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Radici senza terra

Il terreno oggi non è l’unico substrato per coltivare le piante, anche se per quasi tutta la storia dell’uomo lo è stato. Ci sono i cosiddetti sistemi “fuori suolo”, ideali per piante coltivate di piccola taglia, con apparati radicali di dimensioni limitate, come in molti casi delle colture tipiche dell’orto- floro vivaismo.

I sistemi “fuori suolo”, ovvero non vincolati al substrato tradizionalmente destinato ai vegetali, hanno storia recente e nascono per eliminare molti problemi che il terreno per coltivare presenta, tra cui dominano la stanchezza del terreno, le fitopatie telluriche e i processi di salinizzazione secondaria.

Il suolo destinato alle pratiche di coltivazione manifesta stanchezza se sostiene una medesima coltura per un certo tempo. Le piante coltivate su terreno che è affetto da stanchezza evidenziano sintomi caratteristici che vanno dallo stato di sofferenza progressivo, al rallentato accrescimento e alla ritardata entrata in produzione fino alla morte. Il fenomeno è più appariscente per alcune colture, come le leguminose, meno per altre, come i cereali. Il manifestarsi della stanchezza dipende da innumerevoli cause, alcune delle quali ancora poco note: ciascuna specie assimila selettivamente e in quantità variabile i principi nutritivi presenti nel terreno cosicché se la coltura si ripete a se stessa, si genera un progressivo impoverimento per alcuni componenti. Inoltre, ciascuna coltura ha un apparato radicale tipico della specie, che esplora in un certo modo il terreno, che tende perciò ad assumere una struttura particolare e a volte a compattarsi. Le radici stesse diffondono nel terreno escreti del loro metabolismo, tossici per la pianta stessa e per le altre. Infine la coltivazione ripetuta tende a favorire lo sviluppo dei parassiti e patogeni specifici, che nel tempo si selezionano in quel particolare ambiente. Il ripetersi o il permanere di una coltura, erbacea o arborea, genera perciò alcuni effetti negativi: le piante coltivate perdono gradualmente vigoria e più facilmente vengono invase da altre specie infestanti; il terreno tende a diventare asfittico e a favorire lo sviluppo di microbi anaerobi; le sostanze tossiche si accumulano, con effetti negativi sulle colture; la lotta a parassiti e patogeni diventa sempre più difficile.

Le fitopatie telluriche sono causate da microrganismi che si riproducono nel terreno (funghi del genere Fusarium o Sclerotinia) : una volta avvenuta la prima infestazione possono trasmettersi alle piante su di esso coltivate nel tempo.

Quando si parla di salinizzazione, infine, è possibile distinguere due diverse origini: se l’accumulazione di sali nel suolo deriva dall’azione combinata di fattori naturali, come tipo di terreno, clima e precipitazioni, che interagiscono attraverso complessi processi di natura fisico-chimica, si fa riferimento alla cosiddetta salinizzazione primaria. Se invece nei processi prevalgono fattori portati artificialmente dall’uomo, come nel caso dell’irrigazione, la salinizzazione viene considerata secondaria.

Schematizzazione sistema NFT Tenuto conto di queste considerazioni, sono state studiate e messe a punto nuove tecniche che o aboliscono del tutto il substrato, quando si utilizza solo una soluzione nutritizia, o che ricorrono a materiali inerti, come la vermiculite o la lana di roccia. Altri vantaggi offerti dalle coltivazioni fuori suolo consistono inoltre nell’ eliminare alcune pratiche colturali, come la rotazione o la sterilizzazione del terreno, nell’aumentare la produttività ed introdurre l’automazione per determinate operazioni.

Il problema principale per le colture fuori suolo, con substrato o senza, è che hanno comunque bisogno del necessario nutrimento: anziché trarlo dalla soluzione circolante nel terreno, deve arrivare loro attraverso una soluzione nutritizia che raggiunge le radici. Nella pratica vivaistica, dove c’è sempre stata avanguardia in questo settore, la miscela di acqua e nutrienti può essere utilizzata con ciclo chiuso, e perciò riciclata, o a ciclo aperto. Tra le due, la prima soluzione ha senz’altro dei benefici a livello economico, perché si riducono i costi per acqua e fertilizzanti, e ambientale, perché c’è risparmio della risorsa acqua e minore impatto delle molecole chimiche sull’ambiente.

Tra i sistemi più innovativi per la coltivazione fuori suolo c’è il sistema galleggiante, utilizzato per colture orticole come insalatine o piante aromatiche. Prevede che le piantine siano alloggiate in supporti in polistirene che galleggiano all’interno di apposite vasche in cui è contenuta la soluzione nutritizia. I semi delle piante coltivate sono sistemati all’interno di piccole buche ricavate nel polistirene, in cui c’è un substrato, come la vermiculite, che offre il necessario supporto fisico alla pianta che nascerà. Le radici pescano il nutrimento dalla sottostante soluzione. La soluzione viene man mano esaurita durante il ciclo colturale e perciò deve essere reintegrata periodicamente.

La tecnica NFT si basa invece sul riutilizzo della soluzione nutritizia che scorre in canalette che hanno una leggera pendenza. In questo caso, si usano piante già formate che vengono trapiantate in cubetti di lana di roccia sistemati all’interno delle canalette. Con la crescita delle piantine, il sistema radicale esce dai cubetti e pesca nutrimento dalla soluzione che continuamente scende in strato sottile. Il riciclo della soluzione prevede che ci sia un controllo costante per evitare infezioni o per applicare eventuali correzioni quando la composizione non risulta più adeguata.Applicazione sistema NFT su pomodoro

Per le piante orticole o floricole di maggiori dimensioni si ricorre ad un substrato solido, che conferisce alla pianta una maggiore stabilità. Anche in questo caso si ricorre all’utilizzo di una soluzione nutritizia, che, opportunamente drenata, può essere riciclata o meno. I substrati solidi, che sono sistemati all’interno di contenitori di vario tipo, hanno subito un’evoluzione nel tempo: si è passati dalla sabbia o ghiaia, alla torba, più aerabile, ed oggi la gamma a disposizione è veramente ampia. Ci sono materiali organici, che comprendono la fibra di cocco, le fibre di legno, la poseidonia, la torba leggera, ecc., gli inorganici, rappresentati da vermiculite - un minerale non tossico che si espande con l’applicazione di calore - , la perlite - derivato da un tipo di roccia vulcanica effusiva-, la lana di roccia, ecc. oltre ai materiali di sintesi, come il polistirolo ed altri.

Anche i sistemi di somministrazione della soluzione nutritizia sono adeguati a queste nuove tecniche. Impiegano le stesse strutture dei sistemi d’irrigazione utilizzati per le colture in ambiente protetto: i più diffusi sono quelli per aspersione, a somministrazione localizzata o per subirrigazione, metodo con il quale la soluzione viene distribuita alla base del contenitore dove cresce la pianta e raggiunge le radici per capillarità. E’ facile intuire l’importanza che assume la qualità sanitaria della soluzione nutritizia e dei substrati in sistemi complessi come quelli descritti. Benefici e rischi inerenti le problematiche fitosanitarie nei sistemi di coltivazione fuori suolo sono oggetto di ricerche e specifici approfondimenti da parte di Agroinnova , il centro di Competenza per l’Innovazione in campo Agro-ambientale dell’Università di Torino, che sull’argomento ha prodotto un interessante lavoro con le recenti acquisizioni consultabili al sito: http://www.agr.unipi.it/dbpa/idp/07_Minuto.pdf

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