Crostacei: dal piatto al cervello, il passo non è breve

Arriva da granchi e affini un nuovo biomateriale, il chitosano, che offre interessanti speranze nel campo della medicina rigenerativa neuronale

D'ora in avanti dovremo guardare con maggior rispetto i granchi che zampettano velocissimi sulla spiaggia, per non dire dei crostacei che,  loro malgrado,  finiscono spesso e volentieri nei nostri piatti. 

Produzione chitosanoE' grazie a una sostanza estratta dal loro guscio, il chitosano, che si accendono nuove speranze per la ricrescita delle fibre nervose periferiche dopo una lesione.  In pratica si tratta di realizzare con questo biomateriale dei microscopici tubi che guidano, come delle gallerie, la rigenerazione dei nervi periferici.

Lo studio - pubblicato sulla rivista Biomaterials e presentato di recente nel corso di un Congresso internazionale svoltosi a Torino - ha la firma del consorzio internazionale Biohybrid che riunisce centri di ricerca e imprese distribuiti tra Germania, Spagna, Portogallo, Israele, Svezia e per l’Italia l’Università di Torino con il NICO - Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi e il Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche.

Il progetto di ricerca, coordinato dall’Hannover Medical School in collaborazione con l’Università di Torino, è stato finanziatodall’Unione Europea per un totale di 5,9 milioni di euro e si concluderà nel 2015.

Incidenti sul lavoro, sulla strada o anche in casa possono provocare una lacerazione dei nervi periferici che controllano i movimenti e la sensibilità in tutto il corpo. A differenza del sistema nervoso centrale, i nervi periferici mostrano capacità rigenerative. Tuttavia, la rigenerazione dopo una perdita nervosa sostanziale è molto scarsa e può comunque portare alla perdita di funzionalità del muscolo con il quale interagisce. Questo problema rende necessario sviluppare terapie innovative nel settore della riparazione e del recupero dei danni subiti dai nervi periferici.

La soluzione ad oggi consiste nell’unire chirurgicamente i due monconi nervosi lacerati, trapiantando segmenti di nervo prelevati dallo stesso paziente. In questo modo si fornisce alle fibre nervose che ricrescono una guida per raggiungere gli organi da loro controllati.

Microtubi chitosanoLe protesi nervose in chitosano sono un’alternativa molto promettente: permettono infatti di evitare l’autotrapianto, fornendo alle fibre nervose un tunnel attraverso il quale ricrescere.

Queste protesi hanno inoltre il vantaggio di essere stabili, biologicamente compatibili, facili da suturare chirurgicamente, biodegradabili nel medio periodo (il chitosano si dissolve infatti nel corpo dopo alcune settimane) e assicurano un recupero funzionale dei nervi lesionati paragonabile a quello degli innesti autotrapiantati.

Altro aspetto di rilevante importanza è che l’ottenimento della materia prima ha un bassissimo impatto ambientale poiché vengono utilizzati prodotti di scarto dell’industria alimentare.

Finita la fase delle ricerche in laboratorio, sta per iniziare quella dei test clinici sui pazienti in diversi ospedali tra Europa e Israele. Si sa che il chitosano ha queste potenzialità di rigenerazione nervosa: adesso dalle sperimentazioni sui pazienti dovranno arrivare indicazioni più precise riguardo all’applicazione di questa soluzione. Per esempio, su quali lesioni è più efficace. Difficile dire di preciso quanto dureranno i test: si prevedono circa tre anni, dopo i quali potrà iniziare la fase di produzione vera e propria e le protesi al chitosano potranno arrivare nelle sale operatorie degli ospedali di tutto il mondo.