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Il futuro delle neuroscienze in Italia

Come reagisce il nostro cervello di fronte a paure ed emozioni

Paura, ricordi, plasticità, cervelli imprigionati, empatia, effetto placebo, tanti grafici, molte riflessioni filosofiche e qualche speranza concreta. In poche parole, le "Prospettive Italiane in Neuroscienze", una tavola rotonda organizzata dall' l'Accademia delle Scienze di Torino in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Neuroscienze, nell'ambito delle Settimane della Scienza in Piemonte e della Settimana del Cervello.

Hanno partecipato i professori Piergiorgio Strata dell'Università di Torino, Presidente dell'Istituto Nazionale di Neuroscienze, Lamberto Maffei della Scuola Normale Superiore di Pisa, Giacomo Rizzolatti dell'Università di Parma e Fabrizio Benedetti dell'Università di Torino. Moderatore della tavola rotonda il professor Aldo Fasolo, docente di Biologia dello Sviluppo presso l'Università di Torino.

In una Sala dei Mappamondi traboccante di curiosi, studenti, ricercatori e aspiranti neuroscienziati si è svolta la discussione sui temi più attuali e profondi che riguardano le neuroscienze oggi, dalle implicazioni cliniche alle considerazioni filosofiche sulla natura dell'uomo.

Si è iniziato parlando di paura ed emozioni e di come queste si fissino nel nostro cervello. Il professor Strata, che da anni studia questi fenomeni, ha raccontato di come sia possibile alterare questi meccanismi, riuscendo a far dimenticare la paura provata. Non si tratta naturalmente di inventare quelle polverine magiche care ai supereroi dei fumetti che facciano dimenticare certe esperienze, ma studiare questi sistemi permette di comprendere come le esperienze emotive per fissarsi debbano seguire un processo di consolidamento, senza il quale l'emozione viene cancellata e magari riuscire a spiegare molte di quelle "rimozioni da trauma" che sentiamo nominare spesso nelle cronache.

Rimanendo in tema di alterazioni del cervello, il professor Maffei, che Fasolo presenta come un "nonno che racconta le neuroscienze al nipotino" affascina il pubblico presente raccontando delle scoperte del suo laboratorio sulla visione e sulla plasticità del sistema nervoso. Fino a pochi anni fa si pensava che al di fuori dei primi anni di vita (il periodo critico) il cervello non potesse più modificarsi ed è il motivo per cui, nell'ambito della visione, il cosiddetto "occhio pigro" (ambliopia) deve essere curato nei bambini piccoli per avere una speranza di recupero visivo.

Le recenti scoperte sulle cellule staminali presenti nel sistema nervoso degli adulti e le scoperte sulla visione del professor Maffei ci dicono che la situazione reale è molto differente da quello che si pensava. Il gruppo di Maffei ha dimostrato che la visione può essere recuperata anche nell'adulto, intervenendo nei meccanismi di formazione delle connessioni nervose. Questo è possibile cambiando l'ambiente dei neuroni che vivono nel cervello adulto e questo "inganno" li riporta alle condizioni del periodo critico. Questi per ora sono solo studi preliminari ed effettuati su animali, ma già si pensa, nei prossimi anni, alla sperimentazione sull'uomo.

Si cambia completamente scenario, sfiorando la filosofia,, con il professor Rizzolati che ha iniziato così il suo intervento: "Per quanto egoista uno possa essere c'è qualcosa che lo rende felice se anche gli altri sono felici. Vedere gente felice rende felici". Questa citazione serve ad introdurre il tema dei neuroni mirror o neuroni specchio, scoperti da Rizzolati pochi anni fa. Questi neuroni, che si pensava servissero ad imitare le azioni degli altri, in realtà evocano un'azione motoria. In pratica, quando vediamo un oggetto che conosciamo ci rappresentiamo mentalmente l'azione dell'afferrare e allo stesso modo quando vediamo qualcuno prendere un oggetto evochiamo in noi l'azione che quel qualcuno sta compiendo. Questo succede solo per le azioni che sono presenti nel nostro patrimonio motorio, ma non per quelle azioni tipiche di altre specie (ad esempio il volo degli uccelli). Con una bella espressione Rizzolati ha definito i neuroni specchio come la capacità di far vivere le intenzioni degli altri dentro di sé.

E dopo aver parlato di emozioni, paure, modificazioni del cervello e comprensione degli altri, quale migliore esempio del rapporto che si instaura tra medico e paziente? Il professor Benedetti ci racconta di come quando ci ammaliamo esistano nel nostro organismo due sistemi contrastanti ma equilibrio tra di loro: da una parte l'aspettativa di guarigione (placebo) e dall'altra la paura del peggioramento (nocebo). Entrambe le emozioni provocano una cascata di reazioni chimiche che portano alla produzione di molecole che agiscono sull'organismo. Questo equilibrio si può spostare artificialmente intervenendo con semplici suggestioni verbali.

Scopriamo che la semplice frase pronunciata da un medico "con questa medicina il dolore scomparirà" porta alla produzione di sostanze simili alla morfina; analogamente, dire "il dolore potrebbe aumentare" genera un'altra cascata di reazioni chimiche che porta all'aumento effettivo del dolore.

Ma allora i farmaci non servono? Possiamo far tutto da soli? Il professor Benedetti ci dice che l'effetto placebo ci rende più ricettivi: ne basta una dose più bassa per ottenere lo stesso effetto. Infatti, dalla somministrazione di nascosto dei farmaci si è potuto dimostrare come ne servisse una dose molto maggiore per ottenere l'effetto ottenuto somministrandoli con la consapevolezza del paziente.

Queste scoperte fanno emergere molti interrogativi sul rapporto che si instaura tra medico e paziente, sulla fiducia e sulle aspettative riposte nel medico e anche sulla efficacia di alcune terapie alternative, che di sicuro hanno imparato a sfruttare questi meccanismi di autodifesa.

Al professor Fasolo il compito di tirare le fila del discorso e sottolineare come i risultati presentati nel corso della tavola rotonda siano il frutto della cosiddetta ricerca di base e di come questa, nel campo delle neuroscienze, permetterà un giorno di rispondere alle grandi domande dell'Uomo, ma che per ora si concretizza in scoperte utili a tutti noi.