Dossier

«Cellule staminali adulte: applicazioni terapeutiche e prospettive di ricerca»

«Cellule staminali adulte: applicazioni terapeutiche e prospettive di ricerca»

I principali esperti in materia a livello nazionale e internazionale, riuniti a Milano per il Premio Sapio 2008, hanno fatto il punto sullo stato dell’arte. Il ruolo delle Banche del sangue cordonale

Premio Sapio per la ricerca «Cellule staminali adulte: applicazioni terapeutiche e prospettive di ricerca»: questo il titolo della giornata di studio, organizzata dal Premio Sapio 2008 per la ricerca italiana, che lo scorso 21 novembre ha riunito a Milano i principali esperti in materia a livello nazionale e internazionale. A partire da Eliane Gluckman, direttore del Dipartimento di Ematologia e trapianti di midollo osseo al Saint Louis Hospital di Parigi, la prima al mondo ad aver utilizzato nel 1988 cellule staminali cordonali (recuperate, cioè, dal cordone ombelicale di donatrici partorienti) per curare un paziente affetto da anemia di Fanconi.

Il paziente “zero” della Gluckman gode oggi di ottima salute, è sposato e ha un figlio. Da allora, ha ricordato la professoressa, le Banche di sangue cordonale sono sorte in tutto il mondo fino ad arrivare alle cento di oggi e alla disponibilità di oltre 400 mila unità di sangue cordonale. Vent’anni di ricerche hanno dimostrato che il sangue cordonale è una fonte potenziale di cellule staminali emopoietiche (del sangue), in grado di riportare alla normalità i valori ematici alterati in soggetti affetti da leucemie, linfomi, mielodisplasie, anemie e immunodeficienze. I trapianti sinora effettuati in tutto il mondo sono 6 mila.

Numerosi studi, ha spiegato ancora la Gluckman, hanno evidenziato che per la riuscita della terapia ha un ruolo molto importante la quantità di cellule trapiantate, mentre è tollerabile una certa differenza tra donatore e ricevente a livello di sistema immunitario («istocompatibilità Hla»). In linea di massima, ha aggiunto, è auspicabile creare Banche regionali sia di sangue cordonale sia di midollo osseo, perché la raccolta di tessuti da donatori locali garantisce una buona compatibilità con la popolazione di riferimento.

In Italia, ha ricordato Paolo Rebulla, responsabile della Banca del sangue cordonale di Milano, «la prima proposta di raccogliere sistematicamente sangue cordonale per un uso clinico fu fatta nel 1934 dai professori Maurizio Ascoli e Carlo Vercesi durante un convegno all’Università di Palermo. I due cattedratici, infatti, ritenevano che raccogliere sangue durante il parto fosse molto più semplice che ricavarlo da donatori volontari. La storia successiva della medicina e delle associazioni di donatori di sangue li ha smentiti, tanto che il primo programma nazionale pubblico per lo stoccaggio di sangue cordonale è giunto solo sessant’anni dopo nel 1993». Oggi le Banche pubbliche cordonali in Italia sono 17 e sono regolamentate dalla legge che disciplina più in generale le trasfusioni di sangue (n° 219/2005). Le Banche private, invece, sono vietate perché, ha spiegato Rebulla, «la norma italiana considera il sangue un bene comune e non una commodity, sfruttabile a fini commerciali».

bimbo appena nato Il professore ha poi aggiunto che «quando si discute sull’opportunità di raccogliere sangue cordonale e aumentarne le scorte, occorre fare un bilancio accurato: all’aumento delle unità stoccate (e dunque dei costi gestionali per il prelievo e la conservazione dei campioni in appositi contenitori di azoto liquido) deve corrispondere un eguale, se non superiore, incremento dei benefici terapeutici. Studi internazionali indicano che triplicando le scorte, le possibilità di cura salgono al 90 per cento per i pazienti caucasici e al 50-60 per cento per i gruppi etnici differenti».

