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Giovanni Plana: una via del centro

Una via di Torino è dedicata a Giovanni Plana, un noto personaggio di cui Piero Bianucci ripercorre la vita e i meriti.

La strada che Torino ha dedicato all’astronomo Giovanni Plana parte dal lato sud-ovest di piazza Vittorio Veneto e prosegue fino a incrociare via Giolitti, dove si affaccia sulla deliziosa e appartata piazza Maria Teresa, correndo parallela a via della Rocca: siamo in un quartiere oggi abitato dall’alta borghesia e da artigiani di nobili commerci (arte, antiquariato, gioielli) con prezzi, non a caso, astronomici. Soffermiamoci qui, senza fare acquisti, nel nostro peregrinare per l’ideale «science center» toponomastico.

Giovanni Antonio Amedeo Plana nacque a Voghera da Antonio Maria e Giovanna Giacoboni nel 1781, l'anno in cui William Herschel scoprì Urano.

Giovanni Antonio Amedeo Plana

Quindicenne, manifestò simpatia per le idee della Rivoluzione Francese e dovette lasciare il Regno Sabaudo per trasferirsi a Grenoble, dove divenne amico dello scrittore Henri Beyle Stendhal. A Parigi fu poi allievo di Lagrange, Laplace e Legendre. Rientrato in Italia, divenne professore di matematica alla Scuola imperiale di Artiglieria e nel 1811 ottenne la cattedra di astronomia all'Università di Torino, incarico che terrà per cinquant'anni: dove si vede che l'attaccamento accademico al potere non è cosa nuova. In questo caso però c'è una valida giustificazione nel fatto che Vittorio Emanuele I il 15 novembre 1817 lo nominò "astronomo reale", carica a vita mutuata dall'illustre esempio dell'Inghilterra.

Fu Plana a trasferire i modesti strumenti dell'Osservatorio di Torino dal Palazzo dell'Accademia delle Scienze alle torri di Palazzo Madama, sede che resisterà fino ai primi decenni del Novecento, quando diventerà inevitabile il trasferimento sulla collina di Pino Torinese. Monumentali sono i suoi tre volumi sulla "Teoria del movimento della Luna", generati da lavori condotti inizialmente con il Carlini, dal quale Plana si staccherà in seguito a contrasti umani e scientifici: il nostro non aveva un carattere facile, litigò anche con Laplace a proposito delle disuguaglianze osservate nel moto di Giove e Saturno, problema sul quale peraltro l'interpretazione del francese era sbagliata, mentre il Plana aveva visto bene.

Con i Lagrange, Giovanni Plana si imparentò sposando nel 1817 Alessandra Maria, figlia del matematico Michele Agostino Lagrange, che era fratello del più famoso Joseph Louis. Da lei ebbe il piccolo Luigi, morto improvvisamente a tre anni, e Sofia, che visse più a lungo ma ebbe un'esistenza tutt'altro che felice. Lui fu invece attivo fino all'età più avanzata: si spense il 20 gennaio 1864 a 83 anni, e ancora pochi giorni prima aveva tenuto una conferenza all'Accademia delle Scienze.

Più che gli insigni lavori di meccanica celeste, del Plana qui ci piace ricordare un curioso calendario. Oggi i calendari li fanno le "veline" di "Striscia la notizia" e durano poco: presto arrivano nuove grazie e nuove bronzee rotondità. Plana, invece, realizzò un calendario valido per 4000 anni. Lo custodisce nella sua sagrestia la Cappella dei Banchieri e dei Mercanti, in via Garibaldi 25 a Torino, accanto alla chiesa dei Santi Martiri presidiata dai gesuiti. E' un oggetto che risale al 1831 ma per certi versi singolarmente anticipatore di tecnologie applicate molto tempo dopo nei computer.

La cappella dei banchieri e dei mercanti

Questo «Calendario Meccanico Universale» costruito essenzialmente con legno e carta, è una straodinaria macchina del tempo che racchiude 46 mila dati in memorie a tamburo, a disco e nastro. Tramite un ingegnoso sistema di ruote dentate, catene e viti senza fine, si può identificare un giorno qualsiasi dall'anno 1 dell'era cristiana fino all'anno 4000.

