In tutto il libro, i personaggi sono due, Cidrolin e il Duca d'Auge per l'appunto, e la loro duplicità è sottolineata anche dal fatto che per un lungo tratto convivono e interagiscono nella stessa situazione. Ma il lettore è fortemente autorizzato a credere che i due siano, in realtà, uno solo.
Cidrolin vive una sua esistenza pacata e lenta su una chiatta parigina, nella capitale francese in pieno ventesimo secolo. Il Duca corre su e giù per i sette secoli precedenti, a partire dal venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, con puntate ben distribuite nel tempo. L'uno rappresenta l’avventura, un po’ spregiudicata e guascona, l’altro è l'elogio della quotidianità, imperturbabile e libero da ogni tormento. Li unisce il fatto di essere il primo l'altra faccia della medaglia del secondo.
Il tempo si intreccia in questo personaggio uno e bino, novello Giano bifronte che saetta da un'epoca all'altra, da una situazione all'altra, dall’azione alla siesta. E la macchina del tempo che permette queste navigazioni spaziotemporali è il sogno. Dopo un'abbuffata il Duca d'Auge si assopisce, sogna e diventa Cidrolin il quale fa la siesta, sogna ed è il Duca d'Auge in un continuo scambio tra i due. E così il tempo si intreccia e, probabilmente, va in tilt riportando, nella chiusa del libro, il Duca d'Auge nella stessa medesima situazione che apriva I fiori blu. Tant'è che proprio nella prima pagina, di questo cortocircuito c'è una traccia dichiarata, quando il Duca d?Auge parla al Duca d'Auge. Il bello poi è che, per vivere il cortocircuito, non è necessario arrivare all'ultima riga de I fiori blu. Ogni pagina, ogni cambio di scena, ogni scarto temporale fanno percepire che sta per accadere qualcosa di eccezionale, il che si avvera in modo del tutto naturale.