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Notizia del 18/03/2004

STAT3beta: il brutto anatroccolo non è più tale

Ricercatori torinesi rivelano il vero ruolo di una proteina che è stata per lungo tempo sottovalutata

Valeria Poli Finalmente identificato il ruolo per STAT3 beta: quella che si pensava fosse semplicemente un frammento di un’altra proteina si è rivelata importante nella progressione tumorale e nei fenomeni infiammatori.

I risultati di questo studio sono stati ottenuti dalla Prof. Valeria Poli, insieme ai suoi collaboratori, il dott. Diego Maritano e la Dott. Sarah Dewilde, nel Dipartimento di Genetica, Biologia e Biochimica di Torino. Parte del progetto, pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Nature Immunology è stato svolto in collaborazione con i ricercatori della University of Dundee, in Scozia.

Le proteine STAT sono una grande famiglia i cui membri vengono indicati da un numero progressivo (STAT1, STAT2, STAT3…), sennonché della forma numero tre ne esistono due varianti: la forma alfa, più lunga e la forma beta, più corta.

Perché concentrare il proprio studio su queste due varianti, tra le probabili oltre 100000 proteine prodotte dalle cellule? La Prof. Poli spiega che %3C%3Cl’idea di studiare queste proteine nasce dal fatto che sono importanti per far produrre delle proteine particolari, le citochine o fattori di crescita, che permettono alle cellule di comunicare fra di loro informazioni relative al loro destino: se crescere, moltiplicarsi o trasformarsi in cellule più specializzate%3E%3E.

Infatti, le cellule nel nostro organismo intessono fitte reti di comunicazione, importantissime per il coordinamento delle varie azioni in diversi punti del corpo. Ad esempio, quando un organismo patogeno entra nel nostro corpo, cellule anche molto lontane e deputate alla difesa vengono richiamate sul luogo del contagio e sono indotte a moltiplicarsi per avere un maggior numero di soldati difensori. Questo è possibile grazie alla circolazione di particolari proteine messaggere, che come delle lettere con l’indirizzo, vanno in cerca dello specifico destinatario per trasmettere il messaggio opportuno.

IL RUOLO DI STAT3

Il ruolo delle proteine STAT3 in questo sistema è quello di %3C%3C recepire questo segnale che viene dall’esterno e portarlo dentro al nucleo, fino al nostro DNA dove regolano l’attivazione dei geni, e quindi la produzione di nuove proteine da parte delle cellule%3E%3E, spiega la Prof. Poli.

Ma non sempre le cose funzionano come devono:%3C%3C quando questa proteina stat3 è attivata in modo improprio può causare la trasformazione la tumorale o, comunque, partecipare alla crescita tumorale delle cellule. Il primo indizio di questo ruolo è stata l’osservazione che in molti tumori STAT3 era sempre attiva, mentre normalmente non dovrebbe esserlo.

STAT3 è presente in tutte le cellule, ma diventa attiva solo se arriva il segnale giusto, compiuto il suo dovere si inattiva subito. Successivamente altri gruppi hanno visto che in cellule derivate da diversi tumori, tra cui il carcinoma della testa del collo, il carcinoma mammario e dell’ovario, il tumore della prostata, il mieloma multiplo, e il melanoma, era possibile bloccarne la crescita e indurle al suicidio inibendo l’attività di STAT3. Quindi negli ultimi anni c’è stato molto interesse nei confronti di questa proteina come possibile obiettivo bersaglio da colpire per inibire la crescita delle cellule tumorali%3E%3E.

STORIA DI UN BRUTTO ANATROCCOLO

Gli studi fin qui prodotti non tenevano conto della differenza tra le due isoforme, secondo la Prof. Poli:%3C%3C finora è stata poco considerata poiché è presente a livelli generalmente bassi ed era considerata semplicemente un inibitore della forma alfa. Tanto che molti ricercatori hanno proposto di utilizzare proprio beta per inibire alfa nelle cellule tumorali%3E%3E.

