Il meridiano terrestre come metro di paragone (2)
L’incarico di determinare con assoluta precisione la lunghezza del meridiano passante per Parigi fu affidato ai due astronomi Jean Baptiste Joseph Delambre e Pierre Francois André Méchain. Il loro compito consisteva nel misurare la distanza fra le città di Barcellona in Spagna e Dunkerque sul Canale della Manica, che si trovavano lungo il meridiano prescelto. Estrapolando da questa lunghezza la misura del quarto di meridiano, allo stesso modo con cui duemila anni prima Eratostene aveva fatto il suo calcolo, i due scienziati avrebbero determinato l’esatta dimensione del metro.
La spedizione partì nell’estate del 1792, in un clima di incertezza politica, con Méchain diretto a Sud, Delambre verso Nord e l’intenzione di arrivare alla conclusione in pochi mesi. Ciascun astronomo era accompagnato da un paio di assistenti e portava con sé un nuovo strumento per misurare gli angoli, di una precisione mai raggiunta prima: il circolo a riflessione. Il lavoro pratico consisteva in effetti nella misura di un gran numero di angoli, che avrebbero permesso di ricostruire le distanze tramite il metodo della triangolazione: l’area intorno alla distanza da misurare veniva suddivisa in tanti triangoli adiacenti; partendo da una linea base, corrispondente al lato del primo triangolo, e misurando tutti gli angoli di quelli successivi, se ne potevano ricavare i lati, che sommati opportunamente avrebbero dato la distanza complessiva.
Per misurare questi angoli si sceglievano, come vertici dei triangoli, luoghi elevati che fossero facilmente visibili dalle stazioni adiacenti: colline, torri, campanili, eccetera.
Fin dall’inizio però l’avanzamento delle misurazioni fu rallentato dalla confusione della situazione politica: i contadini vedevano negli uomini della spedizione di volta in volta dei monarchici restauratori, delle spie straniere o degli esattori di nuovi tributi, mentre Méchain fu bloccato in Spagna in seguito allo scoppio della guerra che la vedeva contrapposta alla Francia.
Le peripezie della spedizione si conclusero ben sette anni dopo, nel 1799, con una conferenza internazionale di scienziati che sancì l’entrata in vigore del sistema metrico decimale. L’adozione di questo sistema di misura non fu priva di difficoltà negli altri Paesi europei e anche in Francia sarà revocata fra il 1812 e il 1840. Solo la fine del XIX secolo vedrà affermarsi irrevocabilmente il metro come unità di misura, grazie anche alla decisiva “Convenzione del metro” del 1875.
La spedizione del meridiano avrà anche risvolti inattesi: Méchain durante il suo lavoro aveva scoperto che alcune sue misure non erano coerenti; temeva di aver commesso un errore di cui non riusciva a trovare la causa e ne fu ossessionato per il resto della vita. Questo tormento rispecchia l’atteggiamento che Méchain et Delambre, come gli scienziati della loro epoca, avevano nei confronti della misura: essi aspiravano alla perfezione e pensavano che l’errore si sarebbe potuto eliminare con la meticolosità e la precisione. Gli scienziati contemporanei sanno che l’errore è una componente ineluttabile del processo di misura e che, anzi, un’attenta valutazione dell’errore può avvicinare al valore reale. E la scienza del diciannovesimo secolo, che elaborerà la teoria degli errori partendo anche dagli stimoli ricevuti dalla grande impresa di misurazione del meridiano, mostrerà che l’incongruenza di Méchain non era affatto sostanziale.
Il metro ricavato dalle misure di Delambre e Méchain rimane ancora oggi la misura di riferimento per tutti gli strumenti che noi utilizziamo, anche se il tempo ha mostrato che la definizione di quarantamilionesima parte di meridiano non è sufficientemente accurata ed è stata sostituita più volte con espressioni più raffinate: oggi il metro è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un 299.792.458esimo di secondo.