John von Neumann è stata uno delle menti più brillanti e straordinarie del secolo appena passato e, per giunta, era anche ungherese, il che, probabilmente, faceva di lui un alieno; almeno secondo quanto andava dicendo il suo amico e connazionale Leo Szilard. Insieme a Edward Teller ed Eugene Wigner, i quattro facevano parte del "clan degli ungheresi" ai tempi di Los Alamos e del Progetto Manhattan (la bomba atomica).
Quando un giorno Enrico Fermi, una delle figure più importanti all'interno del grande progetto, manifestò un certo scetticismo sull'esistenza di una civiltà aliena superiore che non fornisse nessun segno della proprio esistenza, sembra che Szilard gli abbia risposto "probabilmente sono già qua, e li stai chiamando ungheresi". E, vista la caratura dei membri del clan, c'era da credergli.
E lì, in mezzo ai grandi scienziati, ungheresi o no, John von Neumann era considerato davvero un alieno di un altro pianeta, un semidio dei numeri. Sempre a Los Alamos si raccontava che quando c'era da fare un calcolo complesso, nascesse una sfida a tre tra Feynman che armeggiava con il suo calcolatore meccanico, Fermi che scarabocchiava su un pezzetto di carta e von Neumann che aveva come unico alleato…la sua mente.
Quella stessa mente che gli ha permesso di apportare contributi significativi, e talora assolutamente nuovi, praticamene in ogni campo della ricerca, dalla matematica alla meccanica statistica, dalla meccanica quantistica alla cibernetica, dall'economia all'evoluzione biologica, dalla teoria dei giochi all'intelligenza artificiale. E, naturalmente, alla bomba atomica.
Quello di von Neumann con i militari è stato un rapporto piuttosto stretto, alimentato dalle sue feroci convinzioni anti-naziste prima e anti-comuniste poi, sfociate in un vero e proprio odio che lo porterà ai vertici delle istituzioni politico militari degli Stati Uniti come membro del potente
Ma Johnny, come lo chiamavano i suoi colleghi americani, era anche un grande amante della vita, e accanto alla personalità cinica, spietata e geniale, conviveva apparentemente senza contraddizione alcuna, l'altro volto dello scienziato ungherese, quello affabile, mai presuntuoso, simpatico, goliardico e pure donnaiolo.
A dire il vero, attorno alla sua figura sono state scritte e costruite molte storie che non hanno fatto altro che caratterizzare nell'eccesso questo incredibile personaggio, gran parte della quali, però, dettate più che altro da una certa ostilità e avversione nei confronti del suo pensiero politico e sociale piuttosto forte e, per certi versi, estremo.
Janos Neumann, questo il suo vero nome, nasce a Budapest il 28 dicembre del 1903 da una ricca famiglia di banchieri ebraici. Già a sei anni è una sorta di fenomeno da baraccone, e intrattiene gli ospiti di famiglia con la sua prodigiosa memoria, imparando a mente pagine dell'elenco telefonico o eseguendo divisioni con numeri da otto cifre. Non contento "Jancsi" si diverte con il padre conversando in greco antico, arrivando a padroneggiare, intorno ai dieci anni, quattro lingue. Nel 1911 entra nel Ginnasio Luterano e le sue capacità matematiche non passano inosservate, e d'altronde in fatto di bambini prodigio la scuola era già abituata, visto che nella classe superiore a quella di von Neumann si trova Eugene Wigner, uno degli alieni. Così Laszlo Ratz, il prestigioso professore di matematica del ginnasio, si adopera affinché al giovane Jancsi non manchi un precettore privato universitario che lo segua e lo introduca a poco a poco nell'ambiente matematico. Tra i suoi precettori va ricordato in particolare Mihaly Fekete.
In questo ambiente ricco di stimoli culturali, di contatti con gli ambienti più colti e influenti della società, Janos matura a poco a poco la convinzione che gli aspetti economici e sociali della società e le relazioni tra individui possono essere trattati in termini matematici. Questa visione "pan matematica" del mondo caratterizzerà il pensiero e la vita del giovane genio fino alla fine dei suoi giorni.
Al termine della Prima Guerra Mondiale, che non lascia profonde tracce sulla sua educazione, la famiglia von Neumann è costretta a trasferirsi in Austria a causa dell'ascesa al potere di Bela Kun, e della sua Repubblica sovietica ungherese. Ma torna in patria poco dopo e come ebreo subisce la persecuzione del dopo Kun.
Al termine della sua educazione presso la scuola luterana, scrive a 18 anni il suo primo lavoro in collaborazione con Fekete, che viene poi pubblicato nel '22 sulla rivista dell'Unione dei matematici tedeschi. Viene nominato miglior studente di matematica dell'Ungheria. Ma il padre ha per lui altri progetti e chiede a Theodore von Karman di convincere il giovane Jancsi a intraprendere la carriera negli affari o, quantomeno, di seguire corsi universitari meno teorici e più rivolti ad applicazioni pratiche. Si arriva a un compromesso e Jancsi si iscrive a chimica. O meglio, anche a chimica. A ventidue anni, infatti, si laurea in ingegneria chimica presso Zurigo e in matematica a Budapest, dopo aver seguito a Berlino i corsi di Fritz Haber e di Albert Einstein.
Si trasferisce poi a Göttingen, dove si occupa dei fondamenti della matematica e della meccanica quantistica che studia sotto la supervisione di Hilbert per due anni, fino al 1927. In questo ambiente von Neumann entra nel pieno della maturità scientifica e i lavori che qui produrrà lo eleveranno a uno dei massimi matematici di ogni tempo. Sotto la guida di Hilbert, von Neumann si fa portabandiera dell'approccio assiomatico della matematica e del pensiero del suo maestro che mira a creare una teoria "metamatematica" in grado di dimostrare la coerenza di qualsiasi sistema formale.
