Si avvicina l’estate e come ogni anno torna d’attualità il problema meduse per i milioni d’italiani che popoleranno le spiagge sulle nostre coste.
È già da parecchi anni che gli stessi bagnanti si sono accorti dell’aumento di questi animali e se ne sono accorti anche i pescatori che temono questi animali predatori delle uova e delle larve dei pesci.
«Stiamo passando da un mare pieno di pesci a un mare pieno di meduse», ha detto Ferdinando Boero, professore di zoologia e biologia marina dell’Università del Salento e associato al Cnr-Ismar, intervenuto di recente all’Accademia dei Lincei in occasione del convegno sulla Gestione sostenibile del mare Mediterraneo organizzato per la Giornata mondiale dell’acqua. La colpa, anche in questo caso, è però dell’uomo.
La pesca intensiva ha difatti lasciato libere quelle nicchie ecologiche una volta dominio dei pesci che vengono ora occupate delle meduse, le quali proliferano grazie anche al riscaldamento globale.
Non mancano poi le notizie di nuove specie di meduse alloctone (non originarie del Mediterraneo) rinvenute nei nostri mari, come l’esemplare del genere Pelagia (Pelagia benovici) arrivata in Adriatico e mai vista prima nei nostri mari, trasportata nei serbatoi di una nave, la quale indirettamente andrà a modificare i delicati ecosistemi presenti negli ambienti marini.
Dall’altro lato il Mediterraneo continua fortunatamente ad essere un punto caldo o Hotspot come amano chiamarli i ricercatori di biodiversità marina: qui vivono circa 17 mila specie e continuamente se ne trovano delle nuove: il loro numero è il più alto rispetto a quello registrato in altri luoghi in proporzione alla limitata massa d’acqua di questo mare.
Molte sono le specie endemiche, che vivono cioè solo qui, la più importante delle quali è la Posidonia oceanica, una pianta marina che fa fiori e frutti, seguono le spugne con il 48 per cento di endemismo, i crostacei con il 30% e gli ascidiacei con il 19%.