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Tre premi Nobel sul palco

A Torino con Esof2010 la scienza arriva anche in piazza, per dialogare con il grande pubblico.

ESOF 2010 - Day 1 - Science in the city Così, in piazza San Carlo scopriamo che grandi scienziati, premi Nobel addirittura, sono persone “normali”, capaci di parlare del proprio lavoro con parole semplici, ironici e senza atteggiamenti da divi.

Sul palco, intervistati dal matematico torinese Piergiorgio Odifreddi, assolutamente a suo agio nella veste di intervistatore, sono saliti tre Nobel, ne era previsto anche un quarto, che ha dovuto purtroppo rinunciare per motivi di salute.

Abbiamo così conosciuto Peter Agre, americano, premio Nobel per la chimica nel 2003, per la scoperta dell’acquaporina, la proteina che regola il passaggio dell’acqua attraverso la membrana cellulare, ovvero il processo dell’osmosi. Una proteina fondamentale in moltissimi processi fisiologici, sia nel corpo umano, che in natura, che presuppongono filtraggio o concentrazione di liquidi – pensiamo ad esempio alla funzione renale.

Agre, in modo molto naturale, spiega che la sua scoperta, fatta grazie a un team di 10 persone e a alcuni collaboratori sparsi per il mondo, tra cui anche un italiano dell’Università di Bari, sia avvenuta per caso, per serendipità, come dicono gli scienziati. Serendipità, termine coniato nel 1754, significa scoprire una cosa in modo fortuito quando se ne sta cercando un’altra.

ESOF 2010 - Day 1 - Science in the city Dopo aver ricevuto il Nobel, Agre si sta dedicando allo studio di cure per la malaria, perché, come lui spiega, vuole poter fare qualcosa di utile per le persone povere del mondo. Agre è arrivato a Torino dal Sudafrica, e non perde l’occasione per dimostrare al pubblico di aver imparato a suonare la vuvuzela.

Tocca quindi a Gerard 't Hooft, dell’Università di Utrecht, Olanda, premio Nobel per la fisica nel 1999, per aver esplorato a fondo la struttura fondamentale della materia, alla ricerca degli elementi ultimi, dei costituenti indivisibili. Il lavoro di ‘t Hooft è finalizzato a ricostrire le modalità con cui si è giunti a elaborare il cosiddetto Modello Standard della fisica, la teoria che descrive il mondo subatomico. Ci racconta che alcuni anni fa gli hanno dedicato un asteroide e che lui si è quindi divertito a elaborare un regolamento di vita su questo asteroide, che prevede innanzitutto l’abolizione degli apostrofi. Oggi si occupa dello studio dei pianeti extrasolari, alla ricerca anche di possibilità di forme di vita al di fuori della nostra Terra.

E visto il clima di mondiali di questo periodo, con Sir Harold Kroto, inglese, Premio Nobel per la chimica nel 1996, insieme a Robert F. Curl e Richard E. Smalley, sul palco si parla appunto di calcio. Il Nobel gli è arrivato, infatti, per la scoperta 25 anni fa del fullerene, allotropo molecolare del carbonio, detto anche bucky ball, proprio per la somiglianza con il classico pallone da calcio. La sua struttura è basata sull’icosaedro, figura geometrica che risale al genio inventore di Archimede. Ai mondiali in Sudafrica si è voluto invece innovare utilizzando un pallone che, come ci spiega Odifreddi, a una struttura altrettanto interessante dal punto di vista geometrico, basata sullo sviluppo di un triangolo equilatero, ma decisamente negativa per i risultati delle squadre italiana e inglese.

Kroto racconta della sua passione giovanile, viva tuttora, per il design, ostacolata da un padre che vedeva nella scienza una carriera lavorativa più sicura, e di come il design sia presente anche nella chimica. Non a caso il fullerene deve il suo nome alla somiglianza della sua struttura con le cupole geodetiche predilette dall'architetto Richard Buckminster Fuller. Kroto oggi insegna all’Università del Sussex, ed è cittadino onorario di Torino, da anni collabora con l’associazione CentroScienza per la divulgazione scientifica. Lo show finale di questa piacevolissiva serata di scienza informale è tutto di Agre che sorprende e delizia il pubblico con la filastrocca sugli elementi chimici.

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