Dove smaltire i rifiuti radioattivi? La guida dell'Ispra

 

 

News sul fronte dello smaltimento dei rifiuti radioattivi: l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha appena pubblicato una lista dei possibili siti e delle indicazioni precise per lo smaltimento dei nocivi rifiuti attualmente presenti sul territorio italiano.

Dove smaltire i rifiuti radioattivi? La guida dell'Ispra

La guida tecnica rilasciata dagli esperti dell’Ispra individua i "Criteri per la localizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi"; in poche parole si tratta di un documento che contiene l’elenco di tutti i fattori da prendere in considerazione (e da rispettare) per la scelta e le modalità di smaltimento dei rifiuti tossici.

"I rifiuti radioattivi presenti in Italia", commenta Lamberto Matteocci, responsabile del servizio controllo attività nucleari all'Ispra, "derivano dalle pregresse attività nucleari che sono poi state abolite dal famoso referendum e da applicazioni in ambito industriale, medico e di ricerca scientifica. Nel primo caso sono stoccati presso i rispettivi impianti di produzione, ovvero le ex centrali nucleari, mentre negli altri casi trovano collocazione in specifici impianti autorizzati".

Continua Matteocci: "I siti attuali, sono per lo più temporanei, progettati per lo stoccaggio ma non per lo smaltimento".
Smaltire una scoria nel linguaggio tecnico significa trovare un luogo ideale per posizionare una scoria che non verrà mai più recuperata; per questo motivo è assolutamente di primaria importanza trovare i siti ideali per tale attività.

Secondo i dati dell'Ispra, in Italia sono presenti circa ventisettemila metri cubi di scorie a bassa attività (cioè quelli contenenti elementi radioattivi con un tempo di dimezzamento inferiore ai 30 anni) e media attività (che decadono in un periodo di tempo dell'ordine delle centinaia di anni), circa cinquemila dei quali sono di origine non energetica, quindi non provenienti da centrali nucleari dismesse.
A questi vanno poi aggiunti i trentamila metri cubi derivanti invece dallo smantellamento delle centrali nucleari e dal riprocessamento dei rifiuti effettuato all’estero, prevalentemente in Francia e Gran Bretagna.

"I nostri criteri", aggiunge Matteocci, "sono addirittura più restrittivi di quelli vigenti negli altri paesi europei. E per lo smaltimento sono previste soluzioni tecnologiche di conclamata efficienza e sicurezza, già in uso all'estero".
In particolare, la guida individua dei criteri di esclusione, per identificare le aree da escludere completamente, e dei criteri di approfondimento, da valutare durante la fase di localizzazione.

Tra i criteri di esclusione, per ovvie ragioni, non troviamo aree vulcaniche attive o quiescenti (una su tutte è l’area del Vesuvio) o aree soggette ad attività sismica.
Sono poi escluse quelle aree contrassegnate dalla presenza di depositi alluvionali che potrebbero contribuire alla dispersione dei rifiuti nelle falde acquifere.
I siti non potranno poi essere localizzati a meno di 5 km dalla costa né in aree naturali protette o troppo vicine a zone abitate. Deve poi essere almeno superiore al km la distanza da autostrade, strade extraurbane principali e linee ferroviarie.

I criteri di approfondimento saranno invece quelli utilizzati per i siti che supereranno i criteri di esclusione sopra citati, ed essi prenderanno in considerazione la presenza di manifestazioni vulcaniche secondarie, di movimenti del suolo anche lievi, di fenomeni legati all’erosione e delle condizioni meteo-climatiche della zona corrispettiva al particolare sito preso in esame.

Per i ricercatori dell’Ispra si prospetta quindi un duro lavoro ma non un minuto sarà considerato sprecato poiché la causa è più che importante.
La legge italiana che riprende la direttiva europea è già particolarmente severa in materia e anche l’ International Atomic Energy Agency ha approvato la carta redatta dall’Ispra.
Sarà poi la società Sogin S.p.A. ad occuparsi della localizzazione dei siti più adatti, la quale dovrà poi redigere una Carta Nazionale delle aree potenzialmente idonee.

Sempre Matteocci spiega come avverrà il processo: "Ci aspettiamo che entro sette mesi la Carta sia pronta. Successivamente sarà valutata e validata dal Ministero per lo sviluppo economico, dal Ministero dell’Ambiente e dal Ministero per le infrastrutture e i trasporti. Dopo l'approvazione della Carta si avvierà la fase della selezione vera e propria delle aree, in cui saranno condotte analisi approfondite su ogni sito per valutare il più idoneo; inoltre, per il rispetto dei cittadini, procederemo secondo i principi di massima trasparenza, confronto e consenso. Abbiamo già previsto un seminario nazionale quando la Carta sarà pronta, per esporne i contenuti".