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L’HIV come alleato: quando la ricerca conduce alla terapia genica sicura ed efficace

L’importante risultato del gruppo di Naldini del San Raffele di Milano restituisce forza e lustro alla ricerca made in Italy

Il grande successo della terapia genica è stato realizzato dal gruppo di Luigi Naldini, direttore dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano e pubblicato di recente con due articoli sulla rivista Science.Il gruppo di Ricerca del TIGET

La terapia genica, condotta per tre anni su sei bambini ha da dato risultati molto incoraggianti per due patologie ereditarie. La prima, di cui erano affetti  tre dei sei piccoli pazienti  (provenienti da Libano, Usa ed Egitto), è la leucodistrofia metacromatica: una patologia neurodegenerativa considerata finora incurabile. La seconda patologia attacca invece il sistema immunitario dei malati, si tratta della sindrome di Wiskott-Aldrich, una rara immunodeficienza, anche in questo caso i piccoli malati curati sono stati tre (provenienti da Italia, Turchia e USA).

Il risultato si deve all'intuizione di Luigi Naldini che nel 1996 pensò di disarmare il temutissimo virus HIV, responsabile dell’AIDS, per trasformarlo in un efficiente cavallo di Troia che trasporta geni sani con cui correggere gravi malattie ereditarie. L’HIV è utilizzato per portare i geni sani alle cellule che ne sono deficitarie, fino a quelle dell’altrimenti inaccessibile sistema nervoso centrale.

Il gruppo di ricercatori guidato da Naldini ha seguito, a partire da quella brillante intuizione del 1996, tutto il percorso che il metodo scientifico riconosciuto a livello internazionale prevede debbano fare  una scoperta o un’idea  per essere studiate e trasformate in cura. Terapia Genica

Si tratta di un percorso nel quale i ricercatori titolari dello studio si confrontano ripetutamente, esperimento dopo esperimento, tra di loro e successivamente, mediante la pubblicazione dei risultati, con la comunità scientifica internazionale nella sua interezza. Questo permette di progredire realmente in maniera efficiente e sicura nella ricerca di base e nella ricerca traslazionale. Quest’ultima è il gradino successivo del percorso, sempre sotto il vaglio della comunità scientifica internazionale. In questa fase la scoperta viene studiata per la sua applicabilità in clinica, per creare ad esempio come nel caso della terapia genica, una cura per una determinata patologia.

Se anche la ricerca traslazionale dà esiti positivi, valutati e confermati dalla comunità scientifica internazionale, si può procedere con la sperimentazione clinica da effettuarsi però solo attraverso  protocolli riconosciuti ed approvati dagli enti regolatori preposti (tra i quali: comitati etici ospedalieri, ministero della Salute, AIFA). I primi passi della sperimentazione clinica prevedono esperimenti in laboratorio per valutare sicurezza ed efficacia della cura. Questo è stato fatto in un primo momento anche nel caso della terapia genica di Naldini che mirava a modificare coi geni portati dall’HIV le cellule staminali del sangue dei pazienti.

Successivamente, nel 2010, è partita la sperimentazione clinica su sedici piccoli pazienti provenienti da tutto il mondo: sei affetti da una grave malattia neurodegenerativa (la leucodistrofia metacromatica) e dieci colpiti da una rara immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich. Dopo tre anni, ecco i primi frutti: Jacob (3 anni, americano), Canalp (4 anni, turco) e Samuel (9 anni, di Roma), tutti affetti dalla sindrome di Wiskott-Aldrich, sono praticamente rinati.

Alessandro Aiuti, responsabile dell'unità di Ricerca clinica pediatrica del Tiget, spiega che nella sindrome di Wiskott-Aldrich le cellule del sangue, protagoniste del sistema immunitario, sono direttamente colpite dalla malattia. Quindi, le cellule staminali portatrici dei geni corretti hanno sostituito le cellule malate dando luogo ad un sistema immunitario funzionante. Grazie alla terapia genica i pazienti non vanno più incontro a infezioni gravi ed emorragie e possono correre, giocare ed andare a scuola. Ottimi risultati sono stati ottenuti anche su Mohammad (4 anni dal Libano), Giovanni (3 anni dagli Usa) e Kamal (3 anni dall’Egitto), i primi tre pazienti trattati per la leucodistrofia metacromatica: la malattia, aggredita prima della comparsa dei sintomi, è stata arrestata. Come precisa Alessandra Biffi, che ha coordinato questa seconda ricerca, la terapia genica nel caso di Mohammad è stata iniziata quando il piccolo aveva solo 16 mesi. Grazie alla terapia genica così condotta, dopo la settimana di cura e i due mesi di osservazione in ospedale, il piccolo è tornato alla sua vita. Mohammad è sopravvissuto ai due fratelli maggiori, morti per la stessa patologia ed ha già raggiunto in buona salute un'età a cui nessun paziente finora era potuto arrivare in simili condizioni.

Risultati così promettenti sono solo i primi passi della lotta contro queste ed altre terribili patologie: passi che, inoltre, rendono orgogliosi sia la comunità scientifica italiana sia gli italiani.

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