Dossier

Un bel niente

Scienziati a caccia del nulla

Tutti crediamo di possedere la concezione di “pieno” e di “vuoto”, ma a volerne dare una definizione scientifica, la questione non è poi così semplice. Oggi non vi è dubbio che una regione di spazio può essere svuotata, almeno in linea di principio, della materia ordinaria. Una volta eliminati solidi, liquidi e gas, tuttavia, lo spazio ha ancora una struttura complessa, che non può essere eliminata con alcun mezzo concepibile. I fisici oggi definiscono il vuoto come ciò che rimane in una regione di spazio quando essa è stata svuotata di ogni cosa che possa essere rimossa con mezzi sperimentali.

Quando tutta la materia è stata tolta, lo spazio rimane “pieno” di radiazione elettromagnetica. Una parte della radiazione è termica, legata cioè alla temperatura, e può essere eliminata con il raffreddamento, ma un’altra componente è intrinseca al vuoto e non può essere soppressa: è la cosiddetta “energia di punto zero”.

Ma una presentazione completa delle idee oggi accettate sul vuoto deve includere i risultati della meccanica quantistica, la teoria, elaborata negli anni ’20 del XX secolo, che descrive il comportamento delle particelle alla scala atomica.

Secondo questa teoria le grandezze fisiche hanno l’inevitabile tendenza a fluttuare, a non assumere cioè un valore definito. Questo fatto è determinato dal famoso principio di indeterminazione elaborato da Werner Heisenberg, che prevede che non si possano conoscere contemporaneamente posizione e velocità di una particella: quanto più esattamente si conosce l’una, tanto meno esattamente si conosce l’altra. Una relazione analoga vale per il tempo e l’energia: sapere con precisione la durata di un fenomeno fisico impedisce di conoscerne con esattezza l’energia, e viceversa.

Deve quindi esistere un’energia residua nello spazio vuoto: infatti per essere certi che quell’energia sia nulla, si dovrebbe farne delle misure per un tempo infinito. E, data l’equivalenza di massa ed energia espressa dalla celebre equazione di Einstein E=mc2, l’energia del vuoto deve essere in grado di creare particelle. Si tratta di coppie particella-antiparticella che continuamente appaiono, si separano, si ricongiungono e si annichilano in un intervallo di tempo dettato dal principio di indeterminazione. Sono dette particelle virtuali, perché a differenza di quelle reali non possono essere osservate direttamente tramite strumenti come i rivelatori di particelle, ma i loro effetti indiretti sono stati verificati in vari modi, e confermano la presenza dell’energia del vuoto. Così si può tornare in qualche modo a parlare di horror vacui, anche se in un senso diverso da quello aristotelico.

Dunque il vuoto, inteso come assenza di materia e radiazione, è impossibile da ottenere. Ma tentare di arrivarci il più vicino possibile è fondamentale per capire le proprietà della materia proprio a livello delle particelle. Questo oggi viene fatto nei grandi acceleratori dove fasci di particelle vengono fatti scontrare ad altissime velocità ed energie per studiare i prodotti delle collisioni. E naturalmente questi proiettili non devono trovare nessun ostacolo lungo il loro percorso, per ottenere le migliori condizioni sperimentali. Per questo nei maggiori centri di ricerca, all’interno dei tunnel in cui passano le particelle, la pressione raggiunge un decimillesimo di miliardesimo di quella atmosferica (10-13 volte inferiore), mentre il record ottenuto in apparati sperimentali è di un centesimo di miliardesimo di miliardesimo (10-20 volte) della pressione dell’atmosfera.

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