Negli ultimi decenni l’intervento del medico non si limitato alla sola cura del malato, ma soprattutto alla prevenzione dalla malattia nel tentativo di sostenere e mantenere il più a lungo possibile l’individuo in buona salute.
Il modello della salute umana nel tempo è stato sempre più limitato a tutte quelle conoscenze derivanti da ciò che è fisicamente percepibile per l’uomo stesso ed che ora costituisce una sorta di paradigma della medicina basato sull’evidenza.
Quello che è fisicamente percepibile dai sensi umani è poi stato implementato e sostituito con tutti gli strumenti tecnologici che ormai costituiscono un supporto, peraltro enormemente costoso, a cui non possiamo rinunciare al fine di misurare in modo continuo lo stato di salute e nel contempo di accrescere le conoscenze sulla costituzione fisica umana.
La somma di tali conoscenze mediate dalla tecnica, però, ha progressivamente inibito quelle qualità mediche intuitive che negli anni passati hanno sempre indagato quella sfera della realtà umana che non si esaurisce solamente nella sua dimensione fisica.
Di conseguenza, anche tutte le misurazioni volte a conservare lo stato di salute dell'individuo si sono concentrate su questo modello umano che per semplicità e convenienza si è andato smembrando in componenti sempre più piccole.
Ciononostante il mistero della malattia nella medicina continua a esistere.
L’uomo sano e l’uomo malato sono comunque individui con cui il medico entra in relazione, ma questa relazione è mediata soprattutto, ed è quindi altamente condizionata, da ciò che il medico vuole o non vuole perché non può vedere nell’altro.
Ne consegue che, anche nella vita sociale, le relazioni tra uomo e uomo dipendono dalle modalità con cui essi si vedono e si comprendono e a sua volta il modo in cui possono vedersi o comprendersi dipende da ciò che viene indagato dalla scienza medica e successivamente divulgato.
Infatti, da quando la medicina è divenuta “scientifica” o comunque si è collocata nel dominio delle scienze, ha fortemente influenzato la vita sociale stessa.
Oggigiorno nella medicina, nella sua teoria come nella sua pratica, tende a non comparire più l’individuo in quanto tale.
L’uomo infatti viene ridotto ad un insieme di molecole e di geni.
La medicina cosiddetta scientifica, fatta di geni e molecole, ha sicuramente contribuito a rendere la vita degli individui e delle comunità più apprezzabile, ma nel farlo è venuta meno al concetto stesso di individuo.
Inoltre, un modello umano che si esaurisce nell’illusorietà di una verità puramente materiale, e in un certo qual modo quindi sempre uguale a se stessa e sancita dal criterio della dimostrabilità, è peraltro un disconoscimento di quelli che sono i presupposti stessi del pensiero scientifico.
Per questo si può dire che una medicina che identifica il proprio nome solo con un farmaco che vuole curare tutti gli uomini indipendentemente dalle loro caratteristiche individuali non può essere di per se stessa una medicina moderna.
Nel DNA si trova la storia dell’umanità. Ciò che si è conservato da quando l’uomo apparve è scritto nel codice genetico.
Ciò che non vi è scritto è invece la storia della coscienza che di fatto diventa la grande selezionatrice naturale dell’evoluzione umana.
Proprio questo rapporto con l’individualità umana è ciò con cui il medico si cimenta.
Per farlo egli però non può servirsi solamente degli strumenti di cura determinati dalla fisica, ma dovrebbe utilizzare anche quelli che possono venire definiti come i pensieri terapeutici.
Sia l’oriente sia l’occidente, negli ultimi anni, hanno espresso sistemi di cura che integrano e completano quelli della medicina moderna.
Ad esempio la medicina antroposofica e l’omeopatia ricercano la dimensione intera dell’uomo sano indagando sul senso della sua deviazione verso la malattia.
Tutte le medicine complementari hanno in comune proprio l’osservazione dei fenomeni materiali nella consapevolezza dell’individuo come essere dotato non solo di corpo, ma anche di spirito.
Inquadrate in questo modo, le medicine complementari possono non solo riuscire ad ampliare la fisica del corpo umano, ma soprattutto sollecitano l’individuo stesso a superare i suoi limiti attraverso l’autoconoscenza.
Questi sistemi di cura si basano, infatti, sulla sollecitazione nell’altro di assumersi il proprio destino sostenuto dal sistema medico, ma senza far in modo che tale sistema si sostituisca a lui.
Uno dei paradigmi su cui si fonda l’azione medica nelle medicine complementari parte dalla convinzione che in ognuno sono insite forze di guarigione autonome che vanno sollecitate, non solo dall'esterno attraverso l’uso di farmaci, ma anche attraverso una forma di “pedagogia” medica che aiuti l’individuo a rendersi autonomo nei confronti della propria malattia, fino ad assumersela, comprenderla e infine trasformarla.
In conclusione questo può condurre il medico e il paziente ad un uso più ragionato e consapevole degli strumenti terapeutici a disposizione e dai quali non si può prescindere.