Secondo uno studio di Antonio De Simone della SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati diTrieste) e Marino Arroyo dell’Università Politecnica della Catalogna, pubblicato sul Journal of the Mechanics and Physics of Solids, i robot del futuro saranno sempre più simili agli organismi biologici e potranno essere così piccoli da entrare nel nostro corpo.
Il team in particolare si è focalizzato su una classe di protisti (né animali, né vegetali), microrganismi unicellulari acquatici, diffusi in acque ferme, dolci o salmastre, gli euglenidi. Essi hanno un movimento chiamato “metaboly” che si differenzia dal più canonico metodo di locomozione tramite flagelli. Il movimento è particolare perché è il risultato di grandi deformazioni dell’animale.
Alla base di questo moto vi è uno scorrimento delle pellicole che coprono la superfice esterna degli euglenidi. Attraverso un modello matematico, il gruppo di De Simone ha studiato nel dettaglio questo movimento osservando quattro video al microscopio e ne ha descritto meccanica e caratteristiche, provando a simulare il movimento degli euglenidi al computer.
Solamente imitando i tessuti biologici i micro-robot potranno arrivare laddove l'ingegneria tradizionale non può: alle dimensioni cellulari.
Proprio come questi microscopici esseri viventi, i micro-robot potranno muoversi all'interno del nostro organismo svolgendo importanti funzioni per la nostra salute, come veicolare i farmaci direttamente dove sono necessari, riaprire vasi sanguigni ostruiti, contribuire alla chiusura delle ferite e molto altro.
II lavoro è un esempio di quello che gli scienziati chiamano "ingegneria inversa" (o biomimetica) e cioè la progettazione di tecnologia a partire dall’osservazione della natura (l’esempio più famoso è il velcro, copiato da certi semi che si “attaccano” come la bardana).