Secondo le teorie più diffuse la forma beta era una specie di brutto anatroccolo, un po’ più piccolo della forma normale e con una funzione inibitoria nei confronti di quella canonica. I ricercatori di Torino hanno elaborato un nuovo sistema sperimentali che non solo ha rivelato che le cose non sono così semplici, ma che la STAT3beta ha delle funzioni fisiologiche ben distinte e importanti.

Per ottenere questi modelli la Prof. Poli spiega che %3C%3C abbiamo generato dei modelli murini che mancano o soltanto di una o dell’altra forma, mentre gli studi precedenti eliminavano tutte e due le forme. Abbiamo visto in questo modo che le due forme hanno delle funzioni specifiche distinte. Quindi beta non è semplicemente un inibitore di alfa ma ha le sue funzioni particolari importanti nel controllo della risposta infiammatoria. Alfa è la forma che effettivamente è importante per la crescita aberrante anormale delle cellule tumorali, mentre beta ha altre funzioni,%3E%3E e aggiunge %3C%3C il messaggio che può scaturire dal nostro studio è il fatto che possiamo migliorare la precisione del tiro se cerchiamo un bersaglio per inibire la crescita del tumore intervenendo solo su alfa e non su beta.%3E%3E

Questo risultato suggerisce un’importante riflessione sulla complessità biologica, su quanto sia necessario approfondire notevolmente gli studi per avvicinarsi sempre più ad una comprensione di tutti i fenomeni fisiologici che ci permetta di elaborare strategie terapeutiche efficaci e personalizzate.

In questo caso specifico, la questione sollevata dalle nuove conoscenze acquisite è molto importante, come spiega la Prof. Poli:%3C%3C I nostri studi si evidenziano che inibire anche beta in particolari tipi cellulari potrebbe essere foriero di effetti collaterali non desiderati, mentre sarebbe sufficiente probabilmente inibire alfa per ottenere lo scopo nel trattamento dei tumori.%3E%3E

IL FUTURO

Le prospettive che si aprono da questo studio sono molteplici: da una parte lo sviluppo di un farmaco selettivo per la forma alfa, percorso che stanno seguendo alcuni gruppi negli Stati Uniti, dall’altra approfondire le conoscenze della funzione di queste proteine. A tal proposito la Prof. Poli aggiunge:%3C%3C ci vorremmo concentrare sul perché alfa e beta sono diverse, qual è il meccanismo per cui alfa si comporta diversamente da beta e attiva geni diversi. Conoscere il funzionamento preciso potrà aiutare a sviluppare delle sostanze che possano davvero interferire con l’attività di uno e non con l’altro.%3E%3E

Gli studi a Torino proseguono quindi nello scoprire in quali ingranaggi molecolari dentro la cellula si inserisce la forma alfa e in quali la forma beta, per capire come questi vengono regolati e attivati e in che modo interferiscono con la vita della cellula.

Un dato importante sarebbe capire se la STAT3beta ha un ruolo in patologia umana, ma come spiega la Prof. Poli:%3C%3C quello che sappiamo per il momento è che mentre la forma beta è prodotta in piccoli quantitativi, un decimo rispetto alla forma alfa, durante l’infiammazione in alcune cellule aumenta notevolmente la propria attività, fino ad eguagliare quella della alfa. Quindi è possibile che in certe malattie di tipo infiammatorio in cui c’è un’infiammazione incontrollata ci siano delle distorsioni del rapporto tra alfa e beta. Di queste però non si sa quasi niente.%3E%3E

Le ricerche su questa proteina non potranno più esimersi dal considerare gli importanti risultati ottenuti dal gruppo torinese, poiché mentre prima si utilizzava STAT3beta come un semplice inibitore della forma alfa, ora è chiaro che il risultato osservato in diversi esperimenti potrebbe essere in realtà dovuto a meccanismi diversi da quelli finora ipotizzati. Inoltre, impone una svolta allo sviluppo dei nuovi farmaci tumorali che agiscono su queste proteine.