Grandi speranze dal trapianto di staminali nel cervello

Un nuovo sistema per produrre cellule utili per la cura di patologie degenerative grazie alla ricerca dell’Università di Cambridge in collaborazione con il NICO di Orbassano (TO).

Le cellule staminali umane trapiantate possono differenziarsi in neuroni del cervelletto simili a quelle dell’ospite. È il risultato di oltre due anni di ricerche svolte dal gruppo di ricerca di Austin Smith, professore dell’Università di Cambridge e direttore del Cambridge Stem Cell Institute, con la collaborazione di Ketty Leto e Ferdinando Rossi, ricercatori del NICO, Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi dell’Università di Torino.

Trapianto staminali cervellettoLa ricerca, pubblicata sul Journal of Neuroscience, fornisce un’importante dimostrazione delle proprietà di alcune cellule staminali isolate dal tessuto nervoso umano ai primi stadi di sviluppo embrionale. I ricercatori hanno dimostrato infatti che cellule isolate da specifiche regioni del cervello - in particolare dal cervelletto - possono essere mantenute e moltiplicate in vitro per lungo tempo, senza perdere le caratteristiche originali.

L’Università di Cambridge ha affidato ai ricercatori del NICO- tra i pochi in Europa con una consolidata esperienza in questo delicatissimo campo -il trapianto delle cellule staminali umane nel cervelletto di topi neonati. Gli esperimenti, durati alcuni anni, hanno confermato che le cellule trapiantate sono capaci di differenziarsi in neuroni del cervelletto simili a quelli dell’ospite.

Cervelletto - sezioneL’isolamento di questa linea di cellule staminali offre un nuovo sistema sia per studiare i meccanismi di sviluppo nel cervelletto umano, sia per produrre tipi cellulari specifici, facilmente differenziabili (di cui si può controllare il differenziamento) e ampiamente stabili.

“A differenza dei trapianti di questo tipo fatti finora - spiega il prof.Ferdinando Rossi, direttore del NICO, le cellule così prodotte hanno il vantaggio di essere omogenee, e quindi a lungo termine utilizzabili efficacemente per la cura di patologie degenerative, come nel caso delle atassie spino-cerebellari. Si tratta di un risultato molto significativo- conclude Rossi - perchè dimostra che la ricerca sulle staminali, se condotta in modo serio, produce risultati certi e dimostrabili, anche se questo comporta anni di lavoro e di attesa. Dimostra infine l’importanza di sostenere, anche a livello europeo, collaborazioni tra ricercatori con competenze ed esperienze complementari”.