L'approccio hilbertiano crolla con il teorema di incompletezza di Kurt Gödel, che dimostra l'impossibilità di conseguire una dimostrazione completa della coerenza dell'aritmetica nel contesto del pensiero metamatematico. Quando Gödel espone i suoi risultati al Congresso di Königsberg, solo von Neumann ne capisce subito la portata e nel giro di due mesi dimostra, parallelamente a Gödel, l'indimostrabilità della coerenza dell'aritmetica come conseguenza del teorema di incompletezza.
Johann, come si fa chiamare adesso, è già una celebrità e oltre a pubblicare articoli di estrema importanza nella fisica sub nucleare sviluppa la teoria dei giochi, presentando nel 1927 alla rivista
Tra il 1930 e il 1933 viene invitato a Princeton, dove mette in luce una vena didattica non proprio esemplare; la sua grande fluidità di pensiero mette in difficoltà molti degli studenti che, per giunta, sono costretti a seguire i calcoli su una piccola porzione di lavagna che lo scienziato cancella poi velocemente impedendo agli allievi di copiare le equazioni. Nel 1933 apre i battenti l'Istitute for Advanced Studies, sempre a Princeton, e von Neumann è uno dei sei professori originari di matematica del nuovissimo istituto insieme a Einstein, Weyl, Morse, Alexander e Veblen.
Poco dopo, con l'arrivo dei nazisti al potere, abbandona la sua posizione accademica in Germania, considerando l'avventura americana ben più promettente. Terrà la cattedra di Princeton fino alla fine dei suoi giorni.
Negli anni successivi, von Neumann dà sfoggio del suo enorme talento nel campo della ricerca e si interessa dei problemi legati alla turbolenza idrodinamica e quindi alla risoluzione delle equazioni differenziali non lineari, che gli serviranno come stimolo per studiare nuove possibilità legate alla computazione elettronica.
Ma a rendere famoso e amato Johnny è anche l'altro lato della sua personalità, quello allegro e gioviale, che lo rende particolarmente abile nell'organizzare e animare le feste. I suoi party sono famosi, numerosi e piuttosto lunghi e, da bravo padrone di casa, sa intrattenere amabilmente gli ospiti con un repertorio vastissimo di barzellette e storielle, naturalmente in molte lingue.
Durante la guerra approfondisce la conoscenza della teoria dei giochi dimostrando il
Alcuni anni più tardi Shannon, uno dei padri fondatori dell'intelligenza artificiale, si baserà sui lavori di von Neumann per pubblicare il suo articolo
Sempre nel 1944, von Neumann viene a conoscenza da un suo collega, Herman Goldstine, impegnato anch'esso nel Progetto Manhattan, dei tentativi effettuati presso il laboratorio balistico di costruire una macchina capace di trecento operazioni al secondo. Johnny, l'alieno, rimane profondamente colpito da questa cosa e dentro alla sua mente si aprono come per magia nuovi e affascinanti scenari.
Il primo incontro con un calcolatore risale a poco tempo dopo, con la macchina Harvard Mark I (ASCC) di Howard Aiken, costruita in collaborazione con l'IBM; poi conosce ENIAC (
Questo mastodonte è utile per eseguire calcoli balistici, meteorologici o sulle reazioni nucleari, ma è fondamentalmente una macchina molto limitata, quasi del tutto priva di memoria e di un briciolo di elasticità; in altre parole, una macchina stupida. Per migliorare un simile marchingegno c'e bisogno di quell'intuizione che una decina d'anni prima aveva avuto Turing nel suo articolo sui numeri computabili, e cioè permettere al computer di modificare il proprio comportamento, o, in altre parole, imparare un software. Nel 1945 esce, così,
L'Edvac (
Ma gli anni della guerra vedono profondamente coinvolto von Neumann nel progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica; è un coinvolgimento alimentato da un profondo odio verso i nazisti, i giapponesi e successivamente verso i sovietici. Già nel 1937, dopo aver ottenuto la cittadinanza statunitense, gli viene proposto di collaborare con le forze armate e da quel momento la sua
Nello stesso anno dell'esplosione della bomba H, viene nominato membro del General Advisory Committee della potente AEC (Atomic Energy Commission) e consigliere della CIA (Central Intelligence Agency, l'agenzia statunitense per lo spionaggio all'estero). Tre anni più tardi diventa membro effettivo dell'AEC.
Nel pieno della Guerra Fredda, a metà degli anni Cinquanta, si impegna al massimo per appoggiare la costruzione del missile balistico intercontinentale (ICBM) Atlas che, successivamente e per fortuna, servirà a scopi ben più nobili della guerra; un Atlas modificato, infatti, porterà John Glenn nello spazio nel 1962.
Ma il male incombe: un tumore alle ossa lo costringe ben presto sulla sedia a rotelle, ma questo non gli impedisce di seguire di persona le riunioni strategiche con i militari, mentre si dedica a nuovi studi che riguardano programmi capaci di autoriprodursi e che lui chiama
S.J. Heims, un suo biografo, scrive: "Johnny von Neumann che tanto profondamente aveva saputo godere la vita, non sapeva come morire".
Spiato da infermieri e agenti, e confortato da pochi amici che gli saranno vicini fino all'ultimo, come Wigner, Johnny von Neumann, l'alieno, muore l'otto febbraio del 1957.
Nel suo film-capolavoro
"...soprattutto per aver conosciuto Jancsi von Neumann mi sono reso conto di quale sia la differenza tra un matematico di primo livello e uno come me." (E. Wigner, premio Nobel per la fisica)