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Combustibile idrogeno: la speranza che viene dalle piante

Si chiama chlamydomonas reinhardtii, è una concreta e valida alternativa per il futuro energetico mondiale. E’ un’alga fotosintetica che, se coltivata nelle condizioni adeguate, ha un rendimento elevato nella produzione di quello che potrà essere un combustibile del futuro: l’idrogeno.

chlamydomonas

Un futuro non lontano viste le stime che collocano il picco della produzione petrolifera nel 2010. Stime che bisogna prendere con le molle in quanto molto controverse, ma sicuramente non si scosteranno di molti anni dalla realtà: questo è un motivo in più per arrivare preparati al ben noto picco di Hubbert, dal nome dell’economista che ha formulato la teoria.

Picco sinonimo di esaurimento della metà delle risorse petrolifere a cui potrebbe seguire un drastico aumento dei prezzi dell’oro nero e una vera e propria gara internazionale ad accaparrarsi gli ultimi giacimenti. In definitiva: il rischio di un tracollo dell’economia mondiale. E’ pur vero che i possibili miglioramenti tecnologici potranno farci guadagnare qualche anno, ma è proprio in questi anni che è utile trovare alternative energetiche per rendere più morbido l’approdo in una nuova epoca.

Sostanziali passi avanti in questo ambito sono stati effettuati da un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova che lavora al progetto “Metodologie innovative per la produzione di idrogeno da processi biologici”, in collaborazione con Enea e Cnr.

Il metabolismo delle alghe fotosintetiche fu approfondito nel 1940 da Hans Gaffron. Queste alghe svolgono appunto il famoso processo della fotosintesi clorofilliana, ossia la produzione di ossigeno e di altre sostanze sfruttando l’energia della luce solare.

Il ruolo dell’idrogeno nel loro metabolismo si basa essenzialmente sull’enzima idrogenasi, particolare sostanza che, inserendosi nel processo di fotosintesi, è in grado di combinare ioni H+ (particelle di idrogeno caricati positivamente) e elettroni (particelle negative) per formare idrogeno molecolare, utilizzato per la formazione di ATP (molecola che costituisce la più importante risorsa energetica cellulare). L’idrogenasi necessita di condizioni anaerobiche (assenza di ossigeno). In questo senso la ricerca si sta muovendo in due direzioni: produrre un’alga mutata resistente all’ossigeno oppure creare una coltura anaerobica in cui l’alga possa produrre idrogeno con elevati rendimenti. I progressi più evidenti riguardano il secondo approccio sperimentale in cui si sono raggiunte le condizioni anaerobiche privando la coltura dello zolfo inorganico.

Grafici Chlamydomonas In queste condizioni il livello di formazione dell’ossigeno diminuisce in modo significativo durante 24 ore in presenza di luce. In particolare, dopo 100 ore l’attività assoluta di fotosintesi, misurata sulla base del livello della formazione di ossigeno nella C.reinhardtii diminuisce del 95%.

Il motivo di questa perdita di attività è legato al fatto che, in assenza di zolfo, che è un componente essenziale degli aminoacidi cisteina e metionina (importanti “mattoni” che costituiscono le proteine), la sintesi proteica del centro di reazione D1, situato all’interno del fotosistema I, è bloccata e di conseguenza si arresta anche il ciclo che passa attraverso il fotosistema II (dove per fotosistemi si intendono i centri di reazione coinvolti nella fotosintesi).

Osservando il grafico rappresentante tre cicli consecutivi di incubazione anaerobica si vede che se si privano le cellule di S, si attende il trascorrere di 24 h di illuminazione (tempo necessario per arrivare in condizioni di anaerobiosi), dopodichè si sigilla la coltura cellulare e si analizza l’atmosfera prodotta nelle 76 h successive, si ottiene un risultato stupefacente: l’87% è idrogeno molecolare. Questi risultati sperimentali non possono che essere giudicati positivi in un contesto in cui la produzione di idrogeno è sicuramente ancora poco competitiva sul mercato economico globale.

L’idrogeno, infatti, è un vettore energetico, questo vuol dire che in natura si trova abbondantemente nell’acqua e negli idrocarburi ma non libero. Ma i costi di produzione a partire sia dall’acqua tramite processi elettrolitici, che dal metano, con processi di reforming, sono ancora troppo elevati. Per non parlare delle celle a combustibile, grazie alle quali è possibile sfruttare l’idrogeno per formare corrente elettrica, ancora troppo costose rispetto alle tecnologie attuali. L’idrogeno sarà competitivo solo quando verrà soppiantata l’intera filiera idrocarburica, processo che ovviamente sarà graduale, ma già da ora è necessario puntare sulle alternative energetiche che la ricerca ci offre.