Paolo Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia pediatrica al San Matteo di Pavia, ha ricordato che il trapianto di sangue cordonale nei bambini affetti da leucemia mieloide refrattaria ad altre terapie (il 47 per cento del totale) registra un tasso di sopravvivenza del 50 per cento. Locatelli ha sottolineato anche che il trapianto di sangue cordonale eterologo (da donatore) ha risultati analoghi a quello di midollo osseo autologo (prelevato dallo spesso paziente); tuttavia la ricerca di sangue cordonale “compatibile” richiede in media un mese, a fronte dei 3-4 necessari per il midollo osseo eterologo.

«Le cellule staminali possono essere suddivise in embrionali e somatiche (cioè da feti e da adulti)», ha tenuto a precisare Angelo Vescovi, docente di Biologia applicata alla Bicocca di Milano. «Le prime sono cellule altamente indifferenziate, caratterizzate da un’elevata capacità proliferativa, nonché da totipotenza, ovvero la possibilità di dare luogo a tutti i tipi di cellule (circa 200) di un organismo adulto. Le staminali somatiche (di cui fanno parte, ad esempio, le cellule cerebrali) sono caratterizzate da multipotenzialità, cioè la capacità di differenziarsi in tutti i sottotipi specifici (quelle cerebrali, per tornare all’esempio di prima, possono trasformarsi in neuroni, oligodendrociti e astrociti) e alta capacità proliferativa purché coltivate in appropriate condizioni. Queste caratteristiche le rendono particolarmente appetibili per un impiego nel rimpiazzo di cellule danneggiate. Con esse è infatti teoricamente possibile ottenere elevate quantità di cellule e di un particolare tipo».

Questo dunque il punto di partenza del gruppo di studio coordinato da Vescovi. La sperimentazione condotta in roditori affetti dalla forma sperimentale di sclerosi multipla (i cui risultati sono stati pubblicati nel 2007 sulla rivista «Nature») ha dimostrato che le cellule staminali cerebrali, una volta iniettate per via endovenosa o intracerebrale, sono in grado di raggiungere selettivamente le aree del cervello e del midollo spinale colpite dal processo infiammatorio-demielinizzante e di ricostruire la mielina (guaina di rivestimento dei neuroni) che in queste aree è danneggiata. La nuova mielina, in particolare, si è dimostrata capace di riavvolgere in maniera appropriata i nervi denudati dalla malattia, determinando così il ripristino della normale conduzione degli impulsi elettrici da parte dei nervi danneggiati. Tra qualche mese all’ospedale Niguarda di Milano dovrebbe iniziare la sperimentazione sull’uomo.

Cervello Il team di Vescovi è anche autore di uno studio pubblicato su «Cancer research» nel 2004, dal quale è emerso che cellule staminali impazzite (che si moltiplicano senza limiti) sono la causa del più diffuso tumore al cervello: il glioblastoma multiforme. Secondo gli esperti, nell’arco di cinque anni queste staminali “anomale” potrebbero diventare il bersaglio della prima terapia efficace contro il glioblastoma, che uccide il 97 per cento dei pazienti a due anni dalla diagnosi.

Michele De Luca, direttore del Centro di medicina rigenerativa di Modena e Reggio Emilia, ha illustrato l’efficacia del trapianto autologo di cellule staminali per la riparazione dei tessuti epiteliali, tra cui la pelle e le cornee (in caso di gravi ustioni chimiche da alcali, ad esempio, si arriva a recuperare il 100 per cento della vista). In ambito dermatologico la terapia cellulare si può anche associare alla terapia genica: in un paziente affetto da Junctional epidermolysis bullosa, una malattia genetica che colpisce l’epidermide, sono state trapiantate staminali somatiche autologhe, nelle quali i geni alterati sono stati preventivamente sostituiti con quelli sani. I controlli a due anni e mezzo di distanza dal trapianto dimostrano l’efficacia terapeutica della procedura. Altrettanto promettente la sperimentazione clinica, in corso da sei mesi al dipartimento di Neuroscienze della Bicocca di Milano, su pazienti affetti da grave atrofia ossea parodontale. La terapia si basa sull’impiego di staminali adulte mesenchimali, derivate cioè dal midollo osseo dello stesso paziente, capaci di differenziarsi in un’ampia varietà di tipi cellulari, tra cui gli osteoblasti.