Le difficoltà che Plana dovette superare sono parecchie, sia concettuali sia tecnico-pratiche. Tanto per citare qualcuna delle prime, la settimana è una convenzione ed è l'unico fattore che non cambia mai; il mese lunare è un dato astronomico, il mese solare è una convenzione e ha durata variabile da 28 a 31 giorni, le stagioni sono legate a eventi astronomici ma hanno durata diseguale, il secolo ha durata convenzionale e non ha nulla a che vedere con la realtà fisica. Evidentemente un calendario universale deve mettere d'accordo tutte le bizzarrie di questi periodi, restii ad ammettere un comune denominatore.

Come se non bastasse, la riforma introdotta nel 1582 da Papa Gregorio XIII segna una rottura rispetto al calendario Giuliano: grazie ad essa il 2000 è stato anno bisestile in quanto divisibile per 400, mentre non lo fu il 1900 e non lo sarà il 2100. Ma c'è di più: per mettere d'accordo il cielo e il calendario, Gregorio XIII dovette stabilire che a giovedì 4 ottobre 1582 seguisse immediatamente venerdì 15 ottobre. Il calendario di Plana, quindi, deve tener conto anche dei 10 giorni mai esistiti, probabilmente gli unici nei quali l'umanità non abbia commesso crimini.

Oltre a conciliare giorni, settimane, mesi, anni, secoli, lune, solstizi ed equinozi, un calendario «cattolico» di lungo periodo deve rispettare anche le festività fisse e mobili. Cosa complicata. Il giorno siderale dura 23 ore, 56 minuti, 4 secondi e qualche frazione. In più, la rotazione della Terra su scala secolare tende a rallentare e ha altre oscillazioni minori, che qui possiamo ignorare. Il mese lunare (e un calendario di solito dà informazioni sulle fasi lunari, anche perché da esse dipende la data della Pasqua) dura 29 giorni, 12 ore, 44 minuti, 2 secondi e 8 decimi: questo intervallo che separa due Lune nuove non coinciderà mai con i mesi solari convenzionali (sette di 31 giorni, quattro di 30 e uno di 28, che diventa di 29 negli anni bisestili). Le stagioni hanno inizio con gli equinozi di primavera e d'autunno e i solstizi d'estate e d'inverno, ma poiché l'orbita della Terra è ellittica e quando il pianeta è più vicino al Sole (all'inizio di gennaio) si muove più velocemente di quando ne è più lontano (intorno ai primi di luglio), l'estate dura all'incirca due giorni più dell'inverno; in ogni caso gli inizi delle stagioni sono convenzionalmente fissati al 21 marzo, 21 giugno, 23 settembre e 22 dicembre. L'anno, infine, ha una durata di 365 giorni, 48 minuti e 45 secondi, ma anch'esso subisce lievi oscillazioni dovute al combinarsi dell'attrazione gravitazionale dei pianeti. Quanto al secolo, con la riforma di papa Gregorio XIII (1582), divenne variabile per via del giorno bisestile che manca nei secoli non divisibili per 400.

Tenendo conto di questi dati, si può calcolare che avremo un "ciclo solare" che si ripete identico dopo 28 anni. Ad esempio, per ottenere la prima domenica di marzo di un qualsiasi anno dell'era giuliana (dall'anno 1 al 1582) basterà dividerlo per 28 e applicare una semplice tabella. Nell'era gregoriana la tabella dovrà essere modificata ma le date si ripetono ugualmente ogni 28 anni. C'è poi un "ciclo lunare" derivante dal fatto che l'anno solare, di 365 giorni che formano 12 mesi, mal si concilia con i 354 giorni dati da 12 lunazioni, tanto più che ci sono i rotti: di qui la lunazione embolistica, che porta ad anni con 13 lunazioni. Ma nell'arco di 19 anni solari si hanno esattamente 19 x 12 lunazioni normali e 6 embolistiche per un totale di 6.939 giorni. Risparmierò ai già troppo pazienti lettori il calcolo dell'epatta e della "lettera domenicale" necessario per ottenere la data della Pasqua e delle altre feste mobili (Settuagesima, Ceneri, Ascensione, Pentecoste, S.S. Trinità, Corpus Domini). Basti dire che il Plana nel suo calendario sbrogliò tutta questa intricata matassa. Non stupiamoci se poi gli veniva da comportarsi in modo un po’ troppo burbero e scostante.

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