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Le regole di buona distanza le detta la prossemica

Lo studio degli spazi sociali porta a nuove interessanti scoperte sulle modalità con le quali ci relazioniamo con le persone che ci circondano

Vi sarà sicuramente capitato di sentirvi a disagio in situazioni in cui, ad esempio  a causa di un contatto forzato, avete percepito un'invasione del vostro  spazio personale.  Fra i tanti modi di comunicare che utilizziamo, più o meno consciamente, tutti i giorni, vi è anche il modo in cui utilizziamo lo spazio intorno a noi, regolando le distanze rispetto agli altri e all'ambiente.

ufficioLa  disciplina che studia proprio la percezione dello spazio personale e sociale nei rapporti interpersonali tra gli uomini è la prossemica. Il termine è stato  coniato dall'antropologo Edward T. Hall nel 1963  per indicare lo studio delle relazioni di vicinanza nella comunicazione non verbale.

Nel suo libro La dimensione nascosta, vero e proprio manifesto della disciplina prossemica,  si trova una analisi accurata della percezione umana dello spazio sociale che circonda ogni persona, come una sorta di "bolla". 

L'invasione dello spazio personale è stata studiata in diverse situazioni, ad esempio avvicinandosi troppo a persone sedute su panchine, nei treni, nelle biblioteche o in sale d'aspetto, e il risultato che si ottiene è sempre il medesimo: si instaura uno stato d'ansia, di stress, che porta spesso come reazione alla fuga del soggetto spazialmente pressato.

Hall ha dimostrato che anche negli animali le informazioni relative agli spazi da mantenere sono rigidamente codificate e geneticamente trasmesse.  I topi, infatti, allo stesso modo degli esseri umani, tendono a mantenere salde le gerarchie, non tollerano il disordine , hanno bisogno di zone e momenti di solitudine: la presenza di troppi individui in spazi ristretti porta alla disorganizzazione e alla moria dei soggetti più deboli della colonia. Inoltre la densità di popolazione provoca conseguenze fisiologiche come la caduta del tasso di natalità.

La distanza  fisica che si instaura nel rapporto tra le persone, sebbene  in modo per lo più spontaneo e inconsapevole,  è correlata a diversi fattori quali la personalità, il sesso, l'età, lo status sociale e in particolare la tipologia del rapporto sociale. Ha così individuato quattro zone interpersonali, che mutano a seconda della confidenza che abbiamo con il nostro interlocutore:

La distanza intima che va da 0 a 45 centimetri.

La distanza personale (45-120 cm) che riguarda l’interazione tra amici.

La distanza sociale (1,2-3,5 metri) usata per la comunicazione tra conoscenti oppure tra insegnante ed allievo.

La distanza pubblica (oltre i 3,5 metri) per le pubbliche relazioni.

Ovviamente si tratta di misure indicative, perchè la distanza alla quale ci si sente a proprio agio con le altre persone dipende dalla cultura e da altri fattori, una discriminante molto forte è data in primo luogo dalle abitudini sociali legate a popolazioni diverse. Vediamo qualche esempio.

Sala d'attesa - Gian Carlo CalmaI Tedeschi hanno un rigido concetto della privacy e dell’ordine, che dimostrano anche con l’abitudine di tenere le porte chiuse, sia in casa che sul lavoro. Anche lo sguardo di una persona al di fuori del proprio cancello è considerata una violazione e non ritengono che lo spazio debba essere messo ‘in comune’ come dimostrano invece gli spazi antistanti le casette americane privi di recinzioni.

Gli inglesi sin da piccoli sono abituati a condividere gli spazi della casa con fratelli e sorelle, al contrario dei giovani americani che godono di una stanza tutta per loro. Si stupiscono che gli americani abbiano bisogno di uno spazio fisso e prestabilito per svolgere il lavoro e di avere spazi materiali come muri e porte per isolarsi dagli altri: gli inglesi usano barriere interiori che permettono loro di non considerare scortese una persona che stia per conto proprio in una stanza con altre, mentre considerano il telefono una violazione e un disturbo, prefendo scrivere. Gli uomini godono del dominio sulla camera da letto al contrario degli americani che lo considerano uno spazio privilegiato della donna, che vi si può rifugiare quando sia stanca o arrabbiata, chiudendo la porta e dimostrando quindi di non essere disponibile a comunicare in quel momento.

I nostri vicini Francesi vivono molto all’aria aperta perché le loro case sono spesso piccole e anguste, basse e molto affollate, ma all’affollamento sono abituati e lo apprezzano, specie se serve a condividere il panorama dato dalla vista dei passanti dalla ‘terrasse’ di un caffè all’aperto. La casa è un luogo molto privato, gli amici si incontrano fuori, nei locali pubblici. L’organizzazione dello spazio urbano a ‘stalla radiante’ svolge una funzione di attrazione sociale ed è tipico delle città francesi e spagnole mentre quelle americane sono organizzate secondo la struttura a griglia, New York ne è un esempio lampante, che rappresenta più la fuga sociale e il desiderio di rifugiarsi nella propria casa.

Dall’altra parte del mondo, i Giapponesi hanno schemi prossemici che si tramandano e servono a proteggere il gruppo sociale dalle incursioni di coloro che di quella cultura non fanno parte. Un esempio particolarmente calzante è offerto dalle case, nelle quali tutte le attività si svolgono insieme e al centro delle stanze dove si raccolgono i mobili, al contrario di ciò che avviene in occidente dove il mobilio è posto lungo le pareti. In Giappone le strade non hanno un nome ma solo gli incroci che le uniscono, i discorsi dei giapponesi sono molto ‘intricati’ e ad un americano medio potrà sembrare che non arrivino mai al ‘dunque’. Il vocabolario giapponese non contiene alcun corrispondente della parola privacy e sono abituati a vivere in situazioni di grande affollamento in molti momenti della loro giornata.
 
prossemica dell'ascensoreGli schemi prossemici non dipendono esclusivamente da abitudini nazionali sedimentatesi nel tempo; studi recenti dimostrano che una importante differenza è quella tra i sessi: i maschi si trovano più a loro agio a lato di una persona, invece le femmine di fronte.

Particolare rilevanza ha acquistato ultimamente  anche la cosiddetta prossemica dell’ascensore: ad esempio gli europei in ascensore si pongono a cerchio con la schiena appoggiata alle pareti, mentre gli americani si pongono in fila con la faccia rivolta alla porta, come si può per esempio osservare in molti film americani. Interessante è anche la prossemica degli ecclesiastici, che chiamando "figli" le persone che incontrano, accorciano la distanza relazionale e, di conseguenza, quella spaziale.

Attenti anche all'uso degli spazi in casa, le distanze con le quali ci si siede a tavola o sul divano possono essere un ottimo indicatore di rapporti più o meno sereni.

La disciplina prossemica è stata inoltre utilizzata dallo psicologo americano Ekman, che si è concentrato principalmente sullo studio delle microespressioni facciali per individuare gli stati d’animo espressi dall’interlocutore. Ekman ha dimostrato che, contrariamente alla convinzione di alcuni antropologi, le espressioni facciali e le emozioni non sono determinate dalla cultura di un posto o dalle tradizioni ma sono universali ed uguali per tutto il mondo, ciò indica che sono quindi di origine biologica. Le microespressioni facciali possono essere utili per rivelare se una persona mente o meno, per questo il loro studio è oggi sempre più adottato da vari enti di polizia durante le indagini.

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