L'autrice indaga, cioè, il modo in cui si reagisce istintivamente quando ci si trova di fronte a concetti scientifici o a strumenti tecnologici inconsueti, determinando "gli atti consolidati di cognizione, forme di azione realizzate per proteggere la propria autonomia di fronte a una sorgente di disturbo". Il campo di indagine è dunque quel che viene definito “comprensione pubblica della scienza”, mentre esterna al suo campo di ricerca è la determinazione del livello di alfabetizzazione scientifica, legata a conoscenze specifiche, al sapere, alla conoscenza operativa della scienza.
Lo studio è stato condotto interrogando un campione rappresentativo di popolazione italiana, di tutti gli strati sociali e di tutte le età. I risultati sono presentati, per la maggior parte delle volte, in forma integrata, mentre laddove si ritiene che esista una correlazione significativa, è stata scelta una presentazione che distinguesse gli intervistati, per esempio, secondo il loro titolo di studio.
La conclusione più radicata è, in realtà, una conferma: è la medicina che domina la rappresentazione positiva di scienza e tecnologia. Scienza e tecnologia, quando sono utili, vengono identificati con le scienze mediche. Il motivo sociologico viene individuato dall'autrice nel processo storico di medicalizzazione della società occidentali e sulla medicina come strumento di controllo sociale.
Ecco due esempi di domande illuminanti. Si tratta di domande a risposta libera, in cui gli intervistati non dovevano scegliere in un ventaglio di proposte.
a) Alla domanda: "Nell'ultimo secolo la vita dell'uomo si è molto allungata. Secondo Lei che cosa ha fatto allungare così tanto la vita? Quali sono i principali fattori?" (In questo caso le risposte erano multiple, per cui la somma delle percentuali è superiore a 100). Il 42% delle risposte indica come fattore principale la medicina, mentre il 30% indica un generico "aumento della qualità della vita". Il 19% indica l'alimentazione. Solo l'11% indica direttamente la scienza e il 9% la tecnologia.
b) Alla domanda: "Immagini di dover fare la dichiarazione dei redditi, e che Le venga proposto di destinare l'8 per mille a un settore di ricerca. A quale settore lo destinerebbe?" Il 77% di coloro che hanno risposto hanno identificato come settore di ricerca la medicina. Seguita dalla "ricerca scientifica e tecnologica", l'"ecologia" e un generico settore "sociale" con appena l'1%. Il 14% degli intervistati non sa rispondere, mentre il 5% decide di non scegliere nessun campo di ricerca.
Il dato più preoccupante è proprio la mancanza di associazione fra medicina e aumento della qualità della vita con lo sviluppo tecnologico e la ricerca di base.
A mio avviso questo dà un'indicazione molto precisa sul compito degli enti di ricerca nei confronti della società civile: non solo informare sulle novità, sull'ultimo ritrovato, sulla scoperta eclatante. Ma soprattutto mettersi a disposizione delle scuole per offrire loro tutti gli elementi che aiutino professori e studenti a identificare le nozioni di base per interpretare scoperte e sviluppi futuri.
Ci sono anche risposte divertenti: per esempio, il 2% degli intervistati ritiene che la lavatrice possa essere fonte di disturbi mentali, così come la lavastoviglie. Meno pericoloso sembra essere il frigorifero (1%), che invece viene temuto dal punto di vista fisico da un buon 7%.
Nonostante i rischi connessi a questi pericolosi elettrodomestici, se richiesti di essere abbandonati su un isola deserta con un unico elettrodomestico, la maggior parte delle persone vorrebbe proprio avere un frigorifero (34%) o una lavatrice (23%). Un preoccupante 14% non potrebbe fare a meno della televisione. Solo il 5% vorrebbe un computer o un cellulare. Molti italiani, infatti, non sono affatto convinti che l'informatica semplifichi la vita: il 20% degli intervistati ritiene che il computer la complichi, percentuale che diventa il 26% per internet, e addirittura il 30% per i cellulari. Tuttavia percentuali molto alte di cittadini dell'Unione Europea ritiene che le telecomunicazioni (81%), la tecnologia dell'informazione (79%), l'energia solare (72%), internet (68%), nuovi materiali (63%) siano destinati a migliorare la vita umana. L'esplorazione spaziale ottiene un risultato abbastanza dubbio (50%).
Si trae un'altra conclusione abbastanza ovvia ma da tenere sempre presente: è l'esperienza diretta che media l'immaginario di una persona con le nuove tecnologie.
E tuttavia appare altrettanto evidente che l'uso diretto si trasforma nella maggior parte dei casi nell'uso di una scatola scura che "fa" certe cose o "che serve" per certe altre. Difficilmente la scatola oscura viene aperta per curiosare sul contenuto. Se si rompe, se ne compra un'altra.
Agli enti di ricerca, alle comunità scientifiche, spetta allora un funzione fondamentale, senza la quale il cittadino non potrà che essere puro e semplice consumatore, più o meno tecnologico ma pur sempre consumatore: occorre stimolare la curiosità e fornire gli strumenti affinché le scatole scure possano essere aperte, sezionate, smontate, distrutte o rimontate. Secondo la loro utilità.