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Impulsi elettrici e chemioterapia: una strana coppia per il trattamento dei tumori

Un progetto europeo, finanziato nell'ambito dei Programmi Quadro (gli strumenti principali della Commissione Europea per il finanziamento della ricerca) migliora e standardizza le prospettive per l'impiego di una possibilità terapeutica innovativa per il cancro: l'elettrochemioterapia.

Un progetto europeo, finanziato nell'ambito dei Programmi Quadro (gli strumenti principali della Commissione Europea per il finanziamento della ricerca) migliora e standardizza le prospettive per l'impiego di una possibilità terapeutica innovativa per il cancro: l'elettrochemioterapia.

Questo trattamento (che, è bene precisare subito, per ora è limitato ad un uso palliativo) combina due metodi diversi: prima di tutto vengono scelti farmaci a forte azione citotossica, capaci di uccidere con grande efficacia le cellule cancerose. Però questi farmaci (tipicamente bleomicina e cisplatino) hanno di solito un problema: non entrano con facilità nelle cellule, quindi la loro efficacia ne viene limitata. Arrivano così in aiuto gli impulsi elettrici di alto voltaggio, capaci di influenzare la membrana cellulare creando dei veri e propri buchi, per questo il processo viene chiamato elettroporazione.

Il risultato della combinazione di questi due fattori è che le cellule, sottoposte agli impulsi elettrici, faranno entrare con maggiore facilità i farmaci antitumorali, che aumentano la loro tossicità cellulare da 1.000 a 10.000 volte.

Elettroporazione La tecnologia può essere usata, almeno per ora, sui tumori della pelle o sulle metastasi epidermiche di altri tumori. Purtroppo, essendo applicabile solo superficialmente, non risolve il problema di metastasi che si formano in altre zone del corpo, ma è un contributo notevole al miglioramento della qualità della vita dei malati.

Il Progetto Esope era una delle ricerche scientifiche ospitate dalla gigantesca manifestazione "Communicating European Research 2005", che si è tenuta a Bruxelles nei giorni scorsi. Lo scopo principale di Esope è stato di definire le procedure standard per l'applicazione dell'elettrochemioterapia su scala europea.

C'è una componente italiana molto importante nel progetto: tra i partner che hanno sviluppato le procedure è presente la Igea, un'azienda di Carpi che ha realizzato la macchina "Cliniporator", l'apparecchio che fornisce gli impulsi elettrici.

I risultati di questa terapia sono decisamente incoraggianti: i tumori localizzati sulla pelle, dopo l'applicazione, si riducono in modo evidente, e bisogna considerare che l'elettrochemioterapia viene eseguita in ambulatorio con una semplice anestesia locale. Inoltre spesso basta un solo trattamento e gli effetti collaterali sono minimi.

In dettaglio, l'elettrochemioterapia si rivolge a tutte le metastasi che, originate da un tumore di qualsiasi tipo, si siano situate a livello cutaneo e subcutaneo (succede nel 9% dei tumori) e, naturalmente, ai tumori specifici della pelle. Lo studio Esope, durato due anni, ha applicato la terapia a pazienti per i quali non esistevano alternative. Per quanto riguarda i noduli tumorali trattati, per il 74% sono scomparsi completamente, mentre nell'11% dei casi si è avuta una regressione parziale.

Come si diceva, il trattamento ha un valore palliativo in quanto si rivolge a zone superficiali, raggiungibili dalla sonda che genera gli impulsi elettronici. Le metastasi tumorali che si situano in altre zone del corpo non possono essere trattate. In associazione con le altre terapie antitumorali, però, l'elettrochemioterapia permette di aumentare enormemente la qualità della vita del paziente. La scomparsa, o comunque la riduzione, delle metastasi cutanee e subcutanee, anche in casi in cui un più classico intervento chirurgico non è possibile o è molto difficoltoso, rappresenta infatti un aiuto notevole.

L'elettrochemioterapia sperimentata in Europa (al momento considerata superiore a quella allo studio in altre parti del mondo) ha anche un aspetto economico da tenere presente. I suoi costi, considerando la riduzione delle degenze ospedaliere e la facilità del trattamento, la rendono infatti accessibile anche a Paesi in via di sviluppo.

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