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La proteomica

La proteomica è una nuova parola recentemente coniata per descrivere lo studio dei complessi proteici che si formano nel tempo in un dat tipo cellulare e che ne causano la specificità d'azione.

La straordinaria mole di informazioni che si è ottenuta grazie al sequenziamento del genoma umano costituisce una premessa imprescindibile per la conoscenza dei vari geni dell'organismo e delle loro eventuali alterazioni patologiche.

Il sequenziamento del genoma umano ha aperto nuove frontiere alla ricerca medica, ma da solo non è sufficiente per descrivere compiutamente le caratteristiche biologiche e i processi molecolari che avvengono nell'organismo né permette di individuarne le ragioni, le cause e di conseguenza le terapie per le patologie umane.

Il motivo dipende dal fatto che benché le funzioni degli organismi viventi dipendono dai loro geni, a livello molecolare i giochi si svolgono soprattutto a livello delle proteine.

Infatti, conoscere la sequenza del DNA umano è indispensabile perché è da questa che le proteine sono prodotte, ma non basta in quanto la relazione tra i geni e le proteine non è né semplice né diretta.

Spesso, del resto, la sequenza di una proteina non è scritta nel DNA in modo contiunuo e lineare, ma è spezzettata e distribuita in punti diversi e i polipeptidi che derivano da ciascun tratto possono entrare a far parte di proteine differenti assemblandosi variamente con altri polipeptidi.

Frequentemente poi, le sequenze geniche sono sovrapposte e i filamenti di RNA messaggero che ne derivano possono essere tagliati in modo diverso dopo la trascrizione.

Le proteine appena sintetizzate possono infine andare incontro a tutta una serie di modificazioni chimiche quali l'aggiunta di propaggini zuccherine o di code lipidiche, di gruppi eletricamente carichi o altamente reattivi che ne influenzano l'attività in modo critico.

Se uno qualsiasi di questi passaggi non avviene come dovrebbe l'organismo ne riceve un danno, da cui ne consegue che le malattie che si manifestano come espresione diretta di una modificazione genetica sono in realtà molto poche rispetto all'universo di quelle possibili.

Per poter capire come funzionano effettivamente le cose a livello cellulare si devono prendere in esame le proteine e non soltanto una o poche per volta come è stato fatto finora, ma tutte quelle presenti in una cellula in un dato momento o perlomeno tutte quelle coinvolte nel fenomeno molecolare che si intende studiare.

Questo insieme di proteine viene indicato con il termine di proteoma e la proteomica è la scienza che se ne occupa.

Si tratta di termini piuttosto giovani coniati non più di un decennio fa per dare un nome a un concetto che era chiaro da tempo a tutti i biologi ovvero che i fenomeni cellulari sono eventi complessi che possono essere compresi solo se si tiene conto di tutti i fenomeni coinvolti.

Se la proteomica si è poi fatta attendere dipende solo dal fatto che prima mancavano le tecniche analitiche adeguate per affrontare la complessità e soprattutto mancava quello straordinario punto di riferimento che è rappresentato dalla mappa del genoma umano.

Diversamente dal genoma infatti che è lo stesso per tutte le cellule del nostro organismo, il proteoma cambia in continuazione.

Istante per istante in relazione al tipo di cellula considerata, alla sua specifica attività, alle sue necessità metaboliche, al suo stadio di sviluppo e alla sua età le proteine che la costituiscono sono diverse per qualità e quantità.

Studiare il proteoma o meglio i proteosomi è quindi un'impresa piuttosto ardua perché si ha a che fare non solo con un numero imprecisato di elementi molti dei quali ignoti, ma anche con un sistema molecolare estremamente dinamico.

Come se non bastasse, le diverse proteine possono essere presenti in concentrazioni molto differenti e quindi richiedere una calibrazione molto fine dei protocolli sperimentali in modo da consentire che tutte possano essere risolte ed evidenziate contemporaneamente.

Per cercare di ridurre questa complessità i ricercatoro hanno deciso per ora di circoscrivere il campo concentrandosi su proteomi più piccoli.

E' di poco tempo fa infatti la notizia della caratterizzazione del proteoma del mitocondrio, un organello cellulare a forma di fagiolo che rappresenta la centrale energetica della cellula e ne può essere isolato e studiato indipendentemente.

