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Uomini e donne: le differenze ci sono, e si vedono!

Un recente studio condotto da ricercatori torinesi e britannici dimostra che effettivamente le differenze tra i sessi esistono e influenzano l'attività quotidiana

Dai tempi di Darwin, il dibattito non si è mai sopito. Uomini e donne sono sottoposti a pressioni evolutive diverse e a separare i due sessi c'è un solco profondo, sosteneva il naturalista. Tesi smussata in tempi recenti. Nel tentativo di raggiungere posizioni politically correct, infatti, negli ultimi anni ci si è dati da fare per sfumare le differenze e declassare al rango di boutade la tesi secondo cui le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte. A riportare i due pianeti alla giusta distanza ci pensa ora uno studio italiano.

Marco Del Giudice, psicologo dell'Università di Torino, scrive sulla rivista Public Library of Sciences che lo scarto fra i due sessi esiste, eccome. L'idea che ci siano solo piccole differenze di personalità fra uomini e donne va ripensata perché basata su metodi inadeguati. differenze di genere

La ricerca è stata condotta da Del Giudice con due colleghi della Manchester Business Schoolsu un campione di 10mila americani e su 15 diversi tratti della personalità. La discrepanza maggiore riguarda la sensibilità, tradizionale dominio femminile. Le donne registrano valori molto alti anche per quanto riguarda il calore e l'apprensione, mentre gli uomini si distinguono per equilibrio emotivo, coscienziosità e tendenza alla dominanza. Perfezionismo, vitalità e tendenza all'astrazione vedono invece la quasi totale parità fra i sessi. "I maschi - spiega Del Giudice - si descrivono come più stabili emotivamente, più dominanti, più legati alle regole e meno fiduciosi, mentre le femmine si vedono come più calde emotivamente, meno sicure di sé e più sensibili".

La ricerca torinese ribalta quello che era considerato l'ultimo grido in fatto di studi sui rapporti fra uomini e donne. Dall'Università del Wisconsin nel 2005 la ricercatrice Janet Shibley Hyde aveva infatti scritto in maniera molto assertiva che maschi e femmine sono uguali, fatta eccezione per piccole variabili psicologiche. Le teoria dei due mondi separati domina i mezzi di comunicazione popolare.  La ricercatrice se la prendeva in particolare con il libro di John Gray del 1992 "Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere", che 6 anni fa aveva venduto già 30 milioni di copie ed era stato tradotto in 40 lingue, e con quello di Deborah Tannen "Perché non mi capisci?" secondo cui i due sessi hanno modi di parlare completamente diversi fra loro.

Mentre per quanto riguarda la sessualità o i criteri di scelta del partner c'è accordo sul solco che divide uomini e donne, l'analisi dei tratti della personalità è sempre stato terreno di contesa. I dati raccolti ribaltano la concezione secondo cui le differenze di genere nella personalità sono trascurabili. Spiega oggi Del Giudice che a differenza di altri studi, questa ricerca analizza le caratteristiche dei due sessi in modo più preciso. E si è osservato che le differenze aumentano nettamente se invece di misurare un tratto alla volta si prendono in considerazione tutte le variabili insieme.

Il risultato, aggiunge lo psicologo torinese, è che "i profili di personalità tipici dei maschi e delle femmine si sovrappongono solo per il 10-20 per cento. Si tratta di una differenza di grandi dimensioni, anche se ovviamente parliamo di profili statistici che non descrivono le singole persone e lasciano spazio alle eccezioni". 

Come mai conclusioni cosi diametralmente opposte sullo stesso argomento? Come già accennato da Del Giudice, lo studio originale di Hyde ha guardato e confrontato i dettagli, mentre quello italiano si è allargato alla globalità (per la precisione Del Giudice e colleghi hanno adottato un’analisi multivariata, mentre Hyde ha analizzato i singoli tratti facendone poi una sorta di media).

Qual è lo scopo di studi come questi? Gli autori lo dichiarano apertamente, serve a definire con maggiore precisione se, quali e quante siano le differenze di personalità fra uomo e donna, per capire appunto se esistano pressioni selettive che hanno portato alla differenziazione fra i due sessi nel corso dell’evoluzione.

Alla questione delle pressioni selettive gli autori infatti dedicano un intero paragrafo del paper. Qualche riga più sotto però aggiungono che, naturalmente, l’esistenza di ampie differenze sessuali non costituirebbe, di per se, la prova che la selezione sessuale ha avuto un ruolo diretto nel dar forma alla personalità umana. Per esempio, aggiungono, sono state avanzate teorie alternative in cui la selezione è responsabile delle differenze fisiche ma non di quelle psicologiche, che sarebbero invece da ricercare in fattori sociali legati ai modelli sul ruolo dei sessi.

Allargando ancora di più la prospettiva diventa però interessante fare una considerazione. Gli studi che misurano le differenza uomo/donna servono per capire se queste differenze ci sono e se in ultima analisi abbiano una base fisiologica (genetica) o culturale. Tutto questo, allontanandoci ancora di più dal dettaglio delle ricerche stesse, per comprendere poi le politiche da adottare.male and female

Uno dei grandi nodi da sciogliere nelle nostre società moderne è infatti la questione di genere sulle carriere professionali e ancora a monte su quelle scolastiche e formative in genere. Esiste tuttora grande disparità, per esempio sono di meno (parlando in maniera totalmente grossolana) le donne che scelgono carriere scientifiche rispetto agli uomini. Come dire, alle donne non piace la matematica. Forse perché non sono portate?

Uno studio di non molto tempo fa (attenzione a non confrontarlo direttamente con i lavori di Del Giudice e Hyde, che si riferiscono alla personalità mentre questo valutava le capacità cognitive) ha per esempio dimostrato che sostanzialmente non ci sono differenze fra le prestazioni in matematica fra maschi e femmine, ma invece varia molto la percezione (egoriferita) su queste prestazioni (e suggerisce che esistano differenze culturali su questo fronte). Anche un’altra ricerca ha dimostrato che se si modifica l’aspetto motivazionale mentre gli studenti svolgono un problema di fisica la differenza si annulla. La questione è molto delicata e va valutata in un quadro ampio che tenga conto dei fattori culturali.

È importante comprendere l’entità delle differenze di genere e se lo facciamo allo scopo di comprendere se le pressioni selettive abbiano creato una base genetica per queste differenze (come si evince della studio di Del Giudice), e quindi in ultima analisi per capire se sia lecita una specializzazione “funzionale” fra i due sessi (le donne dovrebbero dedicarsi all’insegnamento e gli uomini a fare gli ingegneri?). Sarebbe interessante che entrambi i paradigmi metodologici proposti da Hyde e Del Giudice venissero testati per esempio su popolazioni di cultura diversa, per vedere se l’entità delle differenze sia variabile.

 

 

 

 

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