La foresta Amazzonica e il calo della deforestazione

 

 

Dal Brasile dove si stanno giocando i mondiali balza alla cronaca una bella notizia: l’Amazzonia, il polmone verde della terra, sta attraversando un periodo di ripresa.

La foresta Amazzonica e il calo della deforestazione

Rispetto agli anni ’90, quando venne deforestata un’area di superficie pari alla Spagna per far posto alle coltivazioni, la deforestazione è crollata del 70% (dati del 2009).
Come è avvenuto tale cambiamento nel giro di così pochi anni?
Secondo Dan Nepstad, ricercatore dell’Earth Innovation Institute di San Francisco, il merito è degli interventi messi in campo dal governo brasiliano nel corso degli anni e delle pressioni internazionali operate dalle associazioni ambientaliste; un processo che sembra essere passato attraverso tre fasi ben precise.

In un primo periodo, che va dalla metà degli anni ’90 fino al 2004, il governo avrebbe concentrato gli sforzi su una politica di divieti e restrizioni.
All’epoca si discuteva molto di una legge risalente al 1965 chiamata Brazilian Forest Code, la quale imponeva ai proprietari terrieri di preservare almeno il 50 % della foresta.
Tale restrizione si rivelò però inapplicabile per i mancati controlli e, complice l’innalzamento del prezzo della soia, aumentarono le aree coltivabili a discapito della foresta nativa.

La seconda fase individuata da Nepstad va invece dal 2005 al 2009, periodo in cui il governo brasiliano cercò di aumentare i controlli nella regione.
Il presidente Lula rese la lotta alla deforestazione uno dei capisaldi della sua amministrazione; contemporaneamente si assistette ad un crollo delle esportazioni della soia e ad un miglioramento delle tecniche di allevamento del bestiame che permisero di ridurre le aree destinate alla coltivazione.

Tutti questi fattori iniziarono a dare i loro frutti e la deforestazione iniziò a calare.

L’ultima fase ha avuto inizio invece nel 2009, quando il prezzo della soia è tornato a salire, e l’efficacia delle politiche ambientali brasiliane è stata messa realmente alla prova.
Il governo ha reagito con una strategia punitiva: i coltivatori delle 36 contee con i livelli peggiori di deforestazione sono stati esclusi dai finanziamenti pubblici fino al miglioramento della situazione ambientale nella loro area.
L’atteggiamento del governo si è rivelato efficace, e la deforestazione ha continuato a procedere ai livelli degli anni precedenti.

Il successo del Brasile può quindi rappresentare secondo Nepstad un modello per altri paesi, come l’Indonesia e il Congo, per ora incapaci di contrastare le deforestazione che coinvolge le ricche foreste pluviali all’interno dei loro confini.
Fondamentale perché la politica brasiliane funzionasse è stato però l’appoggio dei mercati, che hanno collaborato nel fare pressione sui proprietari terrieri e sugli allevatori.
Va ricordato infatti che anche se a ritmi minori, la distruzione della foresta amazzonica prosegue ancora, con oltre 5.000 chilometri quadrati di foresta distrutti annualmente.
I responsabili sono principalmente piccoli possidenti, che risentono ben poco dei boicottaggi internazionali.
Il governo brasiliano dovrà quindi trovare nei prossimi anni un modo per convincere anche loro.