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Notizia del 03/03/2004

Menopausa: i rischi del trattamento ormonale sostitutivo potevano essere conosciuti prima?

Il 2002 fu attraversato da un'ondata di preoccupazione ed incertezza per tutte quelle donne che, raggiunta la menopausa, avevano avviato il cosiddetto trattamento ormonale sostitutivo (HRT nella sigla Inglese). Questa terapia a base di ormoni avrebbe dovuto ridurre molti effetti della menopausa, e combattere anche in un certo modo l'osteoporosi.

Ma in quell'anno arrivò la US Women's Health Initiative, uno studio su vasta scala che mirava proprio a valutare cosa succedesse alle donne che stavano seguendo la HRT. Lo studio fu sospeso per i cosiddetti "motivi etici": semplicemente si vide che le donne sotto terapia venivano colpite più frequentemente delle altre da malattie cardiovascolari. Immediatamente circolò la notizia, e la maggior parte delle donne sotto trattamento in tutto il mondo smise di prendere quegli ormoni.

Ora la ricerca medica sta lavorando per scoprire quali ormoni sono effettivamente responsabili di questo aumento di rischio (che invece sarebbe dovuto scendere secondo le ipotesi), ma ci sono ombre sospese: si sarebbe potuto sapere prima che quella terapia aveva fattori di rischio?

Una ricerca realizzata dal Churchill Hospital di Oxford, in Gran Bretagna, pubblicata dal British Medical Journal (BMJ) un nuovo aspetto di questo dibattito.

Secondo questo studio, infatti, si sarebbe potuto conoscere il rischio con molto anticipo, evitando di esporre le donne ad un pericolo potenziale. Prima dei risultati del 2002, infatti, lo stesso gruppo inglese aveva analizzato 23 piccoli studi relativi alla terapia ormonale sostitutiva, trovando che non sembravano avere effetti benefici come invece veniva ipotizzato. Gli studi in questione erano stati effettuati dalle compagnie farmaceutiche per ottenere le licenze sui farmaci, e non erano pubblici.

Nel 1997, anno della pubblicazione della ricerca, le preoccupazioni furono "ridicolizzate", come si legge nell'articolo sul BMJ, ma altri sei studi, esaminati successivamente, mostravano la stessa tendenza.

La conclusione è che se gli studi condotti dalle aziende farmaceutiche avessero contenuto abbastanza dati sui possibili danni e sulla possibile inefficacia della terapia, e se qualcuno li fosse andati a vedere seriamente molto si sarebbe potuto conoscere in anticipo.

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