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L’agricoltura di domani ragiona al passato

Aumento della popolazione mondiale, agricoltura bisognosa di risorse sempre più limitate e costose per produrre cibo per tutti, degrado dei suoli e dell’ambiente: l’agricoltura di conservazione propone le sue soluzioni.

Il suolo è stato considerato nel tempo, ma soprattutto nei tempi più recenti, il supporto inerte per un gran numero di attività umane, prima tra tutte l’agricoltura. Nel XX° secolo il diffondersi dell’agricoltura intensiva ne ha pesantemente compromesso le caratteristiche: lavorazioni profonde, fertilizzanti, antiparassitari hanno interessato, modificandola, questa parte della crosta terrestre con conseguenze già note da tempo: degradazione della struttura, erosione, perdita di fertilità, inquinamento. Senza tenere quindi minimamente in conto che lo strato agrario pullula di vita nascosta, e quanta ce n’è! Si è calcolato che la biomassa dei vermi che abitano lo strato agrario equivalga, in peso, a quello di tutti gli animali terrestri. Se poi si contano le formiche, i moltissimi insetti terricoli, i funghi, i batteri…L’agricoltura convenzionale ha sempre tolto, sfruttato i terreni, senza preoccuparsi di restituire materia organica e conservare la biodiversità esistente.

Noccioleto inerbito L’agricoltura di conservazione rappresenta il nuovo approccio allo sfruttamento di questa porzione del pianeta in modo più compatibile con la sua origine e la sua matrice naturale. Il terreno costituisce infatti un vero e proprio ecosistema in cui vivono i vegetali con le loro radici, animali di medie, piccole e piccolissime dimensioni, microrganismi, funghi e migliaia di kilometri di micorrize, le microscopiche associazioni di funghi e vegetali che rappresentano una dotazione naturale di per circa l’80% degli apparati radicali delle piante, che se ne giovano per migliorare l’assorbimento delle sostanze nutritizie dalla soluzione circolante nel terreno. L’obiettivo di preservare il terreno in modo da sfruttare la sua naturale capacità di autoregolarsi è alla base dei tre principi fondamentali della nuova agricoltura.

In primo luogo occorre evitare qualunque azione di disturbo di tipo chimico- fisico-meccanico al terreno, sostituendo le lavorazioni tradizionali con l’attività biologica dei miliardi di organismi e microrganismi che lo abitano. Meno macchine, meno carburante, meno fertilizzanti: una tripletta che non solo serve a non maltrattare il suolo, ma che porta, secondo gli esperti, anche vantaggi economici agli agricoltori.

Vigneto con leguminose da sovescio Secondo obiettivo mantenere una copertura vegetale sui terreni coltivati. L’erba che cresce naturalmente o i residui delle colture precedenti aiutano a mantenere il cosiddetto mulch, ovvero un tappeto naturale che ricopre il suolo, ricco di materia organica in cui la formazione di humus viene continuamente rinnovata e che funziona da protezione contro l’erosione dovuta all’azione dell’acqua.

A completamento delle due precedenti, l’agricoltura di conservazione prevede il ricorso sistematico alla rotazione delle colture, che consente al suolo di rigenerarsi. L’alternanza di colture diverse, che assorbono dal terreno i nutrimenti in quantità variabile secondo le specie e lasciano anche residui di varia composizione, permette il ricostituirsi della sua dotazione naturale, limitando anche il diffondersi di malattie e parassiti specifici legati ad una o poche colture ripetute.

Ci sono numerosi enti che stanno valutando l’efficacia dell’agricoltura di conservazione nel mondo, soprattutto nelle zone dove le necessità di ripristino delle condizioni normali sono più impellenti (Asia e Africa) o dove l’estensione delle aree coltivate (Argentina e Brasile) ne rende più facile l’applicazione. Il CIRAD - Centre de coopération internationale en recherche agronomique pour le développement – opera già da anni sul fronte sperimentale in questo settore: dai risultati delle prove in campo condotte nei paesi in via di sviluppo sarà possibile fare una valutazione oggettiva delle tecniche più soddisfacenti nelle situazioni locali e avere indicazioni per procedere alle applicazioni sul suolo occidentale. Qui la transizione dai metodi intensivi alle nuove proposte non si presenta facile: occorre superare una serie di ostacoli non solo dovuti alle condizioni ambientali, ma soprattutto di tipo socio-culturale, economico e, sul lungo termine, istituzionale e politico. Finora gli elevati rendimenti delle colture, ottenuti ricorrendo massicciamente a lavorazioni e mezzi chimici, hanno rappresentato l’obiettivo dell’agricoltura occidentale. Da oggi in poi pensare ad una riduzione delle quantità prodotte (si stima un 10-15% in meno), in forte controtendenza rispetto al passato prossimo, ha sicuramente un impatto negativo. Per trovare le soluzioni più idonee a rendere accettabile la trasformazione sono al lavoro i ricercatori del progetto Kassa e del progetto SoCo, che stanno mettendo a punto gli strumenti per un cambiamento nel modo di gestire l’agricoltura che di presenta lungo e faticoso, nonostante all’orizzonte appaiano concreti i risultati in materia di sostenibilità.

Per approfondimenti

Cirad http://www.cirad.fr/fr/le_cirad/index.php

Progetto Kassa http://kassa.cirad.fr/

Progetto SoCo http://soco.jrc.ec.europa.eu/

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