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Moduli spaziali gonfiabili

Allo studio nei laboratori di Alcatel Alenia Space-Italia di Torino l'ultima frontiera della tecnologia spaziale: moduli abitabili che si gonfiano aumentando di volume una volta entrati in orbita.

Anche chi non ne ha mai sentito parlare può capire intuitivamente cosa si celi dietro la definizione “moduli spaziali gonfiabili”: si tratta di strutture di peso e ingombro limitato, e dunque facilmente trasportabili, progettate per essere lanciate nello spazio in assetto compatto e qui espandersi aumentando il proprio volume.

La Bigelow Aerospace, una società privata statunitense, è riuscita il 12 luglio 2006 a mandare in orbita per prima un prototipo in scala di un modulo gonfiabile, ma già da dieci anni gli ingegneri di Alcatel Alenia Space Italia (AAS-I) di Torino studiano questa tecnologia e sono tuttora in corsa per realizzare il primo sistema abitabile del genere.

È dal 1998 infatti che AAS-I si occupa di progetti simili, prima con TransHab, un programma della Nasa per un modulo abitativo a servizio della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), e poi con FLECS, acronimo di Flexible Expandable Structure, un progetto il cui obiettivo è validare in orbita le strutture gonfiabili.

Rispetto al prototipo Bigelow, FLECS è in scala reale ed è stato pensato per essere compatibile con una porta di ISS, così da poter funzionare come “modulo di qualifica”, cioè come una struttura sulla quale effettuare tutti i test necessari per rendere la tecnologia sicura e utilizzabile.

msg_1 Il modulo, di forma sferica, è costruito intorno a un corpo centrale e pesa circa 500 chilogrammi, la metà del peso di un modulo tradizionale di pari volume. Chiuso misura 1,5 x 1,2 metri, mentre una volta gonfiato si espande fino a 3 x 3 metri per un volume di circa 20 metri cubi d’aria.

Le pareti sono realizzate in un materiale gonfiabile descritto da Marco Nebiolo, ingegnere di Alcatel Alenia Space Italia, come un “sandwich multistrato” spesso circa 30 centimetri che garantisce la tenuta strutturale, la tenuta in pressione, l’isolamento termico e la schermatura dalle radiazioni cosmiche. La superficie esterna è in kevlar, lo stesso materiale utilizzato per realizzare i giubbotti antiproiettile, e protegge il modulo dall’impatto con le micrometeoriti, mentre il rivestimento interno è ignifugo e in grado di resistere alle perforazioni accidentali.

Sono inoltre previsti diversi sistemi di schermatura in base al tipo di missione e quindi all’intensità delle radiazioni cosmiche: i materiali ricchi d’idrogeno garantiscono un’ottima protezione e in tal senso si sta valutando di impiegare il polietilene o l’acqua, quest’ultima a maggior ragione perché potrebbe essere riutilizzata dagli astronauti.

Una volta effettuati i test di validazione del materiale base, del sandwich multistrato, dei processi di manifattura e delle giunzioni critiche, l’ulteriore passo è rappresentato dalla messa in orbita, ipotizzata entro la fine del 2009.

Il progetto FLECS prevede che in una prima fase la struttura gonfiabile effettui un volo di circa 14 giorni all’interno del vano cargo di uno shuttle, agganciata a un modulo logistico multi-funzione (MPLM) anch’esso uscito dai laboratori di Alcatel Alenia Space Italia e già protagonista di sette missioni nello spazio finalizzate al trasporto di materiale su ISS. La fase successiva a questo test, il cui obiettivo è validare le prestazioni strutturali del modulo, è l’ancoraggio di FLECS a ISS, così che gli astronauti possano entrarci e verificare la sensazione di trovarsi dentro una struttura gonfiabile.Modulo spaziale gonfiabile 3

Per ovviare al problema della riduzione del numero di voli dello shuttle, che dovrebbe andare in pensione nel 2010, AAS-I sta studiando in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana una missione con il modulo gonfiabile messo in orbita da un lanciatore tradizionale. Lo svantaggio di questa soluzione è che la verifica della struttura non può essere effettuata dagli astronauti, ma solo dal centro di controllo di terra.

L’ingombro ridotto e i costi contenuti dei moduli gonfiabili lasciano ipotizzare che in un futuro non molto lontano questa tecnologia possa essere utilizzata nei voli di lunga durata, come la prevista missione su Marte, e nella costruzione di stazioni e basi spaziali. Tuttavia, l’interesse manifestato dalla Protezione Civile non fa escludere un suo impiego per usi molto più “terrestri”, in situazioni dove servano strutture abitative facilmente trasportabili, resistenti, impermeabili e isolate termicamente.

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