Ancora in via di definizione è invece il proteoma dell'apparato di Golgi, un sistema di sacchetti membranosi sovrapposti localizzato nel citoplasma cellulare che le proteine attraversano per essere modificate opportunamente con l'aggiunta ad esempio di molecole di zucchero.

Oltre ai proteomi delimitati da precisi confini fisici, i ricercatori si stanno concentrando su quelli che vengono definiti come i proteomi funzionali.

Questi sono costituiti da proteine più o meno libere di muoversi all'interno della cellula, ma coinvolte in uno stesso fenomeno cellulare o in una stessa via biochimica.

Infatti, affiché abbia luogo una certa reazione chimica è necessario che più proteine interagiscano e si associno tra loro a formare macchine molecolari più articolate.

Per affrontare simili problematiche si è dovuto cambiare il metodo utilizzato per studiare le proteine sia in termini di approccio concettuale sia soprattutto dal punto di vista tecnologico.

E' così che negli ultimi dieci anni sempre più ricercatori in tutto il mondo sono passati dall'analisi di una o poche proteine per volta all'analisi di interi proteomi.

Parallelamente sono stati sviluppati sistemi sempre più sensibili e sempre più adatti a gestire contemporaneamente un gran numero di elementi.

Tra le nuove tecnologie maggiormente utilizzate in laboratorio, la spettrometria di massa, una tecnica nota ai chimici già da tempo, che oggi è stata opportunamente modificata per consentire l'identificazione, la caratterizzazione e il parziale sequenziamento delle proteine.

Ad affiancarla e integrarla contribuiscono tecniche ormai consolidate quali l'elettroforesi su gel bidimensionale (2DE) e la cromatografia liquida ad alta risoluzione (HPLC).

Avere poi banche dati di riferimento che contengano tutte le possibili sequenze geniche espresse è fondamentale per correlare ogni nuova proteina individuata al gene corrispondente ma servirebbe a poco se non si avessero a disposizione contemporaneamente strumenti bioinformatici ed algoritmi capaci di eseguire le ricerche, i confronti e le elaborazioni complesse in tempi rapidi.

Combinando sistemi di analisi proteica complessa e di bioinformatica è possibile stabilire quali proteine sono presenti nella cellula o in una sua parte in un determinato momento e quindi darne una prima caratterizzazione.

Con le tecniche di proteomica quantitativa è possibile avere un'idea delle quantità relative delle diverse proteine di un singolo proteoma e confrontarle con quelle presenti nella stessa cellula in stadi cellulari diversi o dopo il trattamento con un particolare farmaco, oppure valutare le differenze tra i proteomi di cellule sane o malate.

Benché non esista ancora una tecnologia ideale per gli studi di proteomica, con quelle disponobili si riesce già oggi ad ottenere un buon numero di risultati.

Conoscere l'insieme delle proteine di una cellula è indispensabile quando ci si confronta con delle malattie sia dal punto di vista diagnostico, ovvero dalla capacità di riconosce con la maggiore rapidità ed efficienza possibile la presenza di una patologia, sia da quello terapeutico, per metter a punto approcci specifici ed effettivamente curativi.

Le aree in cui si sta investendo di più sono quelle che comprendono le malattie ad alto impatto epidemiologico come i tumori, le patologie cardiovascolari, quelle neurologiche, le terapie del dolore e il diabete.

A livello diagnostico la proteomica è estremamente utile perché molto spesso la presenza di una malattia si accompagna fin dagli stadi iniziali alla produzione di proteine specifiche o alterate in modo cratteristico.

Per esempio, con tecniche di proteomica è stato allestito un test diagnostico capace di identificare la psoriacina, una proteina presente nelle urine di pazienti affetti da un tumore alla vescica chiamato carcinoma a cellule squamose fin dagli stadi più precoci della malattia.

La possibilità, invece, di rilevare una variante dell'alfa-fetoproteina nel sangue ha migliorato enormemente la diagnosi del tumore epatico.

Inoltre le nuove informazioni derivanti dalla combinazione di proteomica e bioinformatica consentiranno di progettare al computer farmaci mirati e quindi dotati della massima efficacia, efficienza e tollerabilità.

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