Titolo inconsueto per un saggio matematico, quasi un ossimoro. Come possono coesistere due realtà tanto distinte?
La cucina, il luogo degli aromi, dei sapori, dove tutti i sensi trovano piacere e appagamento. La matematica, la regina delle scienze, la più antica, rigorosa, sicuramente la più ostica e temuta. Un insolito connubio: numeri e formule tra pentole e fornelli.
Con sguardo critico, Enrico Giusti, professore di Storia della Matematica all’università di Firenze, coglie, al di là dei dati numerici presenti nelle ricette, meccanismi nascosti che regolano il funzionamento dei fenomeni culinari: un’inaspettata quantità di matematica si cela, infatti, nei piatti che gustiamo.
Gianni e Pinotto, i protagonisti di questo testo divulgativo, ci accompagnano alla scoperta dei segreti matematici che si nascondono in cucina.
Una coppia di inseparabili amici, due opposti che si attraggono. Gianni amante della poesia, ha intrapreso studi letterari, e spesso si trova a discutere con l’amico sui meriti o l’importanza delle loro amate discipline di studio. Pinotto è il matematico che con caparbia e insistenza tenta quotidianamente di avvicinare e spiegare all’amico quanto la matematica sia alla base del funzionamento di un’innumerevole quantità di oggetti di uso comune.
Il libro si presenta come un animato dialogo in cui Pinotto cerca di far capire all'ostico Gianni le basi della sua scienza. Dietro il nome di questi due comici di serie B degli Anni Quaranta si nascondono gli archetipi di Giovanni Boccaccio e Giuseppe Peano, lo scrittore e il matematico più amati e apprezzati dall'autore.
Il testo ha una struttura circolare, organica e ben definita: Il tema di apertura viene ripreso nella conclusione, e questo si ripete sia a livello macrostrutturale del libro sia per i singoli capitoli , per argomenti o specifiche digressioni. Le battute dei due personaggi sono riprese, recuperate e riproposte a ogni occasione, operazione ripetitiva e pedante, ma funzionale alla rappresentazione del metodo di dimostrazione matematica (definizione di un problema, ipotesi di risoluzione, tesi e dimostrazione fino alla conclusione esaustiva del punto di partenza).
Entriamo in cucina e accendiamo la luce, subito con un urlo Pinotto ci segnala una prima disciplina matematica, la logica, accuratamente illustrata con l’esempio del circuito dell’interruttore, E’poi la volta delle caratteristiche che accomunano un radiatore a uno scaldabagno, e delle indagine su superfici e volumi, passando alle conseguenze sulla cottura dei cibi. Naturalmente non mancano gli spaghetti con il problema delle porzioni, e l’arrosto con patate oggetti più piccoli che hanno proporzionalmente più superficie degli oggetti grandi della stessa forma, e quindi assorbono in proporzione più calore. O ancora il meccanismo che sta dietro all’asciuga insalata, il motivo della sua struttura e il funzionamento, accompagnata a un’ interessante digressione sulle curve. Il rubinetto e il flusso d’acqua, o le forme assunte da caffè, farina, zucchero.
Nei frullati, nelle fritture, nella pasta lievitata pronta da infornare e dietro un buon caffè, c’è molta più matematica di quanto si possa immaginare. Non si trova negli oggetti, ma nel loro funzionamento.
Ecco un tipico esempio di restrizione letteraria: “la cucina” è il pretesto per poter parlare di matematica con un linguaggio semplice e alla portata di tutti, attraverso un originale esperimento di divulgazione scientifica, che ribalta l’uso comune di sacrificare le dimostrazioni per i risultati, per un efficace ritorno all’intuizione sorretta dalla dimostrazione matematica. Pertanto la lettura inizialmente scorrevole e coinvolgente si fa più impegnativa e talvolta ostica per la difficoltà di seguire calcoli e dimostrazioni.
Un testo educativo, che con ironia risponde a numerose curiosità, insinuandone altrettante sul mondo della matematica e anche della fisica. Ci rimette un pò la figura del matematico: se pur rappresentato come fonte di sapere e intuitività risulta talvolta maniacalmente fissato sulla propria disciplina, tanto da dover indagare i principi dietro ogni semplice strumento prima dell’utilizzo. Una forma di autoironia verso il mondo accademico che conferma lo stereotipo dello “scienziato pazzo”.