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Maniaci del pulito

Qual è il posto più pulito del mondo? Una sala operatoria? La cima dell’Annapurna? O la cucina di vostra mamma? Nessuno di questi. Il luogo dove circola meno sporcizia è un laboratorio dove si producono i microchip.

granello di sale su chip In confronto alle sale in cui vengono costruiti i microprocessori anche una sala di chirurgia è un posto sporco: la sua aria è 10.000 volte più inquinata. Nelle camere pulite, o clean room, di “classe 1”, dove nascono i microchip, i minuscoli cervelli elettronici, devono esserci meno di 35 particelle più grandi di mezzo micron (mezzo millesimo di millimetro) per metro cubo d’aria e nessuna particella più grande di 5 µm. Altro che Mastro Lindo!

Perché tutta questa ansia di pulizia? E’ una questione di scala: per ottenere microchip sempre più veloci, potenti ed economici, gli elementi che li compongono diventano sempre più microscopici. E i granelli di polvere al loro confronto sono degli ostacoli giganteschi che danneggiano la costruzione dei circuiti. I microscopici filamenti elettrici impressi sul silicio possono essere distanti fra di loro meno di un decimo di micron, mille volte meno dello spessore di un capello.

La fabbricazione dei circuiti avviene con un processo simile alla fotografia. Una sola sporcizia nella area da impressionare impedisce che l’immagine sul supporto di silicio sia completa. In questo caso il circuito stampato è da buttare. E ci si accorge del difetto soltanto alla fine del processo di fabbricazione, con grande spreco di risorse. Combattere lo sporco non è quindi soltanto una guerra tecnologica, ma anche economica.

Per questo le industrie di microprocessori, come l’Intel o la St Microelectronics, hanno adottato nei loro laboratori una serie impressionante di misure anti-sporcizia.

L’aria delle camere pulite (sale grandi anche più di 1.000 metri quadri, divise in zone di diverso grado di pulizia) viene continuamente e totalmente rinnovata dieci volte al minuto attraverso le griglie poste sul soffitto e sul pavimento. Le particelle anche di diametro più infimo vengono catturate grazie a diversi stadi di filtraggio. Per garantire che la polvere non entri da qualche fessura microscopica, la pressione nella sala è leggermente più alta che all’esterno, in modo che l’aria tenda ad uscire piuttosto che a entrare.

Ma il principale bersaglio della lotta allo sporco è l’uomo. I processi di fabbricazione sono in gran parte automatizzati, ma non si può ancora fare a meno dell’intervento umano. Il problema è che ciascuno di noi emette, anche restando immobile, 100.000 particelle grandi più di mezzo micron ogni minuto. Camminando, 5 milioni. Ballando, 30 milioni. Questa emissione di pezzetti di pelle, di goccioline di profumo, sapone o sudore varia a seconda delle parti del corpo: naso, bocca, capelli e mani sono i più grossi produttori. Solo di pezzi di pelle perdiamo circa un decimo del nostro peso ogni anno.

A causa di questa polvere che rilasciamo senza sosta, i tecnici e gli ingegneri che lavorano nelle clean room sono costretti a vestirsi con divise totalmente ermetiche, a filtrare la loro respirazione e a muoversi molto lentamente. Ogni volta che si entra ed esce dalle aree più pulite, bisogna sottoporsi a una minuziosa procedura di “vestizione” che i più veloci riescono a compiere in cinque minuti, ma che a chiunque di noi richiederebbe probabilmente più mezz’ora.

La procedura comprende oltre 40 tappe, che cominciano in una prima stanza dove si ripongono i propri effetti personali, si sputano gomme o caramelle, ci si lava la faccia con acqua e sapone e ci si sciaqua la gola. Si passa poi in un corridoio dove si viene investiti da getti d’aria che spazzano via le particelle dai vestiti e dalla pelle e si accede a una seconda stanza dove ci si coprono capelli, barba e baffi con una mascherina e una cuffia. Dopo aver fatto questo bisogna infilarsi degli stivali sedendosi su una panca dal lato “sporco” e passando ogni piede calzato dal lato “pulito”. Si entra poi nel guardaroba principale: qui, dopo essersi lavati le mani, si indossano dei guanti di nylon e si prendono la tuta e la cintura che contiene il sistema di filtraggio per la respirazione, li si indossa verificando ogni chiusura, si aggiunge un elmetto e gli occhiali di protezione e poi, dopo aver controllato allo specchio che tutto sia in ordine, si indossa un secondo paio di guanti in lattice. A questo punto si è pronti per sottoporsi a un’ultima doccia d’aria ed entrare nel regno del pulito, la clean room. All’uscita, si ripete la stessa sequenza in ordine inverso. Meglio non essere presi da bisogni impellenti, durante le due o tre ore di lavoro all’interno della camera pulita…

La lotta contro lo sporco è senza sosta, almeno per ora. I criteri diventano sempre più severi man mano che la miniaturizzazione dei circuiti prosegue. Oggi si è superata la barriera di 0,1 μm di distanza fra due elementi di un microcircuito, ma si continua a diminuire. E così, accanto alla tecnologia per costruire microchip con prestazioni sempre migliori, bisogna sviluppare parallelamente tutte le tecnologie per un “pulito che più pulito non si può”.

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