Obesità: affamare le cellule del grasso
Potrebbe sembrare una contraddizione bella e buona, ma è possibile far mancare il nutrimento alle cellule adipose, proprio quelle che il nostro organismo usa per immagazzinare energia. Il concetto, che potrebbe rivelarsi molto utile per combattere l'epidemia di obesità che colpisce il mondo sviluppato, è stato dimostrato su topi da laboratorio dagli scienziati dell'Università del Texas, che riportano i loro risultati sul numero di giugno della rivista Nature Medicine.
L'idea è sostanzialmente la stessa che viene seguita da alcuni laboratori per combattere il cancro: distruggere o prevenire la formazione dei vasi sanguigni che riforniscono certi tipi di cellule. Come dire, tagliare le linee di rifornimento, ma solo per alcuni tessuti senza influenzare gli altri.
"Il tessuto adiposo - dice Mikhail Kolonin, principale autore dello studio - è unico perché somiglia ad un tumore nella sua capacità di espansione rapida. Per questa espansione, però, ci deve essere un notevole sviluppo di vasi sanguigni capillari che possano rifornirlo di ossigeno. Di fatto ogni singola cellula adiposa è avvolta da capillari".
Ma i capillari del tessuto adiposo sono diversi da tutti gli altri, ed è questa la caratteristica che hanno usato gli scienziati americani in un lavoro lungo e paziente. Prima di tutto hanno usato una serie di virus geneticamente modificati, ognuno contenente un particolare peptide (una sequenza di aminoacidi più piccola delle proteine). I virus sono stati quindi iniettati in topi obesi, con la speranza che alcuni dei loro peptidi sarebbero stati capaci di legarsi a particolari recettori (molecole della membrana cellulare che gestiscono gli scambi di informazioni con l'ambiente circostante) presenti sui vasi sanguigni che riforniscono le cellule adipose. Alla fine hanno trovato ciò che cercavano: la proibitina, un recettore già conosciuto per il suo ruolo nella crescita cellulare. La proibitina era presente in modo massiccio nelle pareti interne dei capillari presenti nel tessuto adiposo. "La presenza di questa molecola in organelli cellulari come i mitocondri - dice Wadih Arap, uno degli autori della ricerca - era ben nota e studiata. Ma il suo ruolo nella membrana cellulare dei vasi sanguigni associati con le cellule adipose era sconosciuto. Non sappiamo cosa faccia lì, ma di sicuro non c'è in altri vasi".
E' stata insomma trovata una chiave. A quel punto gli autori dello studio hanno creato una molecola capace di legarsi alla proibitina e poi di indurre la morte delle cellule dotate di quel recettore. Uccidere le cellule dei vasi, ovviamente, porta alla distruzione di questi ultimi, con la conseguenza che al tessuto adiposo viene a mancare il rifornimento di ossigeno.
Il passo successivo è stato di trattare i topi con quella molecola, ed i risultati sono arrivati: in un mese i topi obesi sono tornati al loro peso normale.
Si tratta solo di un primo passo, incoraggiante per la mancanza di effetti collaterali e per il fatto che la proibitina dei topi è molto simile a quella umana. Ma naturalmente ci vorrà ancora molto lavoro per garantire la sicurezza verso altri tessuti, e forse allora avremo una pallottola magica contro l'obesità.