuto nervoso) attraverso una via di trasduzione che coinvolge un’altra molecola, l’enzima proteina chinasi A (PKA).

La ricerca appena pubblicata costituisce solo un punto di partenza. In futuro sarà interessante approfondire il ruolo che la proteina prionica ha sullo sviluppo dei circuiti neuronali sia in condizioni fisiologiche che patologiche nel corso di malattie neurodegenerative.

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Qualche anno fa si è scoperto che delle proteine, i prioni, quando sono difettose sono pericolose, perché coinvolte in malattie neurodegenerative come il morbo di Creutzfeldt-Jakob e Alzheimer. Ora però la ricerca ne mostra la faccia buona: se ben funzionanti i prioni potrebbero essere importanti nello sviluppo del cervello in età infantile, come osserva una ricerca condotta da un team di neuroscienziati della SISSA di Trieste e pubblicato ieri sul Journal of Neuroscience.

Dottor Jekyll e Mr Hyde: la metafora del buono che nasconde una faccia cattiva ben si adatta al prione (PrPC nella sua forma fisiologica cellulare), una proteina abbondante nel nostro cervello. Al contrario del dottor Jekyll, del prione sono stati identificati prima gli aspetti devastanti: se infatti questa molecola si ripiega su se stessa in modo anomalo, ha purtroppo un ruolo importante in processi neurodegenerativi che portano a malattie terribili come il morbo della mucca pazza.
I prioni, però, nella forma normale sono abbondanti nelle sinapsi, i punti di contatto dove il segnale nervoso passa da un neurone a quello successivo. Questa proteina è relativamente abbondante nel cervello dei bambini molto piccoli, motivo per cui gli scienziati hanno ipotizzato che abbia un ruolo nello sviluppo nervoso, in particolare nella neurogenesi, nella formazione di nuove connessioni sinaptiche e nella plasticità.

Maddalena Caiati, Victoria Safiulina, Sudhir Sivakumaran, Giuseppe Legname, Enrico Cherubini, ricercatori della SISSA e Giorgia Fattorini, dell’Università Politecnica delle Marche, hanno verificato a livello molecolare gli effetti di PrPC nella plasticità delle cellule dell’ippocampo, una struttura cerebrale con importanti funzioni nella memoria; dimostrando, in particolare, che PrPC modula la plasticità sinaptica (la capacità di crescita del tessuto nervoso) attraverso una via di trasduzione che coinvolge un’altra molecola, l’enzima proteina chinasi A (PKA).

La ricerca appena pubblicata costituisce solo un punto di partenza. In futuro sarà interessante approfondire il ruolo che la proteina prionica ha sullo sviluppo dei circuiti neuronali sia in condizioni fisiologiche che patologiche nel corso di malattie neurodegenerative.

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