Apostolos Doxiadis non è uno scrittore qualsiasi. Aveva solo 15 anni quando è stato ammesso alla University of Columbia, dopo aver presentato una sua personale proposta di ricerca in matematica. Ma nonostante il buon inizio accademico, non è un matematico: “Mi sono spaventato di fronte alle difficoltà di una carriera matematica. Oggi onestamente mi considero uno scrittore, anche se amo sempre molto la matematica".
Doxiadis, oltre che matematico e scrittore affermato, è anche regista teatrale e cinematografico. Il suo primo romanzo tradotto in Italia, Zio Petros e la Congettura di Goldbach, si è aggiudicato il Premio Peano (Associazione Mathesis Subalpina) per il miglior libro di divulgazione matematica del 2000: “Ogni famiglia ha la sua pecora nera – nella nostra era Zio Petros”. Inizia così il racconto vincente.
Che cosa aveva mai fatto il misterioso Zio Petros per meritarsi il disprezzo dei fratelli ed essere considerato un fallito? Certamente era un tipo strano, almeno agli occhi del nipotino, voce narrante del racconto, che lo vede solo una volta all’anno per “la rituale visita il giorno del suo compleanno”. Di sicuro c’era che era un campione di scacchi. E che aveva una grande quantità di libri di matematica. D’altra parte “essere uno scacchista a livello di gran maestro o un matematico capace di divorare centinaia di formidabili tomi non ti poteva classificare automaticamente come il prototipo del fallito,” riflette il quattordicenne, che ben presto scopre che lo zio fallito era “professore d’analisi all’università di Monaco”. Ma allora…
“Tuo zio, figlio, commise il più grave dei peccati. (…) Tuo zio gettò perle ai porci, prese qualcosa di santo, di sacro e di grande e lo insozzò spudoratamente!” (…)
“Che cosa esattamente?”
“Il grande unico dono che Dio gli aveva elargito: il suo fenomenale talento matematico! (…) Quell’ingrato bastardo non fece più un giorno di lavoro matematico utile!”
“Ma perché?” domandai.
“Oh, perché Sua Eccellenza Illustrissima doveva occuparsi della Congettura di Goldbach”
La congettura che ha ossessionato Petros, riempiendogli la vita e sottraendolo però a una carriera matematica di successi accademici, fu proposta 1742 da Christian Goldbach, un matematico russo impiegato alla corte dello zar Pietro II. È una congettura breve e chiara e forse il suo successo editoriale (si veda anche Le ostinazioni di un matematicoe Il teorema del pappagallo) è dovuto anche a questo: ogni numero pari maggiore di 2 è uguale alla somma di due numeri primi. A patto di ricordare che cosa sia un numero primo, l’enunciato è perfidamente semplice, no? Peccato che siano passati oltre 260 anni e nessuno ha mai trasformato la congettura in teorema, dimostrandola, né l’ha mai gettata nella spazzatura, trovando un solo caso di numero pari maggiore di due che non sia scomponibile nella somma di due numeri primi. Le congetture sono fastidiose.
E oltre che fastidiose possono anche segnare (rovinare) la vita di quei poveri matematici che vi si appassionano e che si lasciano trascinare nel loro affascinante ma insano gorgo. Nel racconto di Doxiadis lo zio Petros, appunto.
Figurarsi che cosa diventa, a questo punto, Petros agli occhi del nipote: divorato di curiosità, il nipote sviluppa una vera e propria passione per la matematica. E una volta a Princeton, la sua carriera di studente universitario si intreccia con la ricerca della storia e della carriera dello zio.
Zio Petros e la Congettura di Goldbach è un racconto con il ritmo del thriller psicologico, giocato fra una visione di Gödel e un colloquio con Turing, tra l’amore per Hadamard e la commemorazione di Ramanujan. La carriera, i sentimenti, la vita e le scelte di Petros, a cui fanno da contrappunto quelle del narratore, sono la rappresentazione vivida degli stati d’animo altalenanti di un grande sognatore, che cerca di vivere seguendo caparbiamente la strada che sente essere l’unica in grado di dargli la felicità Senza modestia.
“Il grande segreto della vita è porsi sempre obiettivi raggiungibili”, è la litania del padre del narratore, che torna anche sulle labbra di Sammy, suo collega all’università. Ecco che cosa non perdonano i fratelli a Petros: di aver sognato ma di non essere riuscito a sognare fino in fondo. Di aver fallito.
Ambientato su due livelli temporali (i primi decenni del ‘900 per la storia di Petros), gli anni ’60 – ’70 per il presente del narratore, Zio Petros ha il pregio di rendere la scienza tessuto narrativo, in qualità di sorgente profonda di sentimenti. Anche le lezioni di matematica che Petros impartisce al nipote nel corso di brevi e rapidi dialoghi sono elementi necessari al contesto, alla “macchina narrativa”, mai fini a se stessi. In questo, Zio Petros si differenzia dalla maggior parte dei testi contemporanei che raccontano storie che hanno come loro unico motivo di esistere l’essere contenitori di spiegazioni ex catedra.
“Non si devono portare in classe lunghi calcoli artificiali e insensati, ma la storia e il gioco della matematica (...),” ha affermato Doxiadis. È quello che è riuscito a fare in questo lungo racconto.