Tenere a bada le mutazioni genetiche per combattere la vecchiaia
La teoria fu proposta alcuni anni fa: l'invecchiamento degli organismi sarebbe in parte dovuto ad un costante accumularsi di mutazioni genetiche. Nell'età giovanile queste mutazioni, anche se presenti, vengono tenute a bada da sistemi di protezione che, però, diventano via via inefficaci. Chiamata MA (accumulazione di mutazioni secondo la sigla inglese), l'ipotesi è da tempo in contrasto con un'altra idea, secondo la quale, invece, i geni che hanno un ruolo positivo durante l'età riproduttiva diventano dannosi con il passare del tempo.
I ricercatori dell'Università dell'Illinois a Urbana-Champaign hanno ora pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science una serie di dati che sembra confermare la prima ipotesi.
Studiando i più famosi insetti della scienza: i moscerini della frutta, gli scienziati hanno osservato gli effetti dannosi delle mutazioni sulla loro attività riproduttiva, ed hanno visto che tali effetti aumentavano con l'avanzare dell'età in un modo che sembra caratteristico proprio dell'ipotesi MA. Lo scenario, quindi, è quello di un organismo impegnato a tenere a freno le mutazioni, ma solo negli anni utili perché si possa riprodurre. Finito il compito di avere figli, l'organismo comincia ad abbassare la guardia.
Un esempio tipico di come potrebbe funzionare la cosa è in alcune gravi malattie, ad esempio la Corea di Huntington. I geni mutati che la causano sono già presenti nell'età giovanile, ma gli effetti si fanno vedere solo in età più avanzata.
La fontana dell'eterna giovinezza sembra a portata di mano: basta imitare in qualche modo il processo che da giovani teneva a bada i geni mutati ed ecco che la vecchiaia ne uscirebbe rallentata. Ma naturalmente è, almeno per ora, più un sogno che altro.